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ScuolaCampobasso
Pubblicato in data 14/10/2013 ● Click 1131

Il dimensionamento deve servire a dare una buona scuola agli studenti


Sergio Sorella © FUORI PORTA WEB

In questi giorni prosegue la discussione sulla razionalizzazione della rete scolastica. Registriamo che il clima non promette niente di buono. Alla riproposizione degli istituti omnicomprensivi, nonostante la loro residualità ed ai problemi che comportano, si aggiungono proposte estemporanee che non tengono conto né del contesto né delle norme di riferimento. Tanto che il presidente del Consiglio provinciale di Campobasso che si è occupato della materia, ha rassegnato le dimissioni e l’assessore regionale ha scritto ai sindaci un appello invitandoli ad un maggior senso di responsabilità. La scadenza del 20 ottobre, data entro la quale le province devono fare le loro proposte, si avvicina, ma intanto si registrano posizioni dei comuni più grandi che sono palesemente in contrasto con le indicazioni date dalla giunta regionale.

Occorre ripartire dalla sentenza n. 47/2012 della Corte Costituzionale; essa dovrebbe rappresentare un punto di riferimento autorevole. La Consulta, nel ribadire le prerogative delle regioni in materia di organizzazione scolastica, indica gli ambiti entro i quali tali prerogative possono essere esercitati, stabilendo che non ci sono obblighi, in materia, dettati dal legislatore nazionale. Ad esempio: non c’è l’obbligo di fare Istituti Comprensivi ovunque.

Il dimensionamento non può ridursi ad un atto amministrativo con obiettivi numerici: 54 istituzioni scolastiche al posto delle attuali 82. Deve essere un processo che tiene conto della necessità di costruire scuole che abbiano un senso educativo e didattico a seconda delle aree e dei territori (istituti comprensivi in continuità nelle zone decentrate; specificità delle superiori da salvaguardare; istituti con pochi plessi da gestire ecc.). Utile sarebbe stato individuare un parametro medio anche differenziato per ordine di scuola (primo e secondo ciclo) per istituto, per comunità territoriali e per aree con specificità linguistiche.

Si dovrebbero evitare la costituzione di istituti con un numero rilevante di plessi che interessano tanti comuni, impossibili da gestire con gli organici esistenti. Occorrono scuole dell’infanzia e primaria vicine all’utenza per evitare i disagi del trasporto; è bene istituire scuole primarie e secondarie di primo grado nell’ambito della garanzia della continuità territoriale con I.C. dove è assicurata una effettiva continuità didattica; conviene mantenere le direzioni didattiche e le scuole medie nei grandi centri, come accade nel resto d’Italia; è bene garantire la presenza di istituti di secondo grado secondo le specificità economiche del territorio (alberghieri, artistici, ITS, poli tecnologici, liceali, professionali). Si deve programmare la rete su base triennale al fine di istituire un organico triennale con un piano di investimenti in edilizia scolastica, in servizi e trasporto scolastico. Le scuole non possono essere considerate soggetti passivi che subiscono scelte pensate altrove o legate alle aspirazioni ed agli interessi di qualche dirigente scolastico o di qualche sindaco.

E’ sempre più urgente riprendere l’iniziativa politica affinché queste norme restrittive vengano cambiate. Cosa sta facendo in questo senso la nutrita delegazione parlamentare molisana? Non ci si può lamentare di norme restrittive e non impegnarsi per cambiarle.


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