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Pubblicato in data 7/8/2021 ● Click 2886

Pasquale Cordisco e la sfilata del 2 giugno


Antonio Sisto © FUORI PORTA WEB

“Sono nato a Guglionesi il 15 gennaio 1953. I miei genitori, Antonio Cordisco e Isabella Ciarciaglino, conducevano, a mezzadria, un terreno della famiglia Rocchia, situato vicino la casa cantoniera. Mia madre, con tanto orgoglio, mi ha sempre ricordato che sono venuto al mondo in un casolare di campagna e che sono nato prematuramente di sette mesi Determinante è stato l’aiuto della levatrice del paese, la signora Wandelmen. In quel periodo, solo le donne di un certo ceto sociale, potevano permettersi di partorire in ospedale.

Avevo circa tre anni quando la mia famiglia si trasferì in paese dove ho frequentato le scuole elementari e medie. Mio padre, come da usanza, dopo la scuola, mi mandò a imparare il mestiere dal maestro Francesco Fusco, uno dei più bravi meccanici del paese. In officina le riparazioni riguardavano essenzialmente trattori agricoli e cingolati vari, le automobili in circolazione erano pochissime.

All’epoca quasi tutti i meccanici di Guglionesi, al tempo della mietitura del grano, sospendevano le attività d’officina per dedicarsi in modo esclusivo alla trebbiatura. Prendevano accordi con il proprietario di una “macchina” ed essi si legavano, in esclusiva, per tutto il periodo necessario. A fine campagna sarebbero tornati alle loro consuete attività; era un lavoro che richiedeva un’alta professionalità e serietà si doveva garantire per tutta la giornata una costante manutenzione e il buon funzionamento dei mezzi al seguito della carovana. Ogni fermata costava tempo e denaro!
Il maestro, per farmi fare una nuova esperienza, cercò di coinvolgermi ma al suo invito di seguirlo non me la sentii e gli dissi di no. Mio padre, per non farmi stare in ozio, mi mandò a frequentare altre botteghe. Sono stato anche dal barbiere e dal sarto.

La mia famiglia, nel 1967, mi mandò a studiare a Termoli. Alle superiori scelsi Ragioneria perchè ero molto attratto dalla matematica. Andare a scuola mi piaceva tanto ma dopo qualche mese iniziai ad avere dei problemi di salute. Ogni tanto mi assaliva un forte mal di testa che mi costringeva a saltare le lezioni. Mio malgrado abbandonai la scuola e i miei genitori cercarono di comprendere e di risolvere la causa del mio problema. Dopo vari consulti medici si decise che era necessario un ricovero in ospedale per fare delle indagini più accurate.

Suor Costanzina Gianpaolo nativa di Guglionesi, Apostola del Sacro Cuore di Gesù, era Caposala nell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, (FG). Mia madre avendo saputo che era tornata a Guglionesi per un periodo di riposo in famiglia, le parlò del mio caso e lei subito con caritatevole interessamento si adoperò per farmi ricoverare.

La suora ed io, Il 18 settembre del 1968, partimmo per San Giovanni Rotondo. Appena scesi dalla corriera la prima cosa che fece suor Costanzina fu di portarmi a visitare la chiesa dedicata a Santa Maria delle Grazie vicino all’ospedale, per ringraziare il Signore. Ricordo, che era piena di fedeli fino all’inverosimile. Mai vista tanta gente in vita mia! La suora mi disse che, il sacerdote che stava celebrando la messa era Padre Pio da Pietrelcina, un frate cappuccino del vicino convento, in odore di santità.

Fui subito ricoverato e iniziai a fare tutti i controlli che il mio caso richiedeva. La struttura ospedaliera, nata per volere di Padre Pio, era un’importante punto di riferimento per tutto il centro sud.
Il 23 settembre 1968, improvvisamente, si sparse la voce che Padre Pio era morto. Suor Costanzina, assieme ad altri ragazzi ricoverati, ci portò a rendergli omaggio; ricordo che la bara era scoperta, posta al centro delle navate laterali della chiesa conventuale. Ero un giovincello e non potevo immaginare di aver dato l’ultimo saluto a colui, che, il 16 giugno 2002 da Papa Giovanni Paolo II sarebbe stato proclamato Santo.

