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Caro DirettoreGuglionesi
Pubblicato in data 11/3/2013 ● Click 1264

I grillini in Parlamento


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

Caro Direttore,
consentimi di replicare brevemente a Mario Vaccaro, sperando di non annoiare chi avrà la bontà di leggermi. Dico subito che sono d’accordo sulla opinabilità di ogni assunto e quindi provo ad argomentare.

Con riguardo alle tipologie di commento al nuovo scenario uscito dall’urna sembrerebbe prevalere una in particolare. E cioè che le elezioni italiane sarebbero state una sorta di referendum nazionale sulle politiche economiche europee. Il successo di Grillo, sommato al recupero di Berlusconi (visti i tempi della sua campagna elettorale), proverebbe che la maggioranza degli italiani le ha bocciate. Il malessere che emerge nei messaggi inseriti nel blog di Grillo pare confermare questa lettura. Con il suo modo urlato, Grillo ha dato voce a un malessere che, senza radicarsi in forme tradizionali di protesta, è riuscito a giungere in Parlamento. Ciò evidentemente presta il fianco alle critiche, perché nelle vecchie forme di partecipazione, quelle di partito, il malessere era strutturato in progetto politico. Viceversa il grillismo resta un movimento di protesta senza un chiaro fine, se non quello di estromettere la ‘casta’ fuori dal Parlamento con proposte differenziate e per certi versi impraticabili, pur se poste sotto un vago riferimento all’ecologismo.

Tra qualche giorno ci sarà tuttavia una novità, ossia i grillini in Parlamento.
E’ vero che sono già alle prese con il governo locale a Parma e in Sicilia – dice Emilio Diodato, Professore associato di Scienza politica presso l’Università per Stranieri di Perugia -, ma diverso è l’impegno che li attende a Roma. Beppe Grillo potrà continuare a giocare il ruolo del profeta miliardario fuori dal Parlamento, ma i suoi dovranno dare un senso politico alla loro attività. A questo punto è ai grillini e non a Grillo che gli elettori di 5 stelle guardano. Il leader della coalizione che ha vinto alla Camera, Bersani, ha bisogno di lavorare con i grillini per ottenere la maggioranza in Senato e quindi governare. Se i grillini non vorranno collaborare, allora il lavoro di Bersani sarà tutto in salita, perché se accettasse l’appoggio dei parlamentari eletti nella coalizione di Berlusconi, allora rischierebbe di fare del suo Partito democratico uno dei tanti piccoli partiti. Ma se i grillini collaboreranno, e lo farebbero solo per realizzare il loro programma, allora proprio la dimostrazione di efficacia farà crescere il grillismo. Sono proprio questo dilemma e questo logorio a tenere l’Italia con il fiato sospeso”.

Cultura informatica e democrazia diretta, proviamo a fare alcune riflessioni.
1) Consenso sul web corrisponde al consenso nella realtà?
2) Si può fare una rivoluzione attraverso i social network?
3) Si può far politica solo con il web?
Sono tutte domande importanti; più cresce uno strumento di comunicazione, più si pensa che quello strumento sia destinato a sostituire tutti gli altri, e contemporaneamente possa andare oltre ciò che è: uno strumento di comunicazione! Chiunque però ritiene che “la rete sostituisce la politica” è semplicemente uno che in rete “ci guadagna”, che sta “vendendo se stesso come guru, e tendenzialmente sta anche “anestetizzando” le persone. In definitiva è un populista.

Qualunque ‘rivoluzione’, ma anche movimento, petizione, associazione, è facilitata nella sua capacità organizzativa da quanti più strumenti di comunicazione e interazione ha a disposizione. Nondimeno la storia insegna che le rivoluzioni più significative sono state quelle “popolari” in tempi in cui non c’era la benché minima tecnologia. Ma è impossibile fare una rivoluzione senza i rivoluzionari. Senza le persone materiali e concrete che ci mettono il proprio cuore, la propria mente e soprattutto il proprio corpo nelle strade, nelle piazze, nelle sedi sindacali, di partito, nei posti di lavoro. In questa convinzione collettiva, di un mondo facile, in cui si fa tutto senza uscire di casa, senza bisogno di incontrare l’altro, ci convincono che basta twitter per la rivoluzione, con un consenso in base al numero dei follower, che fare le cose e cambiare non comporti fatica o sporcarsi le mani. No, dunque, a scorciatoie né scappatoie. Di certo, questa “filosofia” cyber-omni-comprensiva corre il serio rischio, alienandoci, gli uni dagli altri, chiudendoci in individualità a dimensione virtuale, di farci disimparare cose importanti, come l’imparare a dialogare e confrontarci, ad indignarci, a opporci… a raggiungere accordi, a formare sodalizi veri. Avere persone vere che rispettino davvero il principio dell’ “uno vale uno”, nel senso che ogni persona una sola firma… bè, sì, è più difficile. La stessa associazione viene definita come un qualcosa di distante e distinto dai partiti “senza organismi direttivi o rappresentativi” e quindi senza alcun dibattito interno, congressi, discussioni aperte, votazioni su linee programmatiche ecc. Nulla di tutto questo: il “nuovo” movimento è soggetto solo al volere di un uomo solo. Decide solo lui. Ovviamente non mancano nei territori i soliti forum di discussione anche specifica su temi tra i più disparati ma la base di fondo dell’intervento politico non viene minimamente messa in discussione da tutto questo. Il bastone di comando appartiene solo alla cerchia più ristretta di Grillo e questo alla faccia dell’antipartitocrazia più sfacciata e propagandata degli ultimi anni. Stavolta se Beppe Grillo vuole giocare deve stare lui alle regole altrui, quelle della democrazia, quelle scelte (piaccia o non piaccia) da quella istituzione parlamentare che lui accetta, dal momento che vi candida il proprio movimento.

Rinascimento culturale-politico.
Sì, cultura, una tutela rigorosa del paesaggio e limiti netti alla cementificazione, talento creativo, più fondi a scuola pubblica e a ricerca. Dico di più: senza cultura e senza uno Stato sensibile a quei valori non si possa neanche immaginare una ripresa economica. Che soprattutto oggi è economia della conoscenza. Il vero nemico della Cultura è il disinteresse nazionale, che formalmente si esprime nella percentuale di spesa riservata ai Beni culturali.

Concludendo, attenzione al degrado cui può portare l’abbandono della democrazia e l’infatuazione per il partito del 100 per cento. Di recente sono andato a vedere qui a Roma il film “Lincoln”. Consiglio a tutti di vederlo. Si comprenderà forse come la politica non si faccia con sogni e illusioni, ma con lacrime e sangue, per raggiungere traguardi importanti e durevoli. Come l’unificazione americana. O come, l’Unione europea. Che qualcuno vorrebbe abolire con referendum, per tornare all’amata lira.

Cordialmente,
Pietro Di Tomaso


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