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PoliticaGuglionesi
Pubblicato in data 2/12/2016 ● Click 1271

La sovranità popolare: un reame senza corona


Arcangelo Pretore © FUORI PORTA WEB

Il re è nudo ,disse disincantato il bambino guardando il suo sovrano spoglio dei suoi vestiti regali ; né nudo , né vestito, direbbe l’arguto contadino Bertoldo : “vestito” , si fa per dire, con una rete . Il re di cui qui si parla è lo Stato, erede moderno dei regni del passato . Pare questa oggi, più o meno, la situazione della Sovranità popolare in Italia , ma è similare la condizione del potere Sovrano anche negli altri Stati-nazione con i quali il nostro Paese condivide un similare grado di sviluppo. Uno dei principi su cui si fonda lo Stato è per l’appunto quello della Sovranità , che appartiene al popolo ; gli altri due sono: la territorialità nazionale dello Stato ; la separazione tra attività politica generale e attività economica individuale . la Sovranità si configura, anche per una questione di praticabilità , come una Sovranità del popolo delegata , mediata nella sua espressione da Sistemi elettorali che la rispecchiano ciascuno con il maggior grado possibile di approssimazione , rispetto ad una utopica , impossibile, assemblea di tutti i cittadini . Ma , sia per una questione intrinsecamente costitutiva inerente la ripartizione dei poteri all’interno dello Stato ( potere Legislativo, Esecutivo, Giudiziario) , sia per l’evidente disaffezione dei cittadini , che in numero sempre crescente si astengono dal votare, la Sovranità popolare è oggi notevolmente deperita. Perché affermo che la Costituzione in sé ha una intrinseca carenza di rappresentatività della volontà popolare ? Per dare una risposta alla domanda basti pensare alla canonica tripartizione dei poteri dello Stato e nello specifico si consideri il Potere giudiziario di cui è diretta manifestazione applicativa l’attività della Magistratura : un necessario, potente ,organo di controllo dello Stato che, purtroppo, sempre più spesso si vede costretto a svolgere un’azione di supplenza rispetto alla politica mettendo delle “ pezze giudiziarie” ( vedi le ultime indagini avviate sulla raccolta delle firme per le candidature in Sicilia e altrove ) in ambiti di valutazione di pertinenza delle forze politiche , cui spetta di dovere il compito di preselezione dell’ affollata “ precamera” di aspiranti politici , che qualora i partiti, il movimento … se ne assumessero l’onere ( come in passato hanno fatto i grandi partiti storici con le “Scuole Quadri” ) formerebbe candidati con un’adeguata , rispondente preparazione politica e forse anche con una specchiata dirittura etica e morale , e non” politici improvvisati ” , spesso forti solo di un “ego al quadrato “ che con sempre più audacia si propongono per la gestione della cosa pubblica . Ebbene, la Magistratura non viene eletta , ma rappresenta una potente casta professionalizzata i cui appartenenti “impiegati” dello Stato esercitano le loro funzioni nel corso di tutta la loro vita lavorativa, senza essere legittimati da un voto popolare ( come invece avviene per potere legislativo e per l’esecutivo). Il secondo punto della nota introduttiva : la disaffezione al voto dei cittadini elettori , in parte spiega l’attuale scollamento tra Stato e Società civile e, rappresenta forse l’aspetto più dolente poiché attiene all’espressione della volontà popolare nell’esercizio dei diritti politici: un dovere che l’elettorato ,vigente oggi il suffragio universale ( suffragio per nulla scontato meno di un settantennio fa ) pur potendo esprimere il voto in una consultazione , spesso contrariato , se ne astiene e, semplicemente non va a votare. Le ultime elezioni politiche del febbraio 2013 hanno fatto registrare una disaffezione al voto rilevante , pari all’incirca del 25% ( il 5% in più rispetto a quelle del 2008) degli aventi diritto . Qualche anno fa mi è capitato di leggere un illuminante libretto in merito “ Ascoltare il dissenso” di Ester Tanasso e Alessandro Tessari , quest’ultimo , già parlamentare . Niente di nuovo , poiché il problema delle schede bianche e dell’astensione è ricorrente ad ogni votazione o referendum . Gli autori , con un certo acume proponevano , di lasciare in Parlamento degli scranni vuoti, in proporzione alla quota di schede bianche scrutinate ( il popolo delle schede bianche rappresenta pur sempre un elettorato attivo) ed estremizzando, si potrebbe anche estendere l’idea ad una consistente fetta della rilevante quota delle astensioni , di modo che gli eletti viciniori degli scranni vuoti avessero sempre a monito durante l’esercizio delle loro funzioni d’aula quella muta, assente Sovranità mancante , e imparassero così a tener conto , nonché, ad “ascoltare il dissenso” . Capisco che scrivendo ciò ho messo il dito nella piaga; infatti ho scritto “ in proporzione” perché oggi, ciò che si configura con la legge elettorale dell’Italicum , ancora da riprendere dopo il 4 dicembre, a referendum concluso, continuerà a scavare un solco sempre più profondo tra società civile e rappresentanza politica della stessa società . L’italicum ; la legge elettorale del luglio 2016 è un sistema elettorale proporzionale solo di principio , poiché prevede un premio di maggioranza senza o con doppio turno e pertanto non rispecchia il rapporto aritmetico tra elettori ed eletti , bensì gratifica la lista che supera il 40% dei