Dopo accuratissime visite e complicati esami, mi diagnosticarono una “lieve stenosi congenita”; secondo i medici non c’era niente d’irreparabile e m’invitarono a proseguire le indagini”.
Alcune note sulle suore Apostole del Sacro Cuore di Gesù dal web: “L’ Istituto delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, fondato dalla Serva di Dio (Beata) Madre Clelia Merloni, il trenta maggio 1894, è presente in San Giovanni Rotondo fin dal 1909. Le suore erano impegnate nella scuola materna, nel laboratorio di cucito e ricamo e nell'ambulatorio comunale come infermiere finanziate dal Comune di San Giovanni Rotondo. Nell'anno 1920 purtroppo, per varie vicissitudini, dovettero partire salutando con tristezza Padre Pio che li salutò con una profezia: “non partite dispiaciute, perché un giorno ritornerete numerose qui in un grande ospedale”.

E così avvenne. Le suore ritornarono all'apertura di Casa Sollievo della Sofferenza. Fu lo stesso padre Pio ad inaugurare l’ospedale il 5 maggio 1956. Ancora oggi con amore e spirito di carità si dedicano alla cura delle anime, del corpo e dello spirito”.

Si ricorda che, dal 1928 al 29 agosto 2013, le suore Apostole del Sacro Cuore di Gesù hanno prestato servizio anche nell’asilo di Guglionesi. Dal 9 settembre 2013 sono state avvicendate dalle suore Ancelle Eucaristiche che ancora oggi, tra mille difficoltà, si prendono cura dell’istruzione e dell’educazione cristiana dei nostri bambini.

“ Per altri accertamenti fui inviato a Roma nel Policlinico Umberto I dal Prof. Pietro Valdoni grande luminare dell’epoca. Dopo un breve ricovero fui rassicurato che non avevo niente di grave e che, con i dovuti accorgimenti, potessi convivere benissimo con la mia malattia e svolgere una vita normale e senza prescrizioni.

A Roma viveva zia Teresa, sorella di mia madre che durante la mia permanenza mi è stata di grande aiuto e conforto; i dottori mi consigliarono di rimanere qualche mese a Roma e prendermi qualche svago, mi dovevo convincere che ero una persona assolutamente normale.

Avevo solo quindici anni trovai un lavoro in un laboratorio artigianale. Ricordo che, in un mese, riuscivo a guadagnare circa ottantamila lire. Considerata la mia giovane età e senza nessuna esperienza era tanto! Appena fui sicuro di me stesso, tornai finalmente a Guglionesi.

Andai a lavorare come apprendista presso la ditta Angelo Di Tommaso e Michele Paolucci. Questi avevano un’attrezzata officina meccanica e da loro ho imparato tanto e ho acquisito le prime vere esperienze in un mondo che era fatto a posta per me.

Il 4 marzo 1972 sono stato chiamato alla visita di leva a Foggia; il primo giorno mi sottoposero a vari controlli, dopo, m’inviarono all’ospedale militare di Bari per altri test attitudinali e alla fine della giornata mi comunicarono di essere stato ritenuto idoneo per fare il militare.

Il 27 gennaio 1973 sono partito per il CAR, destinazione Diano Marina (IM) in Liguria, assegnato al Reparto R.R.R. D. f “Folgore”. I primi tempi sono stati abbastanza duri non riuscivo ad adattarmi al nuovo modo di vivere e alla ferrea disciplina della naia.

Terminato l’addestramento, dopo il giuramento, sono stato trasferito a Roma nella caserma Cecchignola, dove c’era la Scuola di Formazione. Mi assegnarono all’officina meccanica con incarico 43 B, Meccanico di Mezzi Corazzati, eravamo circa duecento militari Per tutto questo fu importante la mia conoscenza della meccanica e delle esperienze che avevo maturato, principalmente, nell’officina a Guglionesi.

In un enorme hangar dovevamo provvedere all’assistenza e alle riparazioni di tutti gli automezzi in dotazione alla caserma. Attraverso uno studio continuo dovevamo imparare a conoscere le varie tecniche di riparazione su blindati, camion pesanti, etc…

Io e altri due militari, sotto il comando di un sottufficiale, abbiamo avuto il privilegio di essere assegnati al reparto che doveva allestire i carri armati che avrebbero partecipato alla sfilata del 2 giugno, in occasione della festa della Repubblica; ci fu ordinato di preparare trentadue carri armati, del tipo M 132, M 113, Anfibi e Leopard.

