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Pubblicato in data 11/6/2009 ● Click 1575

La Cultura e la vita della comunità


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

Il termine Cultura, schematizzando all'estremo, ha due significati fondamentali. Il primo e più antico è quello per il quale significa la 'formazione' dell'uomo, il suo migliorarsi e raffinarsi. Il secondo significato è quello per cui esso indica il prodotto di questa formazione, cioè l'insieme dei modi di vivere e di pensare coltivati, civilizzati, ripuliti che si sogliono anche indicare con il nome di civiltà.
La Cultura fu per i Greci la ricerca e la realizzazione che l'uomo fa di sè, cioè della vera natura umana. Carattere costitutivo è la stretta connessione con la vita associata. In primo luogo infatti l'uomo non può, secondo i Greci, realizzarsi come tale se non attraverso la conoscenza di sè stesso e del suo mondo. In secondo luogo, l'uomo non può realizzarsi come tale se non nella vita della comunità, della 'polis' : la Repubblica di Platone è per l'appunto la massima espressione dello stretto legame, che i Greci ponevano, tra la formazione degli individui e la vita della comunità. Fatta questa premessa, trovo pertinente ricordare la recente manifestazione che si è svolta a Guglionesi in occasione della inaugurazione della moderna sede del 'Cinema Teatro Fulvio'. I relatori del convegno hanno sottolineato come l'intento realizzativo della struttura vada visto nell'ottica di promuovere la Cultura sul territorio comunale e sovra-comunale. Una finalità lodevole e impegnativa che mi spinge ad una riflessione in termini più generali.
E' evidente che la Cultura entra oggi sempre più massicciamente anche all'interno dei nuovi processi di creazione del valore economico, ed è altrettanto evidente che tutti i centri urbani che perseguono oggi una strategia minimamente coerente e ambiziosa di sviluppo economico locale fanno della Cultura una delle proprie leve di azione privilegiate, aprendo musei, favorendo l'insediamento di artisti, costruendo i processi di riqualificazione urbana intorno a interventi culturali-pilota. In un periodo di crisi economica come l'attuale in cui le più diverse amministrazioni comunali privilegiano la logica dell'evento piuttosto che quella della più faticosa costruzione di occasioni, spazi, progettualità e strutture in cui esplicare un'attività culturale, ci si deve interrogare se la Cultura possa anche favorire sviluppo economico. Incominciamo col dire che il turismo culturale è cresciuto in Italia. Crescono anche i consumi culturali.
Sono i Comuni a investire di più, nonostante i tagli ai trasferimenti subiti nel corso degli ultimi cinque anni. Si tratta di elementi importanti che occorre cogliere perchè parlano di un dinamismo delle amministrazioni locali. Come ricorda Jeremy Rifkin nel suo libro 'L'era dell'accesso' : "nella new economy sono le idee, i concetti, le immagini, non le cose, i componenti fondanti del valore". Vi è una sorta di "dematerializzazione dell'economia". Insomma, nella società post-industriale la Cultura determina profondamente il valore dei beni. Si percorra quindi una strada di politiche culturali inclusive ed integranti, che ricerchino il giusto equilibrio tra produzione e consumo, tra attività 'effimere' e servizi 'permanenti', con la partecipazione attiva dei cittadini, mobilitandone le riserve di energia ed entusiasmo. Ciò significa tutelare il patrimonio locale, fatto di edifici (centri storici), paesaggi, archivi, foto, tradizioni, promuovendo una politica culturale che sappia affermarsi anche sul terreno della capacità di coltivare la memoria: non in chiave meramente nostalgica, ma come leva motivante per guardare al futuro forti di un passato conosciuto.
Per quanto riguarda la condivisione di programmi, scelte, relativi oneri finanziari, si privilegi la predisposizione di strumenti di integrazione e coordinamento della programmazione a livello locale e provinciale (con conseguente attuazione di economie di scala grazie a circuiti, coproduzioni, etc.) e si favorisca lo sviluppo di nuove forme di collaborazione tra entità locali e private per evitare una dispersione o sovrapposizione di sforzi.
Naturalmente occorre prestare attenzione ai segni e alle richieste che nascono spontaneamente nei Comuni (attraverso centri culturali e di ritrovo, comitati, associazioni di categoria, etc.). Nella particolare situazione del territorio basso-molisano, dobbiamo augurarci che i municipalismi che tuttora lo permeano non prevalgano. Importante è non vedere le Istituzioni culturali locali con l'unica lente del municipalismo. Ogni giorno i fatti dimostrano che la 'lente' è inadatta (il mancato rilancio economico di tutto il territorio, nonostante la 'filosofia' fondativa dell'Unione dei Comuni prospicienti la fascia costiera, ce lo conferma).
La vecchia 'lente' garantisce all'osservatore comodità, sforzo minimo, potere: perchè abbandonarla? Eppure, se non prevalesse la cultura della contrapposizione e la litigiosa frivolezza della politica, piuttosto che l'impegno di 'fare sistema', le cose andrebbero meglio.


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