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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 16/1/2020 ● Click 676

L'apparente umiltà del male avversata dai buoni anticorpi delle "sardine"


Arcangelo Pretore © FUORI PORTA WEB

L’umiltà del male è il titolo del libro di Franco Cassano in cui si sostiene che il male , purtroppo diffuso nel mondo, ( come e, meno Male ! è altrettanto diffuso il Bene )in genere, nelle persone si manifesta in un mix variabile con il bene. Categorie morali che variabili si esprimono nella polarizzazione tra le due opposte visioni del mondo che si sono consolidate dopo le due più importanti rivoluzioni che hanno interessato l’Occidente : la Rivoluzione francese , la cui incubazione ha trovato terreno fertile nell’Illuminismo e la Rivoluzione Industriale preparata dall’accumulo di invenzioni che hanno trovato la trasposizione applicativa tecnologica nelle fabbriche che gradualmente hanno in larga parte soppiantato l’artigianato , il lavoro nei campi e il lavoro a domicilio. La visione democratica-progressista vede l’uomo come essere razionale impegnato nella realizzazione della sua autonomia e delle conquistate libertà individuali ; una visione diversa , quella conservatrice , vede l’uomo in prevalenza affidarsi ad una guida per orientare la sua esistenza ; e, poiché , ripensando la nostra epoca contemporanea , l’uomo massa è debole ha bisogno di un “uomo forte” per rassicurarlo e illuderlo .Il bene e il male sono in senso strettamente biologico costitutivi del carattere umano e l’individuo nel suo agire quotidiano a seconda della sua indole dal punto di vista morale ed esperienziale si colloca tra gli estremi dell’ampio spettro in cui, analizzato dal versante culturale, un estremo è limitato dalla versione ottimistica di S. Agostino : “il male è pura assenza del bene” , per cui , a seguire , nel corso della propria vita bisogna lasciarsi guidare e perseguire “ il “Sommum bonum ” ( il Sommo Bene , cioè Dio), mentre, Giacomo Leopardi , nella sua visione pessimistica del mondo si colloca all’altro estremo ; il poeta infatti considera : ”essere il bene solo una transitoria cessazione del male “; si evince , pertanto , in questa accezione , che il male tendenzialmente permea e intristisce l’esistenza umana . Forse, più ragionevolmente, ciascuno di noi a seconda degli accidenti della vita, dei momenti che la rendono bella è un istintivo miscuglio delle due opposte polarizzazioni . Se così non fosse non potremmo altrimenti spiegare l’omicidio , la guerra , l’atomica e, dal versante del bene , il sacrificio della vita per una causa, l’essere convinti , altruistici benefattori o lasciare in eredità le proprie sostanze ( gli altri animali non umani non lo fanno). D’altronde , ciascuno , in modo pragmatico, attingendo dalla sua esperienza vissuta può stimare da sé , delle due opposte polarizzazioni dell’anima, quale indole prevalente, rispetto alla morale , abitualmente mette in campo nel quotidiano relazionarsi con i suoi simili, con la natura , qui intesa in senso più vasto e comprensivo , tenendo conto che il nostro quotidiano pur basandosi su una sempre più frettolosa e disincantata relazionalità umana , si configura sempre più come una supponente , pervasiva , muta interazione con gli oggetti, artificiali , le cose ,le macchine. Dopotutto, a dirla con G. Anders , come uomini siamo antiquati rispetto al nostro intorno esistenziale . Diffido di coloro che si ammantano dell’essere espressione o di tendere solo al Sommo Bene ( avendo già eradicato, non è dato sapere come, il male dalle loro esistenze), come diffido dei nichilisti , che rispetto alle fondanti categorie morali , seguendo il “profeta” Nietzsche , sono “Al di là del Bene e del Male”; questi ultimi sostituiscono semplicemente una morale con un’altra , improntata sulle eccezionali qualità del Superuomo che ahimè , in diverse geografie ( da noi durante il ventennio