Ci mettemmo a lavorare di buona lena prima operando sulla carrozzeria attraverso una verniciatura totale dei mezzi poi sul motore e tutta la meccanica; dopo due mesi di duro impegno i carri erano pronti per sfilare nella capitale; peccato che, per motivi di sicurezza, il 2 giugno 1973, giorno della Festa della Repubblica Italiana, nei Fori Imperiali, sfilò solo un Leopard; in ogni modo per me fu una grande soddisfazione e un grande onore.
Alla Scuola di Formazione Meccanica rimasi quattro mesi, in seguito fui mandato a Treviso nella caserma Tommaso Salsa. (La caserma ha operato fino al 2005 e poi dismessa con la sospensione del servizio di leva obbligatorio). Qui ho avuto modo ulteriormente di mettere in pratica quello che sapevo fare come meccanico. Assieme a un qualificato gruppo di lavoro formato da meccanici, carrozzieri ed elettrauto dovevamo provvedere al buon funzionamento di tutti i mezzi che erano a disposizione. Molto impegnativo e complesso era la riparazione del motore di un carro armato, sia il nove sia i dodici cilindri circolare; questi motopropulsori provenivano da aerei che avevano eseguito almeno dodici voli, per la sicurezza, non erano più affidabili ma erano ottimi per la nuova funzione.

Da parte del Direttore dell’Off. Media, Capitano, Alfonso Sportelli, per meriti di lavoro, mi fu dato un attestato di Specializzazione, una dichiarazione di merito, e una licenza premio di dieci giorni.
Finalmente tornavo nella mia cara Guglionesi! Con me c’era Giuseppe Sticca, un mio corregionale di Castelmauro; prendemmo il treno per Bologna e in seguito il Torino – Lecce; saremmo dovuti arrivare a Termoli a tarda sera.

Una volta saliti a bordo avemmo una brutta notizia. La fermata non era a Termoli bensì a San Severo (FG), una sessantina di Km più giù. Giuseppe non si scompose più di tanto era sereno e tranquillo e mi disse che era molto pratico di quella tratta e di non preoccuparmi e che sapeva come avremmo risolto la situazione. Non nego che ero molto perplesso e preoccupato. Arrivati in prossimità della stazione di Coppella, tra Petacciato e Termoli, mi disse di prepararmi perché da lì a poco il treno sarebbe stato costretto a rallentare la corsa e, a un suo segnale, di eseguire i movimenti che faceva lui. Quando fu il momento propizio, con destrezza, ci scaraventammo fuori dal treno senza subire danni e con l’autostop arrivammo a Termoli giusto in tempo di prendere l’ultima corriera. Io scesi a Guglionesi lui proseguì per Castelmauro. Non nego che fu un’esperienza indimenticabile e sicuramente da raccontare.

Il 21 marzo 1974 sono stato congedato. Dopo qualche settimana ho ripreso a lavorare nell’officina Di Tommaso e Paolucci i quali furono ben felici di riprendermi con loro.
Alla fine dello stesso anno, tramite un amico, venni a sapere che la ditta edile/stradale, Antonio Cirulli di Ortona (CH), cercava un meccanico per il cantiere di Petacciato; mi presentai, consegnai le mie referenze e nello stesso giorno, ottenni il posto. Anche qui avevo il compito di provvedere alla manutenzione di tutto il parco macchine.

Purtroppo nel 1976 sono stato vittima di un grave incidente stradale che ha condizionato di molto la mia salute. Mi ripresi abbastanza bene tanto che, nel 1977, decisi di mettermi in proprio aprendo un’officina meccanica a Guglionesi. Da quel triste periodo mi sono aggrappato moltissimo alla fede e tante volte ho sentito forte la presenza di Padre Pio.

Il 13 gennaio 1979 mi sono sposato con Maria Caterina Saccomandi. Abbiamo avuto due figlie, Isabella e Paola. Siccome l’officina andava molto bene e la clientela era sempre più soddisfatta, nel 1984, mi trasferii nella nuova zona artigianale in un moderno capannone, dove ho avuto la possibilità di offrire le mie prestazioni di meccanico, carrozziere ed elettrauto. Nella nascente attività sono stato coadiuvato dai miei tre nipoti, Francesco, Antonio Silvestri e Antonio Cordisco.
Nel 2001, per stare al passo con i tempi, l’officina fece un enorme miglioramento dando un nuovo innovativo servizio per Guglionesi e il circondario: “Il Centro Revisione Auto Cordisco”.

Nel 2013 sono andato in pensione. “Il Centro Revisione Auto Cordisco” è diventato, “Centro Revisione Auto Cordisco di Silvestri”, in nome dei miei nipoti Francesco e Antonio Silvestri, nuovi titolari dell’attività che, per mia grande gioia, ne garantiscono la continuità lavorativa”.


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