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PoliticaGuglionesi
Pubblicato in data 16/2/2019 ● Click 820

Una politica della contemporaneità: l'individualismo altruistico


Arcangelo Pretore © FUORI PORTA WEB

Individualismo e altruismo non si contrappongono, come potrebbe in apparenza sembrare dall’immediatezza dell’accostamento dei due termini; rappresentano invece gli estremi di un continuo tra individuo e società. Sul filo di tali estremi nei diversi stadi di transizione e declinazione delle due categorie si sono formate le istituzioni politiche e sociali (monarchia, liberalismo, democrazia, famiglia, matrimonio…) che nel tempo storico hanno interpretato e organizzato gli Stati-Nazione, ancorando in modo più o meno stabile i popoli al territorio . Intorno alla metà del secolo scorso dalla combinazione delle due categorie Albert Camus (scrittore, filosofo, giornalista francese) a disagio con le ideologie dominanti all’epoca, ha articolato una nuova categoria politica , quella ” dell’individualismo altruistico”. Proposta nell’immediato dopoguerra , in un ‘epoca di generosa attenzione per il sociale devastato dalla guerra e da ricostruire da più versanti , non trovò convinti sostenitori , ma riconsiderata oggi alla luce dell’ evidente accentuazione del carattere individualistico che permea il sociale è facile osservare quanto la stessa fosse premonitrice e lungimirante e, quanto il suo portato , possa essere utile per interpretare le attuali tendenze sociopolitiche . Ed è sull’ individualismo altruistico che mi soffermerò in questo scritto dando conto della sua contingenza poiché , purtroppo , la stessa rappresenta da tempo una prassi consolidata, già ampiamente inscritta nella nostra quotidianità. La prima delle due categorie che la supportano : l’individualismo, dà conto di una “ innaturale” polarizzazione della persona che , ridotta al lumicino la forza attrattiva delle ideologie, rappresenta la cifra e, purtroppo, anche la gabbia psicologica che l’uomo contemporaneo si è costruita : una “ferrea” struttura mentale all’interno della quale, si è rinchiuso, accrescendo un insano narcisismo . Era inevitabile che ciò accadesse poiché l’attuale organizzazione scientifico -tecnologica dei capisaldi dell’economia ( supportata da leggi quasi deterministiche ; basti pensare all’equazione di Black-Sholes applicata agli strumenti finanziari) ) e , quindi del lavoro, comporta in tutti i settori produttivi una individualizzante spersonalizzazione della singolarità umana, che fa regredire la persona ad una condizione contabile ( l’essere un numero ) , di mero individuo della specie o giù di lì. Senza qui ricostruirne, per argomentazione , i passaggi ritengo sia ben noto ai più, nel nostro contesto sociale di appartenenza , il cammino che nel proprio tempo-vita ciascuno ha intrapreso: un percorso che da individuo l’ha condotto ad essere : persona . Tuttavia , a maggior chiarimento lo riepilogo semplificando per sommi capi, riconducendo il concetto di individuo a quello biologico di appartenente ad una specie ( nella fattispecie rappresenta la condizione del neonato che deve essere aiutato per mettersi in piedi , poi socialmente istruito ed educato ), per approdare attraverso i riti di formazione e svariati passaggi istituzionali a quella condizione culturale e sociale molto più ricca e complessa che ci ha formati come persona . Persona è colui che, partecipe di una collettività, ne condivide i principi fondativi il quale , per motivi di appartenenza e di ruolo , indossa a seconda delle circostanze una o più “maschere sociali “ ( in senso etimologico persona significa , maschera ). In primis, da adulto, indossa la maschera del ruolo che svolge all’interno del ciclo produttivo ( l’art. 1 della costituzione ne esplicita il fondamento ) : è una tuta blu , quando lavora da operaio ; è un colletto bianco quando lavora da impiegato ; è un appartenente alle forze dell’ordine quando indossa una divisa : appartiene alla gerarchia