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Pubblicato in data 23/12/2013 ● Click 1341

Gli auguri natalizi del Vescovo: "Il Verbo si fece carne"


Gianfranco De Luca © FUORI PORTA WEB

Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi: e noi abbiamo contemplato la sua gloria (Gv.1,14)
Queste parole, dell’apostolo Giovanni, ci dischiudono e ci fanno abitare il Mistero che celebriamo a Natale.

Il Verbo si è fatto carne ….
Il farsi carne del Verbo è il punto di arrivo della storia di Dio che si comunica all’uomo; cambia radicalmente la modalità della sua relazione con noi: l’Eterno, che è da sempre, si è fatto uomo, divenne partecipe della nostra condizione mortale.
Il Verbo, vien detto, non appare in forma umana; non si veste della nostra carne,si fa carne. In questo modo si mette alla pari con me, con te, con ogni uomo di ogni tempo e di ogni luogo, per entrare in comunione con ciascuno. Ci si riferisce, così, ad un uomo reale e concreto: Gesù. Ogni fragilità, debolezza e limite, l’essere-per-la-morte che appartiene alla mia ua condizione di persone umana, è divenuta la sua, è sua, gli appartiene.
Certamente un Dio così fa paura! Lascia disorientati. Infatti noi desideriamo diventare come quel Dio che concepiamo con la nostra mente: onnipotente, forte, invincibile, tutto luce e splendore, impassibile. Trovarsi dinanzi a Dio che si fa come noi: deboli, limitati, segnati dalla morte, ci scandalizza. Quale sicurezza può darci un Dio così?
La carne di Gesù, è la nostra carne, in Lui la nostra carne è la carne di Dio. E’ ardita e sconvolgente questa affermazione.
Questo è Natale!

… e venne ad abitare in mezzo a noi
La storia, lo spazio e il tempo, le trame delle relazioni umane, le circostanze quotidiane, il vivere e il morire, è abitato da Dio, che, facendosi carne, in Gesù, il Figlio, ha posto la sua dimora fra noi.
Tutto contiene la sua Presenza; dentro ogni cosa e ogni avvenimento possiamo entrare in comunione con Lui, perché Egli, per primo, ha fatto sua ogni cosa, abita la realtà.
Un Dio così vicino, così prossimo, corre il pericolo diperdersi, di non essere riconosciuto e accolto.
In realtà questa è la scelta più divina che Dio potesse fare: Dio o è Dio di tutti o non è Dio. Dio o è il Dio dei piccoli e dei lontani o non è Dio.[1]
“Fa che ti troviamo Gesù, lì dove tu ti sei voluto perdere per abitare tra noi: nel volto di ogni persona che incontriamo, nei nodi delle nostre relazioni personali a volte faticose, nelle trame della vita, in ogni occasione della giornata. Tu sei l’Emmanuele, Dio-con-noi, fa che ciascuno di noi, incontrandoti e accogliendoti, sia forte con te.”

… e noi abbiamo contemplato la sua gloria.
Tutto questo ha solo ed unicamente una spiegazione: Lui ci ama. Ci ama e basta!
Nella carne di Cristo si rivela e comunica Dio che è Amore.
Un amore che si perde per venirci a cercare, esce da sé, accetta la sfida del rifiuto, la furia omicida di Erode e la condanna a morte inflittagli in nome di Dio dai rappresentanti della religione, tutto per amore.
Gesù è il Figlio, -Giovanni nel suo vangelo, da questo versetto in poi, non lo chiama più Verbo – ma il Figlio Unigenito che ci rivela il Padre, il quale ci ama tanto da sacrificare il suo Figlio perchè in Lui e come Lui diventiamo figli. Lui è l’Unigenito; noi diventiamo figli accogliendo Lui.
Il contemplare di cui Giovanni parla non è un mera azione intellettuale e non riguarda la sola sfera spirituale, così come la gloria contemplata non è una realtà esterna a noi di cui siamo spettatori stupiti e compiaciuti. Il contemplare la gloria consiste nello scoprirsi, accogliersi e vivere dentro la novità del Verbo che si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
Il sapersi costantemente tra le braccia amorose del Padre che ci porta tatuati sul palmo della sua mano, e nel suo Figlio ci ha benedetti con ogni benedizione, accogliersi come frutto e destinatari in modo permanente e incondizionato dell’infinita tenerezza di Dio.
Consapevolezza ed esperienza che si inverano e manifestano concretamente nel nostro quotidiano nella fraternità accolta e vissuta nei confronti di ciascuno, senza distinzioni e preferenze. Fraternità che ha nella condivisione, nella solidarietà, e nella reciprocità dell’amore la sua concretizzazion
“Gloria a Dio nell’alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.
E’ questo il canto della moltitudine dell’esercito celeste che appare con l’angelo, dopo l’annuncio ai pastori, fatto proprio dalla Chiesa nella celebrazione del Santo Natale che si perpetua nella liturgia domenicale.
E’ questa la grande possibilità e capacità che ci dona il Natale: essere raggiunti e trasformati dall’Amore, fatti capaci di amare e amarci con lo stesso Suo amore.
E’ questo il Natale che voglio per me.
E’ questo il Natale che auguro a voi.

Buon Natale!


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