fascista) purtroppo , già lo ha visto sciaguratamente in azione nella nostra Storia recente . Cosa c’entra questo prologo sul bene e sul male del mondo con il movimentismo spontaneo delle Sardine , che come per incanto si è reso manifesto di recente in molte piazze d’Italia ( ad oggi un centinaio) risvegliando i tanti ( rimasti intontiti se non sedotti dalle salvifiche invettive salviniane ) dal lungo torpore del sonno della ragione . Quelle riempite dalle sardine sono prevalentemente piazze giovani ( a Roma sabato 14 dicembre 2019 si è stimato fossero in centomila ; trentacinquemila secondo la Questura, comunque, sempre in tanti ) . Persone che non vogliono abboccare all’amo dell’odio , della paura, istigata negli ultimi tempi da più versanti da una ripetitiva, martellante politica sovranista che impietosa , di recente ha lasciato cinicamente alla deriva e, perfino annegare : profughi, migranti che hanno avuto la sfortuna di nascere in paesi martoriati da una fame endemica o che sono in fuga da guerre totali . Ciò a fronte di un Occidente opulento che , a tener conto dei sondaggi, a maggioranza intende difendere con le buone e con le cattive talvolta , per fortuna raramente , in casi efferati , anche facendosi giustizia da sè , con le armi , il benessere raggiunto . Il movimento delle Sardine ha avuto inizio dall’intraprendenza organizzativa in rete di quattro giovani bolognesi ( i primi a rimanere stupiti, dalla pronta reattività di masse pacifiche di persone desiderose di manifestare il loro dissenso per le politiche attuali ; persone che perlopiù non facevano aggio di alcuna conoscenza reciproca ) , stanchi nel loro tempo libero di” sprofondare” il culo su una poltrona , arrovellandosi sull’eventualità che in tanti , pur titubanti , alle” salvifiche” votazioni ,minacciate un giorno sì e l’altro pure, dalle opposizioni , spinti da un conformismo politico omologante, ammaliati dallo spirito del nostro strano tempo storico fossero indotti a depositare nell’urna la scheda “ Salvini premier”, confortati nel farlo dalla paura del diverso istigata negli ultimi tempi dalla deriva di una politica autoreferenziale . Le Sardine , almeno per adesso , pare , non abbiano padrini e padroni politici; non amano veder sventolare bandiere : simboli oramai appannati, se non desueti , di un nazionalismo passatista o, quando sono ostentate bandiere di partito , sono espressione , quota parte , di un consociativismo politico spesso alterato se non esaltato dall’ideologia: un aspetto quest’ultimo, che fa il pari con quanto di più nefasto e crudele talvolta può nascondersi dietro un simbolo ( l’ Isis insegna) Bandiere che ad Occidente, forse , in passato , potevano ancora incitare all’assalto dalle trincee nella Prima Guerra mondiale , contribuendo a confezionare a iosa eroi involontari . Ma le sardine, nei loro riusciti flash–mob , oltre a “com’è profondo il mare” dell’indimenticabile Lucio Dalla , ahimè ! , nella loro spontaneità , a sentire alcuni contrariati columnist , pare abbiano avuto il torto di intonare ad ogni manifestazione di piazza , “Bella ciao “ , a riprova del fatto che i giovani riconoscono nella Resistenza , nella Costituzione , al di là delle identificazioni o appartenenze che potrebbero diversificarli , le comuni radici che fondano la nostra Repubblica . Bella ciao : un canto sommesso , a tratti ispirata da una coinvolgente aria di gioioso trasporto , che , oltre a fungere da pro-memoria collettiva nazionale è sin dal titolo un inno alla donna portatrice di libertà , cui responsabilmente , da caduti per la liberazione , si può affidare la memoria partigiana delle proprie giovani spoglie ; come ad altre latitudini , imponente, accogliente, una donna simboleggia , con più materiale e solido vigore, la statua della Libertà a New York ; come è donna anche la dea bendata della giustizia . D’altronde , se è vero, com’ è vero ,che le donne di fatto hanno