ecclesiastica quando indossa l’abito talare . E, ancora : è padre o madre quando sopraintende alla cura e all’educazione de figli ( ruoli che nel tempo- vita di ciascuno possono invertirsi poiché chi è stato figlio , probabilmente , se confortato dalla procreazione sarà padre ) . Così, al riguardo , chiosa Marco Russo nella postfazione all’ “Antropologia dei sensi” di Helmuth Plessner : “diventare persona , nel senso di ”impersonarsi “ nei tanti ruoli che svolgiamo quotidianamente : figli, genitori , pazienti ,lavoratori , spettatori , consumatori, amanti, nemici; ruoli che prevedono altrettanti comportamenti … La parola incorporazione esprime bene il gioco tra essere ed avere un corpo ; tra corpo e ruolo, tra corpo e persona /maschera , corpo materiale e corpo figurato in cui consiste la nostra vita “ . E’ in atto nella nostra società un’evidente marcata e vasta polarizzazione delle persone verso un accentuato individualismo a scapito del sociale. Costituisce tale deriva un graduale, ma continuo ritrarsi da quell’humus relazionale diretto e concreto, a volte anche corroborato da una sana conflittualità , che mette in interazione le persone nel loro contesto sociale . La tecnologia e le arti del Novecento hanno significativamente accentuato tale tendenza all’individualismo che di fatto è separatezza sociale . A sostegno di quanto ipotizzato riporto alcuni mutamenti radicali dell’organizzazione del lavoro e del tempo libero ( ma non liberato) , del tempo ricreativo , che hanno implementato tale preoccupante caratterizzazione . Fondamentalmente , l’organizzazione industriale del capitale e del lavoro ha fortemente contribuito a radicalizzare l’individualismo nelle persone attraverso la divisione del lavoro e la conseguente attribuzione a ciascun lavoratore di una specifica mansione ( come già in Charlie Chaplin di “Tempi Moderni “ ) . La modalità efficientista dell’organizzazione del lavoro ha in modo strettamente ergonomico compartimentato il lavoratore sul suo posto di lavoro, in rapporto nevrotico controllabile e misurabile con la sua macchina operante , più che metterlo in interazione attiva e, magari più efficacemente creativa , con gli altri lavoratori . Anche nella estesa e dominante economia del terziario , specie in quello avanzato, il rapporto interpersonale con il cliente o con l’utente è oggi sempre più interfacciato ed intermediato da una macchina, spesso informatica , che “processa “ i rapporti interpersonali anche quando si tratta della commercializzazione minuta delle merci ( accade alla cassiera del supermercato ) . Una sbrigativa interazione quest’ultima , che ai tempi del negozio sotto casa , veniva personalmente accompagnata dal negoziante in ogni fase dell’offerta delle merci : dall’imbonimento del prodotto , al consiglio nella scelta , talvolta perfino all’eventuale procrastinarsi del suo pagamento ; attenzioni e passaggi per lo più confidenzialmente mediati dall’ l’interlocuzione diretta . E, perfino nel settore primario, soprattutto in agricoltura e nella produzione zootecnica alimentare , l’interazione tra terra e prodotto di filiera è oggi nella quasi totalità del processo mediato da macchine che dissodano il terreno, seminano ,mietitrebbiano graminacee, le immagazzinano nei silos, le sfarinano , le impastano e attraverso una miriade di trafile, le estetizzano in accattivanti formati di pasta per poi imbustarle. Potenti macchine agricole, spesso condotte da una sola persona o da più persone che avvicendandosi hanno scarsa possibilità di interagire tra loro. E’ altresì , particolarmente industrializzata anche la produzione casearia nonché la filiera della carne che oggi adotta lo stesso schema organizzativo della produzione industriale di linea . Non trascurabili sono le nuove tendenze che cominciano a prendere piede perfino nella istituzione scuola ( soprattutto quella di base) , sempre alla ricerca di transizioni innovative . L’ istruzione , dalla storica conquista della democrazia delle classi di età ( rispetto ai precettori privati dell’aristocrazia del passato) : ambii omogenei che in situazione prevedono da parte del docente un trattamento paritario il cui risultato in termini di successo scolastico è anche legato alla libera competizione tra coetanei , oggi sembra voler puntare , complice la differenziante didattica computerizzata , all’insegnamento individualizzato : a ciascuno secondo le sue capacità e i suoi bisogni ( una specie di pietistico comunismo ante litteram) tenendo in scarso o in nessun conto il retroterra socioculturale di ciascuno. Un aspetto rilevante quest’ultimo che dal punto di vista scolastico avvantaggia chi ne è fornito e svantaggia chi ne è carente , rimarcando in tal modo divisioni sociali già sussistenti in entrata ( un tempo , con un po’ di ipocrisia, differenze malcelate dal grembiule uguale per tutti) , invece di appianarle; e ciò in aggiunta fa il pari , ancora in ambito scolastico , con l’attuale tendenza a medicalizzare alcuni alunni apparentemente border-line attraverso psicologismi certificati, a volte di dubbia scientificità , che “ rimarchiano “ ancor più lo stigma sociale . L’individualismo, purtroppo , ci coglie anche nella fruizione del tempo libero; quando ascoltiamo un brano musicale, magari in confortevole solitudine tra le mura domestiche : una riproduzione di un “aria”, di una canzone… che fa comunque perdere l’aura irripetibile dell’ascolto strumentale dal vivo , tecnologicamente moltiplicata in proporzione al successo , distribuita a richiesta in ogni dove , pagando il prezzo dell’acquisto del supporto sul quale è codificata la traccia . Stessa cosa accade per la visione di un film : questa si una vera rappresentazione attoriale ( il protagonista si conforma ad una “ maschera” e si incorpora letteralmente nel ruolo che interpreta ) , costruita sulla finzione: un accattivante tratto psicologico quest’ultimo che risponde al nostro inestinguibile bisogno di ascoltare , oggi anche vedere , sperimentare con arti diverse le narrazioni del mondo, di un suo spaccato; un ascolto-visione che desideriamo ( e in cui spesso ci immedesimiamo , spesso condividendone gli aspetti valoriali che direttamente o indirettamente un film veicola ) . In più, rispetto alle altre arti la visione cinematografica di un film è favorita e meglio apprezzata dal buio in sala; l’espediente aumenta la concentrazione e diminuisce le distrazioni ambientali ( un po’ come le antiche , celebrate e rimpiante chiese del passato i cui interni ,a tinte scure ,in penombra, favoriscono il raccoglimento e la meditazione inducendo i fedeli ad una compostezza comportamentale conforme al luogo: un atteggiamento favorente il rapporto personale con l’Eterno), predisponendo lo spettatore ad” immergersi” in un personale avvolgente e coinvolgente rapporto con gli avvenimenti che scorrono sullo schermo , dimentico spesso, nel suo ovattato , ricercato isolamento individuale , che in sala la fruizione del film è collettiva . E, nella società, proprio dal versante della telecomunicazione , si accrescono a dismisura le spinte individualistiche, non da ultimo il rapporto molto personale, esclusivo, con il computer ( non per niente è anche noto come Personal Computer , così tanto per rimarcare la sua cifra individualistica) che interfaccia l’utente il quale entra con la “ mente” e, con il corpo piegato , a suo religioso supporto devoto si dispone di fronte alla macchina. E, navigando in rete si apre davanti ai suoi occhi, dall’unico monitorante occhio ciclopico dello schermo un meraviglioso universo virtuale che , purtroppo , è noto, rende eccentrica la nostra mente ed i nostri pensieri depositandoli volontariamente o a richiesta presso le altre menti che impattiamo o su altri supporti… facendo della nostra persona , un individuo “ fuori di sé” , quindi di fatto dissociato , un po’schizofrenico ( nel senso che la sua mente è in parte “decentrata”, rispetto al proprio corpo nell’indefinito e indefinibile altrove in cui naviga ( l’aldilà