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Pubblicato in data 4/5/2011 ● Click 1525

Abruzzo, Molise e Marche: tre Regioni insieme nella rinata “Marca adriatica”


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

La notizia recente è questa: il presidente degli industriali del Molise si sta muovendo contro l’immobilismo della politica regionale in vista di una soluzione per ridurre i costi dell’amministrazione pubblica. E nel contempo per essere più forti e credibili nel dialogo con il Governo centrale e con l’Unione europea. Ciò nell’ottica di un prossimo futuro, quando, a partire dal 2014 e salvo ripensamenti, la comunità europea non concederà più fondi alle singole regioni, ma alle macro-aree. Il modo con cui risolvere il problema potrebbe essere quello di riproporre la “Marca adriatica”, a suo tempo concepita da Federico II di Svevia (come completamento dell’idea avviata nel 1060 da Roberto il Guiscardo, conquistatore normanno): mettere insieme Abruzzo, Molise e Marche, mediante una specie di Federazione delle tre Regioni e creando una cabina di regia con delega ad affrontare argomenti importanti come le infrastrutture, l’ambiente, l’energia, la sanità, la ricerca, ed altro, secondo un modello di progressiva integrazione delle decisioni strategiche medesime. E’ la stessa Costituzione che adesso lo prevede. Infatti l’articolo 117, così come riformato nel 2001, stabilisce che “La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con l’individuazione di organi comuni”. Dunque se i territori vogliono competere nell’Europa federale è chiaro che vanno rafforzate Regioni come il Molise, l’Umbria o la stessa Liguria che non hanno la dimensione necessaria. La strada percorribile, oggi, sembra essere quella della realizzazione di accordi interregionali, individuando organismi comuni su ciò che le stesse Regioni ritengono più opportuno.
Abruzzo, Molise e Marche insieme, tramite una Federazione, avrebbero un numero di abitanti intorno ai 3 milioni, ossia una popolazione di residenti atta a configurare una macro-area, come del resto previsto dalla Fondazione Agnelli nel 1992 nel suo progetto volto a ridisegnare l’Italia in 12 macro-regioni secondo una logica di razionalità economica ed autosufficienza finanziaria. Oggi tale idea ritorna, anche in previsione dell’attuazione del federalismo fiscale che – con ragionevole probabilità - porrà il Molise in una situazione di grande difficoltà, stante la ridotta base imponibile complessiva, nel rispondere alle esigenze della popolazione e quindi delle funzioni precedentemente svolte dallo Stato. Il tutto aggravato da un quadro generale dell’economia italiana che Bill Emmott ha realisticamente tratteggiato nell’articolo del 24 Aprile su La Stampa e di cui mi limito a evidenziare pochi punti: 1) non vengono creati posti di lavoro; 2) la produttività non sale; 3) non aumentano il reddito e gli standard di vita. In queste condizioni, che potrà fare da solo il Molise? “Siamo la Regione con le addizionali Irap e Irpef più alte. Non si può andare avanti senza ridurre i costi della politica e della burocrazia… Qualcosa dovrebbe muoversi anche sulla governance dei nuclei industriali: da tre (Termoli, Venafro e Campobasso), con tre presidenti, cda e direttori generali, dovrebbero essere unificati, risparmiando sulle strutture e con il beneficio di avere un solo punto di riferimento per i servizi” (Il Sole 24 Ore del 27 marzo). Inoltre, la sanità è alle prese con i problemi connessi al deficit di bilancio, molte scuole chiudono, si cancellano molte corse degli autobus, si riduce l’assistenza sociale alle fasce più deboli della popolazione, e via elencando. Occorre quindi ridimensionare l’apparato regionale con un notevole decentramento amministrativo e i soldi che si risparmiano utilizzarli per lo sviluppo reale. Orbene la Federazione delle tre Regioni, che non perderebbero identità e autonomia, potrebbe contare su economie di scala e porre le basi per la creazione delle condizioni finalizzate ad uno sviluppo economico auto-sostenuto.
Nella prospettiva di tale nuovo scenario le comunità locali, da parte loro, dovranno impegnarsi a rilanciare la propria identità e qualità del territorio. Le rispettive amministrazioni comunali dovranno porsi una serie di obiettivi atti a migliorare e rigenerare l’ambiente perché questo sia fruibile in maniera diversificata e funzionale. Un ambiente migliore ha ricadute immediate sulle economie delle comunità interessate. I possibili ambiti di intervento vanno dall’agricoltura alla conservazione della natura e della biodiversità; dal turismo all’ambiente e sua gestione sostenibile (usando fonti rinnovabili con giudizio, ovvero contro il loro uso scellerato e speculativo); dal collegamento tra le comunità (vedi Unione dei Comuni) alla differenziazione delle attività agricole; dal paesaggio allo sport; dalla Cultura alla salute e benessere umano; dall’archeologia, storia e tradizione locale ad Arte e mestieri; dalla realizzazione di nuove aree boscate alla promozione del mercato dei prodotti locali.
Le sfide dell’economia moderna suggeriscono percorsi concreti e credibili: manifattura e conoscenza si intrecciano sempre di più, tecnologie e abilità manuali sono interconnesse per rispondere alle domande di innovazione e di qualità. Naturalmente alla base di tutto dovrà esserci un risveglio della società civile per vincere una mentalità diffusa secondo cui non c’è alternativa al sistema in essere quasi fosse immodificabile. Auguri dunque alla “Marca adriatica”, e alle sue comunità locali, per un futuro diverso e migliore.


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