Sinistra: versione compassionevole e correttiva della trionfante destra liberista ?
Dal Venerdì di Repubblica uno stuzzicante articolo di Curzio Maltese,
giornalista di punta di Repubblica, che di solito non prediligo. E' gustoso!!
Per sentire altre campane o critiche a uesto “pezzo”, se volete, cercate una
sorta di replica di G. Ferrara sul foglio.
A mio avviso sarebbe utile riflettere sull'affermazione "...una
versione compassionevole e correttiva della trionfante destra liberista..".
Per gli appassionati
eventuali del tema felicità in salsa economico-sociale con riflessi sul PIL,
suggerisco, sommessamente e pacatamente, un interessante volume: ECONOMIA
DELLA FELICITA’, di Bruno S. Frey e Claudia Frey Marti, ediz. Il Mulino 2012
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Testo
articolo
La triste
fine della sinistra che parla solo di Pil e non cerca più la felicità
Quando si
discute di destra e di sinistra si usano categorie ormai ottocentesche che non
significano molto per le ultime generazioni. Chi è nato negli ultimi
trent’anni non ha neppure conosciuto una vera sinistra, al massimo
una versione compassionevole e correttiva della trionfante destra liberista.
La domanda oggi non è più «che cos'è la destra, cos'è la sinistra», su cui
peraltro Giorgio Gaber faceva ironia già qualche anno fa. La domanda da cui
ripartire per costruire una nuova politica è un'altra: che cos'è il
progresso?
La sinistra
storica se l'è posta per quasi due secoli e ora non se la pone più. Nella misera
convinzione che per apparire moderni si debba semplicemente approvare quel che
accade. Faccio qualche esempio semplice. Trent'anni fa, in Italia, un ragazzo di
famiglia modesta, com'era chi scrive, poteva trovare dopo il liceo un lavoro ben
pagato e garantito, mantenersi agli studi, andare a vivere da solo e restituire
qualcosa alla famiglia. Una prospettiva che per le nuove generazioni è un sogno.
Qual è stato il progresso per i giovani? Potersi scambiare irrilevanti messaggi
su Twitter tutto il giorno?
Secondo
esempio. Oggi una casalinga italiana impiega lo stesso tempo a governare la casa
di una donna degli anni Quaranta. Nonostante tutte le scoperte scientifiche e la
tecnologia di massa. Dov'è il progresso? Terzo esempio. Un manager degli anni
Cinquanta guadagnava in media venti o trenta volte il salario di un operaio. Ora
guadagna trecento o quattrocento volte lo stipendio medio di un dipendente. La
ricchezza si è concentrata in pochi decenni più che in ogni altro periodo della
storia umana. È progresso?
Si potrebbe
continuare a lungo. Il comunismo sognava di riportare gli uomini a lavorare per
vivere e non a vivere per lavorare. Il socialismo reale si è incaricato di
trasformare il sogno in un incubo terrificante. Ma una sinistra vera dovrebbe
comunque porsi la questione del continuo aumento dei tempi di lavoro per gli
uomini. Che società è quella dove più nessuno ha tempo di levare lo sguardo
oltre la scrivania, gli impegni stabiliti, ì turni di fabbrica?
Esiste poi
l'immensa questione del rapporto con la storia e l'ambiente, tanto più
importante in un Paese come il nostro, dove stiamo procedendo da decenni alla
sistematica distruzione di un patrimonio culturale e paesaggistico costruito nel
corso di secoli.
Queste sono
le domande che la sinistra dovrebbe porsi oggi, invece di interrogarsi ogni
giorno sul Pil, lo spread e il livello del debito pubblico. Tornare a
guardare l'essenza, ai diritti umani e a quello più importante, scritto nella
Costituzione americana: la ricerca della felicità.