generato ( o meglio hanno partorito , con dolore) l’umanità , tutta l’umanità ( il Cristo , re, papi , santi, condottieri, artisti … nonché la sterminata genia di uomini e donne nostri antenati ) , quella presente e quella futura ( biotecnologie permettendo!) ) dovrebbero anche compartecipare la politica nel governarla . Qualche segnale forte in tal senso già lo si è avvertito nelle ultime elezioni che si sono svolte in Finlandia , Paese in cui nella nostra contemporaneità il Governo dello Stato sarà prerogativa di sole donne e, per giunta giovani … Ed ancora e, ciò rappresenta una novità , per la prima volta nel nostro bestiario politico nazionale recente, la fauna militante della politica movimentista è stata declinata al femminile transitando dai “ vaffa” grillini ( che un padre putativo ce l’hanno ) di mascolina irruenza , alle “ mute” sardine, autonome , libere di associarsi in” banchi” nell’oceano –mare delle antiche piazze cittadine .Dopotutto ,com’è naturale, c’è un’evoluzione anche nel linguaggio politico . Nate d’impeto, dall’intraprendenza di quattro giovani amici quasi coetanei, tutti occupati , che volevano uscire dalla condizione di oziosa minorità di sprofondare il culo su una poltrona , inedia cui li condannava il tempo libero , per attivarsi al fine di contrastare la velenosa arroganza che un Matteo Salvini ( lui, si , poco seduto nello scranno del Parlamento ), politicamente un tuttologo, onnipresente , ubiquitario ( dal versante mediatico) dilagante ha portato in giro per le piazze italiane . Nacque da questo volersi riappropriare in modo pacifico della piazza il flash- mob di Bologna che in pochissimo tempo riuscì a portare in piazza dodicimila persone, pacificamente stipate come sardine : un’altra Italia , non arrabbiata non corrosa dall’odio per l’Altro : un disperato stremato , spaurito che avvista le nostre coste in condizioni fisiche che mai augureremmo a noi stessi , spesso su una precaria “carretta del mare “. Il fenomeno delle “Sardine” rappresenta una inaspettata sana , ventata di rinnovato entusiasmo civile ( e politico) nella nostra società consapevolmente o inconsapevolmente entrata nell’era informatica , in cui gli uomini sono stati trasformati dalla programmazione seriale dell’industria tecnologica nonché dalla programmazione della televisione e da quella ancor più personalizzata del computer ( interattiva quanto basta per addormentare le coscienze ) in” autosegregati “eremiti di massa” che : “ non si radunano più insieme o perlomeno non hanno più bisogno di radunarsi , essi sono generalmente innocui … si capisce da sé che , d’altra parte , sarà facile per quelle persone che forniscono opinioni , atteggiamenti , emozioni “en masse” agli eremiti di massa , nei momenti in cui potrà sembrare loro opportuno , per motivi politici , ritrasformare , come per incanto, la semplice massificazione in “massa “ fisica : quella massa , che se ne avrà necessità , si potrà sempre fabbricare in una notte” ( al computer : il corsivo è mio ) da, Gunther Anders “ l’uomo è antiquato” , 1961. E, al fine di sviluppare la parte che mi sta più a cuore torno al titolo per coniugare e tentare di dipanare l’intricata matassa del“ I’ apparente umiltà del male’ . La spiegazione è un po’ più complessa dell’intrinseca contraddizione tra umiltà e male : il male può essere umile ? purtroppo , sì! , a mio avviso. Il Male può ammantarsi di una falsa umiltà .Per dirla con l’efficace espressione di un film dell’indimenticabile regista R.W. Fassbinder “ può esprimere l’ ipocrita “ tenerezza del lupo “ poiché il male che l’Altro da noi “ subisce può essere indotto anche dall’indifferenza o in modo più vigoroso, attraverso la non indignazione per il male che tocca all’ l’Altro , lontano dal cuore , ma non dagli occhi ( poiché i migranti , ridotti a” fantasmi” televisivi “, stipati sui barconi, li vediamo letteralmente patire una dolente condizione inumana ) . Dopotutto