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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 6/9/2017 ● Click 1138

Perché in Italia la grande musica è sempre più trascurata?


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

Alcune risposte si trovano leggendo il formidabile <<Altri canti di Marte>> di Paolo Isotta (466 pagine, Marsilio editore). La colpa va ricercata dalla scuola alla televisione, fino ai grandi quotidiani, dal momento che la lirica, eccellenza italiana nel mondo, viene sempre più relegata in un angolino. Oltre a ciò, Isotta ci riserva frecciate imperdibili. Come quella su Carlo Fuortes che, nominato sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma, si voleva occupare di tutto : <<un egolatra che si compiace di un suo giro di direttori di serie Z >>, con il risultato di togliere dalla scena romana Riccardo Muti, che non ha più in Italia un luogo dove poter dirigere, salvo che a Ravenna nel festival organizzato dalla moglie. Inoltre, parlando di Isotta e del suo libro sopra indicato, non si possono dimenticare le pagine su Franco Alfano. Isotta così scrive: <<Se definivo il più grande compositore italiano del Novecento, adesso è per me uno dei più grandi compositori del Novecento assolutamente>>. Franco Alfano è colui che completò la Turandot dopo la morte di Puccini. Secondo Isotta il finale alfaniano non solo non è inferiore allo spartito pucciniano, è addirittura superiore. Perché <<la musica del Novecento non si conosce per intero se si ignora la vera attività di Alfano, sommo compositore di musica strumentale oltre che teatrale>>.

Per i lettori che non conoscono Paolo Isotta dirò brevemente che nel 1974 viene assunto come critico musicale al neonato “Il Giornale” di Indro Montanelli. Nel 1980, passa al Corriere della sera, dove continuerà la sua attività di critico fino al 2015. Nel 2013 pubblica un articolo fortemente critico verso Daniel Harding e, indirettamente, Claudio Abbado, a seguito del quale Stéphane Lissner, sovrintendente del Teatro alla Scala di Milano, lo dichiarava “persona non gradita”. Il 16 ottobre 2015, annuncia sulle colonne del Corriere il suo ritiro dall’attività di critico musicale : <<Torno a essere un musicista e null’altro che questo. Col presente articolo si chiude la mia attività di critico musicale svolta per più di quarantadue anni>>. Ha dichiarato che intende dedicarsi d’ora in avanti solo allo studio e alla scrittura di nuovi libri. Attualmente scrive anche di musica su Il Fatto Quotidiano (cfr. Wikipedia).

La Norma al San Carlo di Napoli. Paolo Isotta “Il Fatto Quotidiano”, 26.II.2016. (Sintesi dell’articolo). “Al San Carlo di Napoli va in scena in questi giorni la Norma di Bellini. E’ l’occasione per fare alcune osservazioni forse abbastanza nuove : perché dimenticate. La prima sul podio c’è Nello Santi, che dirige con una straordinaria unione di musicalità, autorità e senso pratico derivantegli dall’esperienza : inoltre adopera un’edizione corretta contenente la seconda parte del coro Guerra, guerra, mancante anche nel recente allestimento della Fenice, che vedeva sul podio un giovane promettente e già rivelatosi annegato nella praticaccia (…) Oggi in grado di dirigere la difficile partitura altrettanto bene ci sono solo, non in Italia, al mondo, Elio Boncompagni, prossimo a compiere gli ottantatrè, Gabriele Ferro, prossimo a compire i settantatrè, Gabriele Ferro, prossimo a compiere i settantanove, Riccardo Muti (specie se corregerà gli errori di scelta dell’edizione), che a luglio compirà i settantacinque, e Donato Renzetti, che a Gennaio ne ha fatti sessantasei. Nessuno fra quelli venuti dopo ha la cultura, la tecnica e l’esperienza per affrontare uno dei vertici dell’intero teatro musicale. La difficoltà tecnica e stilistica di partiture come la Norma, che i non italiani non immaginano nemmeno, rende inetti allo scopo anche maestri che in Wagner e Strauss fanno benissimo (…) Il ruolo della protagonista è quella di soprano drammatico di agilità. Questo, al quale debbono essere affidati i ruolo di Verdi dal Nabucco ai Vespri siciliani (quindi passando non solo per il Trovatore e la Traviata, ma anche per quella povera Giovanna d’Arco colla quale si è voluto inaugurare la stagione della Scala), oggi non esiste addirittura più. I grandi esempi del Novecento sono stati Claudia Muzio, Gina Cigua, Magda Olivero, Anita Cerquetti, Maria Callas, Elinor Ross, Rita Orlandi Malaspina, Renata Tebaldi avrebbe potuto, se avesse voluto, ben affrontare tutti i ruoli del drammatico di agilità, a cominciare dalla Norma, ma non volle (…)”. In chiusura desidero ricollegarmi brevemente al problema del perché in Italia la grande musica è sempre più trascurata. Il repertorio sinfonico in particolare soffre da tempo. Come già detto in altra occasione condivido l’opinione di Alex Ross, critico musicale del ‘New Yorker’ : <<Per costruire il pubblico del futuro, le istituzioni classiche dovrebbero creare più legami tra generi diversi >>. Insomma una Bohème capace di parlare ai ventenni di oggi mantenendo intatto il fervore con cui Puccini descriveva i giovani del suo tempo. Ma una cosa mi sento di dire a proposito de“Il Volo” : è un gruppo pop-lirico ma nulla più. Equiparali a dei mostri sacri della lirica, quali Alfredo Kraus, Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Josè Carreras (per citare) è un errore. Nell’intervista alla prima moglie di Pavarotti in occasione del concerto che si terrà stasera (6 settembre 2017)all’Arena di Verona ha sottolineato <<Luciano avrebbe voluto essere ricordato come cantante d’opera. Di questo sono certa, il resto non conta>> (cfr. la Repubblica).


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