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Pubblicato in data 20/3/2017 ● Click 1365

Jurgen Habermas : il populismo si vince tornando vicino agli ultimi


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

In una intervista a MicroMega il filosofo tedesco Abermas invita la sinistra europea a riscoprire le battaglie delle origini. <<Come è stato possibile giungere a una situazione nella quale il populismo di destra sottrae alla sinistra i suoi stessi temi? Solo una marginalizzazione tematica potrebbe togliere l’acqua al mulino del populismo di destra. Ci si deve chiedere perché i partiti di sinistra non vogliono porsi alla guida di una lotta decisa contro la disuguaglianza sociale, che faccia leva su forme di coordinamento internazionale capaci di addomesticare i mercati non regolati>>. Secondo Abermas l’unica alternativa ragionevole allo status quo del capitalismo finanziario selvaggio e al nazionalismo <<è una cooperazione sovranazionale capace di dare una forma politica socialmente accettabile alla globalizzazione economica. L’Unione europea una volta mirava a questo, l’Unione politica europea potrebbe ancora esserlo. I partiti che riservano attenzione al populismo di destra, piuttosto che disprezzarlo, non possono aspettarsi poi che sia la società civile a mettere al bando slogan e violenze di destra>>. Abermas definisce “l’egomane Trump”, che “con la sua disastrosa campagna elettorale” ha provocato “una polarizzazione che i repubblicani, a tavolino e in modo sempre più sfacciato, hanno alimentato fin dagli anni Novanta; lo ha fatto però in una forma tale da far sì che questo stesso movimento alla fine sfuggisse totalmente di mano al Grand Old Party, che è pur sempre il partito di Abraham Lincoln. Questa mobilitazione del risentimento ha espresso anche le tensioni sociali che attraversano una superpotenza politicamente ed economicamente in declino”.

<<Ciò che trovo inquietante – aggiunge Habermas – non è tanto il nuovo modello di un’internazionale autoritaria, quanto la destabilizzazione politica in tutti i nostri paesi occidentali. Nel valutare il passo indietro degli Stati Uniti dal ruolo di gendarmi globali sempre pronti a intervenire, non dobbiamo perdere di vista qual è il contesto strutturale in cui ciò avviene, contesto che concerne anche l’Europa. La globalizzazione economica, messa in moto negli anni Settanta da Washington con la sua agenda politica neoliberista, ha avuto come conseguenza un declino relativo dell’Occidente su scala globale rispetto alla Cina e agli altri paesi Brics in ascesa. Le nostre società devono elaborare la percezione di questo declino globale e insieme a ciò la complessità sempre più esplosiva della nostra vita quotidiana, connessa agli sviluppi tecnologici. Le reazioni nazionalistiche si rafforzano negli strati sociali che non traggono alcun beneficio – o non ne traggono abbastanza – dall’aumento del benessere medio delle nostre economie>>. In relazione a quanto sopra, ho appena letto l’intervista di Eugenio Scalfari (Repubblica, Domenica 19 Marzo 2017) su cosa pensa Matteo Renzi della sinistra in Italia e in Europa. Renzi ha dichiarato al suo interlocutore che “nel frattempo studierà la struttura territoriale e culturale del nostro Paese nelle sue varie espressioni”. Sulla sinistra ha precisato che “persegue in tempi cambiati quella impostata da Veltroni al Lingotto di oltre dieci anni fa: un partito riformatore e soprattutto europeista. Il Pd deve principalmente operare in Europa e nell’Eurozona”. E inoltre deve insistere sulla creazione del ministro delle Finanze unico per l’Eurozona; si deve impegnare nell’accoglienza dell’immigrazione e deve portare avanti in Italia e in Europa il suo contenimento nei paesi di origine con le politiche necessarie. Infine una nuova proposta: i paesi europei votino sulla base di un’unica legge elettorale chi deve essere il presidente della Commissione europea che è il vero potere di governo della Ue. Sarebbe un passo avanti verso il rafforzamento dell’Unione. Questa è stata la sostanza della conversazione di cui sopra. Nessuna precisazione su quale contesto si connota la sinistra. Al riguardo, occorre mettere in opera la Costituzione. “E’ questa la politica alla quale dovrebbe orientarsi con decisione una forza che si ispira a valori di solidarietà e di democrazia. Certo non si tratta di progetti che stanno facilmente insieme a politiche liberiste. Partire dalla Costituzione è una condizione essenziale e non nebulosa per superare le divisioni e le fratture. Per recuperare la fiducia e credibilità dei cittadini, che non vogliono la luna o teorie sofisticate e astratte, ma una forza politica che si proponga di mettere in atto con intelligenza e passione le promesse della nostra democrazia” (così Nadia Urbinati, professoressa di scienze politiche alla Columbia University di New York, cfr. Repubblica 18 gennaio 2017). La crisi economica ha aumentato la diseguaglianza sociale. Il risultato del referendum del 4 dicembre scorso ha mostrato anche questo.

Da ultimo ecco alcuni dati riguardanti Jurgen Habermas, filosofo e sociologo tedesco (n. Dusseldorf 1929). Allacciandosi alle tesi della “Scuola di Francoforte”, ha dato risalto ai problemi della comunicazione e alla funzione dell’opinione pubblica nella società contemporanea, rivendicando il ruolo politico della razionalità come dialogo non soggetto a condizioni di dominio. E’ professore emerito all’università di Francoforte (cfr. Enciclopedia Treccani).


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