il male che subiscono è un male che fa comodo al nostro continuare a star bene , poiché nell’ esorcizzarlo, paradossalmente rende giustizia ( una specie di tranquillante psicologico) del male potenziale che quei poveri” dannati della Terra” ( F.F.)potrebbero scatenare, ( è la loro indole!) una volta sbarcati, sul nostro territorio nazionale: arrabbiati , affamati, disposti a tutto , magari, a vista invidiosi del diffuso benessere che si consuma appena a lato e a dispetto della loro concreta povertà. E’ questo accennato un tratto diffuso del conformismo di comodo che regna sovrano nella nostra società . L’umiltà del male è associato alla compassione distante, passiva ,che almeno, coloro che sono eticamente più sensibili, provano per quei migranti penosamente disumanizzati dagli stenti ; tanti di loro saranno prevedibili soccombenti ( non ce la faranno ! Sono stati nello scorso anno 1600 i profughi annegati) . Loro, i diseredati, sanno già in partenza che in tali condizioni estreme di navigazione si può morire, anzi, mettono in conto già in partenza una quota fisiologica di naufragi che nello sfasciume delle loro imbarcazioni di fortuna lasciano in mare morti annegati , ma della banalità del male oramai siamo solo televisivi testimoni immemori , distanti . Proviamo una distaccata ordinaria indifferenza molto simile a quella che provò colui che sganciò la bomba su Hiroshima in Giappone : eseguì gli ordini ( accadde anche ad Auschwitz; anche in quel campo passarono per il camino, andando in fumo , centinaia di migliaia di vittime innocenti ), con un piccolo sforzo , premendo un bottone , provocò a terra duecentomila morti civili , il cui strazio, non vide a causa del fungo atomico che subito s’ innalzò dall’area colpita stendendo un pietoso velo di fumi , sull’immane sterminio di massa appena compiuto . Similmente , pur non premendo alcun pulsante ( solo una trasmissione burocratica , di veti allo sbarco dei profughi nei nostri porti ) le morti in mare dei migranti sono comunque una raffinata modalità di respingimento del diverso, cui non è estranea la possibilità di morire annegato ; le responsabilità per quelle morti indirettamente indotte sono comunque imputabili a persone : cadaveri di donne , bambini , uomini che inchiodano le istituzioni del nostro civile Occidente alle loro responsabilità poiché di fatto hanno vietato lo sbarco dei profughi . Istituzioni incarnate da persone gerarchicamente responsabili : il Ministro , le capitanerie interessate , il capitano dell’ imbarcazione che pur intercettando i migranti per evitare il sequestro del natante e innumerevoli guai con la “giustizia d’occasione” fa finta di non vedere ( rifiutando di fatto un prestar soccorso a coloro che sono in difficoltà in mare ; soccorso dovuto , che sin dagli albori della navigazione rappresenta una delle leggi del mare che non ammette deroghe ) . come ho cercato qui di argomentare l’indifferenza o il compatimento ipocrita rappresenta l’essenza del concetto dell’apparente umiltà del male messo in atto per mitigare il proprio senso di colpa , che forse così può essere spiegato: “ io, direttamente , nulla ho fatto per far annegare i migranti e, per quanto io possa dispiacermi per la loro condizione nulla posso fare in concreto per aiutare i profughi “. Questa è la deresponsabilizzante razionalizzazione con cui ci autoassolviamo allorché, in quanto animali sociali , ancora riusciamo a provare un barlume di umana pietà per i nostri simili che sono in difficoltà in quell’altrove liquido che è anche il Mare Nostrum di italica romanità che tutto rimescola e d’estate, quando nelle sue acque prendiamo il bagno in memoria ci porta l’eco di quelle morti, con la sua materialità fluida ammonitrice; acque che inquietano la nostra coscienza di vacanzieri dis(turbati ) dalle storie vere, umane, troppo umane che il mare ci racconta.


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