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“Il regno dei cieli è simile a un tesoro” |
Ileana Mortari Pubblicato in data 27/7/2017 ● FUORI PORTA WEB © 2000
Il brano evangelico della liturgia odierna conclude il cap.13° di Matteo, e
insieme il discorso in parabole di Gesù. Anche i tre testi proposti oggi sono
relativi al Regno di Dio, quella realtà misteriosa, immanente e trascendente ad
un tempo, di cui abbiamo già avuto modo di parlare commentando Matteo 4, 12-23
(3° domenica Anno A) e Matteo 9,36-10,8 (11° domenica Anno A).
Riprendendo il discorso, possiamo ricordare che il Regno di Dio consiste nella
carità, pace, armonia, gioia e salvezza donate da Dio agli uomini, nel suo
Figlio, Gesù Cristo Signore: un’assoluta novità nella nostra vicenda storica e
per la quale – è il messaggio delle prime due parabole “gemelle” – occorre
decidersi con immediatezza e radicalità.
Due sono le caratteristiche del Regno che l’evangelista sottolinea: la
preziosità (“il regno dei cieli è simile a un tesoro…; il regno dei cieli è
simile a un mercante che va in cerca di perle preziose”) e la gioia (“l’uomo…va,
pieno di gioia,…e compra quel campo”). Ora, viene spontaneo chiedersi che cosa
questi termini significhino per noi oggi. Se riandiamo ai tempi di Gesù, non
abbiamo difficoltà a riscontrare la verità delle sue parole: basti pensare a
Zaccheo, che “accolse Gesù pieno di gioia e dà la metà dei beni ai poveri” (Luca
19, 6-8) o alla Samaritana, che “lasciò la brocca, andò in città e disse alla
gente: <Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che
sia forse il Messia?>” (Giovanni 4, 28-29).
Ma oggi, succedono ancora cose simili? Noi stessi, abbiamo sperimentato nei
confronti del Regno l’intensa emozione della scoperta di un “tesoro” o la
ostinata ricerca di “perle preziose”?
La risposta può essere affermativa, anche se diversamente formulata a seconda
delle due fondamentali modalità con cui ciascuno vive l’avventura della fede.
C’è quella (meno frequente) di chi, già adulto, all’improvviso, dopo
un’esistenza magari vissuta in direzione del tutto opposta, scopre il Regno,
proprio come un “tesoro” o una “perla”; e quella (più “normale”) di chi, a
partire da un’educazione religiosa costantemente accolta, è cresciuto passo
passo fino all’età adulta, mantenendo sempre una convinta familiarità con il
discorso religioso/cristiano.
Nel primo caso si può assistere a situazioni davvero molto simili a quelle
descritte nelle due parabole. Tutti ricordiamo la clamorosa uscita nel 2002 del
libro di Leonardo Mondadori (e Vittorio Messori), “Conversione”, in cui il noto
presidente del gruppo editoriale omonimo racconta la sua straordinaria
esperienza religiosa: da irriducibile laicista a fedele cristiano convinto,
praticante e coerente.
Come egli stesso sottolinea, non si trattò di una “folgorazione” improvvisa, ma
di un lento cammino, che però presentava tutte le caratteristiche dei
protagonisti descritti nelle due parabole: “Mi sono convinto che il
cristianesimo è vero, constatando che il Vangelo è davvero il libretto di
“istruzioni per l’uso” dell’uomo, che Gesù Cristo è davvero la risposta a tutti
i nostri interrogativi, che solo chi segue Cristo si realizza pienamente….La
confessione fu una gioia immensa. Mi sentii in pace con Dio. Felice. Come mi
sentii felice alla mia vera “prima comunione” la vigilia di Natale del 1993, a
47 anni!”
E molte altre persone, meno note, hanno dato testimonianze analoghe. “Dapprima
affascinato dalla filosofia, – racconta un giovane convertitosi a 26 anni - mi
resi ben presto conto che essa mi insegnava solo un Dio come concetto astratto,
come un trascendentale kantiano. Ma io avevo bisogno di un Dio intimo,
personale…e quando cominciai a leggere la Bibbia, le parole di Cristo mi
suonarono così familiari, così semplici e calde che provocarono in me una
sensazione come di fuoco ardente. La mia fredda ragione era “detronizzata” dal
calore infuocato della grazia della fede. Dal punto di vista razionale, non
aveva nessun senso quello che mi stava succedendo. Ma il fatto importante era
che ciò mi colmava. Da quel momento, il vangelo sarebbe stato la mia filosofia
della vita!”
Quanto alla seconda modalità, credo che anche in essa sia possibile l’esperienza
descritta dalle due parabole, certo in modo meno éclatante dei casi sopra
ricordati, ma con le medesime caratteristiche della preziosità e della gioia.
Non capita forse a tutti che, prima o poi, a quindici anni, o a venti, o a
quaranta, o anche a settanta (!) anni, in particolari circostanze (un
pellegrinaggio, un ritiro spirituale, l’incontro con un cristiano
eccezionale…..) si “veda” all’improvviso quello che non si vedeva prima e che
questo comporti di conseguenza un modo più profondo di vivere la fede?
Personalmente, ricordo con gioia quella che fu la mia scoperta della preziosità
della Parola di Dio, che da quel momento divenne il mio punto di riferimento
imprescindibile in ogni momento della vita, nella lectio divina, nella liturgia,
nella meditazione…e “Parola” significa Gesù Cristo, e Gesù è il Regno di Dio in
mezzo a noi. Per altri potrà essere la scoperta della preghiera, come colloquio
personale e familiare con il Signore; oppure la carità vissuta senza risparmio e
tutti sappiamo che “Amore” è il primo nome di Dio e la prima caratteristica del
suo Regno.
A tutti è dato di vivere tali momenti di gioiosa riscoperta del valore
infinitamente prezioso del Regno di Dio, o almeno tutti sono tenuti a cercarlo
(è questa la parola-chiave della parabola del mercante) e Dio non lascia mai
deluse le nostre attese. |
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