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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 26/4/2012 ● Click 1320

Grillo e “l’infantilismo politico”


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

Gli ultimi sondaggi danno in grande ascesa il movimento di Grillo, unitamente a un fortissimo astensionismo. C’è da essere preoccupati. Sono due sintomi di declino in cui all’indignazione di molti si contrappone la demagogia.

Grillo propone liste civiche spontanee ‘certificate’ da lui… E poi? E poi niente perché in ogni caso Grillo si dispiega soltanto nella politica che dico ‘orizzontale’ che culmina nelle elezioni, ma non ha nessuna ricetta né comprensione sensata della politica ‘verticale’ che partendo dalle elezioni deve creare, o anche ricreare ma pur sempre gestire, una immensa organizzazione gerarchica: appunto, lo Stato (…) Grillo, spesso efficace nel criticare, è incapace di progettare (…) Quando propone le cose che sarebbero da fare, il più delle volte propone assurdità o sciocchezze. Con Grillo la politica liquefatta ci riporta all’’infantilismo politico’ del quale parlava Lenin” (così Giovanni Sartori, professore emerito della Columbia University).

Certo, se i partiti non prenderanno coscienza che dovranno dimezzare il numero dei parlamentari, e l’ammontare dei finanziamenti pubblici, daranno ragione ai demagoghi come Grillo che contribuiranno a desertificare i seggi elettorali con il risultato di prefigurare un attacco non già ai partiti ma alle istituzioni.

I partiti sono essenziali per una normalità politica ma urge che sia attuato quanto previsto dal nostro ordinamento. L’articolo 49 della Costituzione recita così: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Quindi viene affermato il principio della ‘libertà di associazione’ in partiti, il principio della ‘pluralità di partiti’, il principio dell’adozione del ‘metodo democratico’ nella propria organizzazione interna e il principio del ‘libero concorso’ di ciascun partito alla formazione della politica nazionale. Invece, l’art. 49 della Costituzione è sempre rimasto privo di una necessaria normativa di attuazione per quanto riguarda l’obbligo che esso impone ad ogni partito di adottare il metodo democratico nella propria organizzazione interna. I motivi della non attuazione del modello costituzionale sono molti, ma crediamo si possa individuare nella mancata emanazione di specifiche norme che garantissero il rispetto di quello che sopra è stato definito il “principio della democrazia interna” dei partiti. Pertanto, di fatto, l’organizzazione interna è diventata organizzazione ‘oligarchica’. Di talché il meccanismo che deve legare la sovranità popolare alla democrazia dei partiti e la democrazia dei partiti alla democrazia delle istituzioni pubbliche non regge più. La carenza di democrazia all’interno dei partiti diventa carenza di democrazia nelle pubbliche istituzioni. I gruppi dirigenti di qualsiasi partito tendono a conservare la propria posizione direttiva ed esercitano le funzioni di controllo del rispetto dello Statuto. Quindi questa prassi consente ai gruppi dirigenti di scegliere i candidati, e quindi gli eletti, alle cariche pubbliche. L’introduzione, poi, della nuova legge elettorale ha comportato una gravissima violazione dell’art. 49 della Costituzione. Gli effetti ‘anticostituzionali’ e ‘antidemocratici’ prodotti dal sistema elettorale appena detto si aggiungono così agli effetti dannosi della mancata attuazione del principio della democrazia interna ai partiti. Occorre, dunque, applicare l’art. 49 della Costituzione! Chi pensa a una democrazia senza partiti (una ‘democrazia telematica’) con una infrastruttura di supporto (internet, blog ecc.) coltiva un’illusione. Il web può stimolare, può formare una rete territoriale formata da gruppi di incontro ma non costruire politiche.

Intendiamoci: anche se travestiti i partiti esistono e devono (dovrebbero) esistere. Ma se la società liquida approda al ‘liquidismo’, a un calderone nel quale tutto è disfatto e nulla rifatto, allora arriviamo a Grillo, che è emblematico di questo processo” (Giovanni Sartori).


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