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Pubblicato in data 5/6/2021 ● Click 832

Il filosofo e teologo Samuel Clarke nel libro a cura di Antonio Sabetta


Redazione FPW © FUORI PORTA WEB

In questi giorni è stato pubblicato un volume di un pensatore del Settecento, tradotto, curato e introdotto da mons. Antonio Sabetta, dal titolo: SAMUEL CLARKE, Discorso sugli obblighi immutabili della religione naturale e sulla verità e la certezza della rivelazione cristiana (postfazione di Giuseppe Lorizio, Studium, Roma 2021, 326pp).

Nel 1705 il filosofo e teologo anglicano Samuel Clarke pronuncia nella Cattedrale di San Paolo a Londra in occasione delle “Boyle Lecture”, otto sermoni, pubblicati l’anno dopo, che Antonio Sabetta ha pensato di offrire in edizione italiana per la prima volta con il titolo Discorso sugli obblighi immutabili della religione naturale e sulla verità e certezza della rivelazione cristiana, presso la Collana “Cultura” delle Edizioni Studium. Il curatore chiarisce nella sua lunga introduzione (cf pp. 7-62) il senso dell’opera e oltre a presentarla analiticamente la colloca anche nel contesto dell’apologetica moderna, evidenziando il debito significativo che la teologia cristiana ha avuto verso il deismo, poiché in definitiva la parte più consistente dell’apologetica moderna – il trattato De revelatione – è sorta dal confronto serrato con quei deisti che non negavano l’esistenza di Dio ma la possibilità e il darsi di una rivelazione di Dio nella storia; ed è grazie alla provocazione del deismo che lo specifico della fede cristiana si identifica con la parola “rivelazione”. Se il Concilio di Trento aveva impiegato il termine “vangelo”, in piena modernità compiuta nel Concilio Vaticano I (1870) ormai la parola rivelazione diventa il concetto chiave per esprimere l’essenza del cristianesimo. E ancora oggi, nonostante siamo storicamente ben lontano da quei contesti, “rivelazione” continua ad identificare il senso ultimo della fede cristiana.
Samuel Clarke (1675-1729) nel Discorso si rivolge ai deisti che negano la necessità della rivelazione (in quanto la retta ragione naturale sarebbe del tutto sufficiente a farci conoscere Dio, i suoi attributi e la sua volontà), o la possibilità ed effettività storica della stessa, per evidenziare il carattere totalmente ragionevole della rivelazione cristiana per cui chi segue i dettami della ragione retta non potrà non abbracciare il cristianesimo. Per certi versi sulla scia dei platonici di Cambridge, Clarke vuole dimostrare con evidenza di argomenti che il rifiuto di credere non deriva da una non sufficienza di ragioni della fede ma dalla scelta degli uomini di non voler cambiare vita e correggere la corruzione dei costumi morali.
Sono stati i filosofi più sapienti e attenti ricercatori della verità, conoscitori delle verità eterne e dei doveri dell’uomo, ad avvertire il bisogno di una rivelazione per vincere la generale corruzione morale del mondo che impedisce agli uomini di vivere secondo ragione. Anche se la necessità della rivelazione non è determinata principalmente dal fatto che ci fa conoscere cose a cui la ragione non saprebbe e non potrebbe giungere, tuttavia la rivelazione rimane necessaria soprattutto per garantire e permettere di rendere certo ciò che è in linea di principio alla portata della ragione, e per offrirci un orizzonte più ampio di motivazioni e di autorità, le uniche che possono diffondere la retta ragione e religione tra gli uomini e riformare il mondo.
Alla necessità della rivelazione segue l’affermazione che non esiste altra religione al mondo che possa rivendicare pretesa o che con sufficiente apparenza di ragione si debba considerare la rivelazione della volontà di Dio all’umanità, se non il cristianesimo. Ciò che rende il cristianesimo credibile concerne un duplice livello: uno intrinseco ai contenuti tutti della fede e uno estrinseco a tali contenuti (dimostrazione dell’origine divina della rivelazione e del carattere divino di Cristo). Il risultato è che la rivelazione cristiana al giudizio della ragione retta e assennata appare da sé altamente credibile e probabile, e raccomanda se stessa in ragione della sua intrinseca bontà ed eccellenza per l’agire degli uomini più razionali e che più riflettono. Non si tratta di ricomprendere con la ragione la rivelazione in una sorta di compimento di quest’ultima sul piano speculativo, ma di riconoscere che la rivelazione soltanto può salvare la ragione e dunque compierla nel senso di guarirla.

Antonio Sabetta, dottore in teologia e filosofia, si occupa del pensiero moderno e di tematiche teologico-fondamentali. Con Studium ha pubblicato: Giambattista Vico (2011), La cristologia filosofica nell'orizzonte della modernità (2015), Un'idea di teologia fondamentale tra storia e modelli (2017) ed ha curato la prima edizione italiana della Confessione sulla cena di Cristo di M. Lutero (2019).


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