Sangue del mio sangue
di Filippo Salvatore
Ho sangue del mio sangue
che scorre tra palazzi barocchi
e grattacieli a croce;
ho sangue sepolto
tra cipressi e querce.
Ho vissuto illusioni
tra distese di ulivi e vigne,
sono lucido
ossimoro ambulante
tra foreste di aceri e di betulle.

Lascio da anni orme
su neve immacolata,
ma scotto di folgore
sono le stoppie infuocate
ed i calanchi slamati.

Unico
è il morso della fame,
unico
il fiele dell'ingiustizia
su tutti i continenti.
Qui nel nuovo mondo
atletici sciacalli
si nutrono di sangue
e stuprano voraci
come i vecchi baroni.

Il groviglio dell'essere
non si dipana
con salti di memoria,
con programmati
assiomatici futuri.

E' assillo costante,
quotidiano
come il pane.
L'appartenenza
non è più una vertigine.


Da The dynamics of cultural exchange, a cura di Licia Canton, Montreal, Cusmano editore, 2002, pag. 100.