voti con il 54% dei seggi in Parlamento e, qualora la lista non superi il 40% dei consensi è previsto il ballottaggio tra le due liste delle tre che presumibilmente si presenteranno in Italia ( Centro .sinistra , Centro destra, e Pentastellati) che abbiano riportato il maggior numero di consensi . Prevedibilmente , poiché le tre formazioni sono pressoché equivalenti nell’attribuzione del consenso elettorale, è prefigurabile un circa 26% di consensi per ogni lista . Ciò significa che le due liste che si contendono il successo elettorale nel ballottaggio ,che fruiranno dei voti riluttanti della terza lista perdente , ma che “obtorto collo” o turandosi il naso , per la gran parte convergeranno sulle due liste rimaste in campo , delle quali , quella vincente , infine , pure fruirà del premio di maggioranza ( se non erro) recuperando in seconda istanza ciò che gli elettori non gli hanno negato al primo turno. Presumibilmente questo sarà lo scenario che si prefigurerà alle prossime politiche , ciò dopo aver sbloccato le modalità di designazione o di voto dei nuovi senatori della Repubblica . Ma, non solo a casa nostra , anche negli Stati Uniti la democrazia parlamentare , almeno nell’articolazione del suo sistema elettorale non sta meglio, in termini di rappresentatività reale del consenso . Per rendersene conto basta ritornare alla recente imprevista svolta alla Casa Bianca, della cui intrinseca contraddizione nella modalità di ripartizione dei voti espressi argomenterò di seguito, ( modalità che fa torto persino alle proiezioni statistiche preelettorali; statistica che pure è una scienza matematica ! ) .Una consultazione, quella statunitense , che com’è noto ha visto Donald Trump vincere le elezioni , che lascia quantomeno qualche perplessità circa il modo in cui oggi si coniuga la democrazia elettorale ( lascerebbe certamente più di qualche dubbio anche in Alexis de Tocqueville ,l’economista classico che soggiornò a lungo in America per studiarne la democrazia) . Di fatto con il sistema elettorale con cui si è votato Hillary Clinton ha avuto 59.733.960 milioni di voti ,pari al 47.7% ,mentre Donald Trump 59.514.846 ovvero il 47.5% ( fonte il Sole 24 ore) Tuttavia , in ragione del criteri odi ripartizione tra gli Stati dei Grandi elettori la tornata è finita con 279 Grandi elettori attribuiti a Donald Trump, contro i 228 assegnati a Hillary Clinton .In definitiva ha perso chi in termini di voti attribuiti ha vinto! prendendo più voti materiali , rispetto all’artificiosità della loro ridistribuzione nel conteggio interno agli Stati. Non solo, sommando i milioni di voti espressi si è perfino sotto quel fatidico 50 % più uno che dovrebbe sostenere un qualsivoglia ordinamento che possa dirsi rappresentativo ( gli Usa ospitano una popolazione di 260 milioni di abitanti circa, ) . Comprendo che citando il Sistema elettorale americano e il neovigente Italicum ho messo il dito nella piaga , rimettendo in ballo la proporzionalità tra votanti e rappresentanza politica. In Italia nell’attuale tripartizione dello scenario politico ; tenendo conto della crescente fisiologica soglia di astensione oggi ferma al 25% , è verosimile che possa governare una lista che nell’espressione della volontà popolare non arriverà ad ottenere più del 26-28% dei consensi .Il proporzionale a premio si configura come un’evidente moltiplicazione artificiosa ed artificiale delle volontà individuali che hanno espresso la loro volontà politica per la formazione vincente . Viene da chiedersi, a questo punto : cos’è che non funziona nel nostro Sistema di gestione politica dello Stato ,? Cos’è che ha fatto così deperire la politica, ancorché la partecipazione attiva dei cittadini alla politica? . Le risposte non sono facili, e purtroppo sono molteplici. Ne evidenzio una che attiene all’evidente ingarbugliamento e burocratizzazione della politica stessa che invece di chiarificare e rendere, semplici i processi di auto aggregazione e rappresentazione dei diversi comparti dello Stato , rendendoli il più possibile razionali , anche attraverso il più “naturale” sistema elettorale proporzionale (se puro direttamente proporzionato nel numero degli eletti alla massa dei votanti) , la cui aritmetica , in passato è stata mitigata dalle soglie di sbarramento per renderlo praticabile nella sua trasposizione rappresentativa degli eletti . Purtroppo l”ingegneria dello Stato che inevitabilmente al suo interno annovera i Sistemi elettorali non si è affinata inventandosi architetture istituzionali più consone al tempo storico che viviamo come in parallelo è accaduto con le innovazioni indotte dalle scienze positive e della tecnica fattori che oggi sostengono l’economia reale ( che in alcuni comparti produttivi viaggia sul filo della precisione nanometrica) , ma giocherellona, si attarda a proporre una gara politica a premio ( quello di maggioranza) del tipo : di primo acchito alle elezioni prendi il 26 % dei voti ( ciò risulterebbe all’incirca dalla media della tripartizione politica nazionale ) , ma complice l’artificiosa maggiorazione percentuale dell’eventuale ballottaggio, ne guadagni il doppio o più , ovvero il 54 % , con il premio di maggioranza ; tutto ciò sacrificato all’altare della nuova metafisica , non del governo certo, ma della governabilità a venire ( da sempre incerta).

Arcangelo Pretore, 2 dicembre 2016


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