della rete ) e, per giunta twittando i propri pensieri, criptati a guisa di bit , una volta depositati in rete questi vagano in modo incontrollato e permanente e, quando evocati , si virtualizzano in altri spazi informatici , a nostra insaputa e, straordinariamente longevi, a dispetto della nostra certa finitudine , possono durare anche oltre il nostro tempo vita. Non è bello , desiderabile , affascinante e di sicuro interesse tutto questo !?. Soprattutto quando la navigazione in rete è potenzialmente e democraticamente alla portate dei più . La propria virtualizzazione è l’insperata cifra vincente di qualsivoglia piattaforma informatica , poiché in passato l’essere visto, letto da una potenziale moltitudine di utenti era in pratica esclusivo appannaggio di una limitata élite di intellettuali, attori, cantanti , conduttori… di scrittori che magari ancora si attardano a pubblicare i loro libri su supporti cartacei che risentono del superato ingombro della loro persistente materialità. Si ritrae oggi, usurpato dal dilagante individualismo, dalla nostra esperienza lo spazio della cultura del sociale , della politica attiva che in passato ha vissuto stagioni impegnate e, costruttive che hanno indotto cambiamenti importanti nel rapporto con le istituzioni , nell’ampliamento dei diritti del cittadino, nel consolidamento dei diritti sindacali e in tanti altri ambiti della società . Del passato, diffuso impegno nel sociale, resta oggi un insufficiente , frammentato solidarismo, affidato per lo più ad enti caritatevoli o ad associazioni no- profit .La politica non è più in grado di infiammare gli animi per la “causa “ perché la causa è evaporata , svanita con l’avvento della globalizzazione mondiale; un’estensione che di per sé ha migliorato in modo significativo le economie degli ex paesi in via di sviluppo ( come CINDIA insegna ). La politica spesso distraendosi ( e distraendoci) dall’economia reale che comunque continua a fare il suo corso di scienza triste , vive ad occidente di incendi emotivi per lo più accesi ad arte dalla paura del diverso che approda ai nostri lidi visto come una minaccia che insidia e mette a rischio il tanto o il poco che in passato, quando si godeva di un discreto benessere , si è potuto accumulare : un tempo trascorso in cui alla politica, col vento in poppa , al suo armamentario non era estraneo il fine implicito della ricerca della felicità così come avrebbe voluto la filosofia antica ( una quantizzazione della felicità oggi misurata solo in uno staterello ai piedi dell’Himalaya che con caparbietà ha sostituito il Pil con l’Indice di felicità: Felicità interna lorda l ) . La scena dei politicanti oggi ci propina una politica incoerente e sconclusionata , fuori le righe , gridata e pacchiana, ridotta alla stanca, sempre meno partecipata ritualità elettorale . Ed è per tali ragioni che oggi è opportuno tener conto della condizione umana ad occidente per quella che è : un’ incipiente individualizzazione delle prospettive personali cui fa da contraltare non più un sociale vigile e attento , garante degli spazi di democrazia fin qui conquistati , bensì mette in campo un riduttivo altruismo che ha l’amaro sapore del dare pietistico, che non sottrae affatto il povero alla sua condizione , bensì l’obolo temporaneamente offerto a chi soffre l’ indigenza riconferma la distanza che corre tra la miseria di chi riceve e la non scalfibile ricchezza di chi dà ( ciò accade anche quando il ruolo di Grande elemosiniere lo svolge lo Stato). Ed è dalla corroborata attuale ipertrofia dell’individuo solitario e dalla sua altrettanto attuale complementare residualità del sociale direttamente vissuto che prende corpo la categoria politica dell’individualismo altruistico : una politica che al di la delle improbabili “ resurrezioni “ ideologiche di destra e di sinistra, aldilà dei populismi oggi dominanti ( ma è evidente dalla prassi contingente, dal respiro politico corto, che sono destinati ad essere superati , a passare ), resta l’amara condizione sociale contemporanea che spinge le persone a rinchiudersi nel privato facendo arretrare una socialità che dopotutto è stata la marcia in più che durante il cammino delle civiltà ha aperto la strada al successo planetario della nostra specie . Un’esemplificazione pratica, seppur modesta, della possibilità dell’individualismo altruistico lo fornisce questo articolo, scritto personalmente, lo estendo volentieri in modo altruistico ai miei potenziali lettori. Lo scriverlo, purtroppo , ha inevitabilmente polarizzato il mio individualismo, ma nel contempo ha anche esteso le mie riflessioni politiche attuali ad altri ( giuste, opinabili o sbagliate che siano ) . Il regista che fa un film , il cantante che registra un Cd, l’attore che fa teatro, l’autore di un libro, costoro nell’ inventare , nel far nascere le loro “creazioni “ , le loro rappresentazioni , oltre a soddisfare l’ appartato individualismo dell’artista , quando il prodotto è pronto per la sua fruizione gli stessi lo mercificano , stabilendo un costo per la loro arte . E coloro che sono interessati alle loro opere : un libro , un Cd , pagheranno il libro , la visione di un film , il prezzo di una rappresentazione teatrale … Ma appare chiaro che in tal caso, anche se è merce di talento , si tratta pur sempre di un passaggio al sociale ; un sociale vissuto nell’anonimato del suo consumo privato : una separatezza che è comunque una forma di condivisione “social” . in passato, al tempo della non riproducibilità dei prodotti culturali questo tipo di fruizione personale non era neppure pensabile : la musica veniva prodotta e ascoltata dal vivo ; poi l’ambiente che lo aveva evocato ,ad evento concluso, svaniva . Da ultimo non posso tacere che l’individualismo cui a volte si è costretti, ma che spesso viene scelto come condizione esistenziale , fa il pari con la solitudine ; la diminuzione della relazionalità sociale spinge le persone verso l’ intristente ’angolo buio della solitudine” : una tendenza paradossale se teniamo conto del fatto che oggi la presenza contemporanea degli uomini sulla Terra mette in conto cifre vertiginose, oltre sette miliardi e mezzo ; di più, si stima che oltre metà del genere umano si accalca e vive nelle città , pertanto si suppone ragionevolmente , con maggiori possibilità di interazione reciproca . Eppure l’uomo contemporaneo spesso vive in solitudine in mezzo a una folla di persone in similari condizioni . Tuttavia la solitudine esistenziale, assenti gli altri, è sempre più confortata da presenze virtuali che si materializzano su uno schermo , ed anche gli schermi , soprattutto quelli della televisione , ovvero della ricezione passiva , non interattiva, tendono ad essere sempre più grandi; si cerca ad averli, quasi a parete , a misura d’uomo : un modo per far sentire in compagnia gli i utenti solitari che invece fruiscono solo di simulacri di persone circostanti . Ma tant’è, la tecnologia odierna ci consente di rendere eccentrici i nostri cervelli decentrati , ( esternati anche per un tempo lungo : mediamente sei ore al giorno per ciascun utente ) senza per questo sentirci affatto dissociati dalla nostra unità ed unicità corporea : esportiamo sempre più spesso nel nostro quotidiano parte dei nostri pensieri verso altri utenti e da altri importiamo a pensieri : è la nostra condizione post-moderna ; oramai siamo stabilmente interconnessi a rete in un universo di comunicazione (bastano sei click per arrivare a qualsiasi persona) e, va bene così . Ma come accennavo prima , questa nostra sussistenza virtuale , impalpabile , tuttavia materiale ( le onde e gli elettroni esistono!) nel cui immenso flusso stiamo allegramente transitando non sarà alla fine anche un po’ dissociante ? Potrà essere tale incipiente slittamento esistenziale causa di una certa sofferenza ; una malattia, staremo a vedere, comunque, nell’attesa, a tutti noi un sincero augurio di pronta guarigione.


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