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EventiGuglionesi
Pubblicato in data 23/5/2025 ● Click 187

Salone internazionale del Libro 2025, "Il folle di Dio alla fine del mondo"


Giorgio Senese © FUORI PORTA WEB

Javier Cercas (con Enzo Bianchi)
Autore di Il folle di Dio alla fine del mondo
Guanda, Instituto Cervantes


Javier Cercas è uno scrittore e saggista spagnolo.
Al Salone presenta il suo libro che ama descrivere come un romanzo di non-fiction, un misto di cronaca, autobiografia e biografia (quella di Papa Francesco).
Il Vaticano gli ha spalancato le porte e, per due anni, ha potuto incontrare una serie di alti funzionari.

Javier racconta di come sua madre gli chiedesse ripetutamente se esiste una vita dopo la morte.
Voleva sapere se, dopo la sua morte, avrebbe rincontrato suo marito mancato tempo prima.
Ma suo figlio Javier non aveva una risposta.
Paradossalmente, però, è proprio da questa domanda senza risposta che parte questo suo racconto del viaggio al seguito di Papa Francesco in Mongolia.
Javier due anni fa, proprio qui al Salone del libro, mentre stava facendo il firma-copie, è stato raggiunto da Paola Vittore della casa editrice Guanda.
“Javier c'è un uomo del Vaticano che vuole parlare con te!”
“Il Vaticano?...vuole parlare con me?...strano!”
Quella persona era Lorenzo Fazzini, oggi Capo Ufficio nel Dicastero per la Comunicazione, con funzioni di Responsabile Editoriale della Libreria Editrice Vaticana.
La proposta che gli voleva fare era sconcertante.
“Papa Francesco a fine agosto farà un viaggio in Mongolia, (un paese di tradizione buddhista, meno di 1500 cattolici). Ha pensato a lei per viaggiare con lui.
Se fosse interessato noi siamo disposti ad aprirle le porte del Vaticano, lei potrà parlare con le persone che vuole e dopo potrà scrivere con assoluta libertà quello che vuole, un saggio, una cronaca, un romanzo.”
E alla fine aggiunse una cosa molto importante “La Chiesa non ha mai fatto questo, aprire le porte a uno scrittore e per questa ragione pensiamo che forse lei potrebbe essere interessato”
“Il Vaticano?...non sanno che sono un uomo pericoloso?” e ancora “Siete matti al Vaticano, siete diventati pazzi?, Io sono uno scrittore ateo e uno scrittore ha il dovere di raccontare la verità e questo rappresenterà un rischio per voi”.
Javier era un cristiano nel senso che, come tutti noi europei, figlio della nostra civilizzazione da Atene a Gerusalemme, da Gesù Cristo a Socrates.
Lui è nato ed è stato educato in Spagna, un paese fortemente cattolico, da una famiglia molto cattolica, in una scuola cattolica, ma a un certo punto, come racconta nel libro, ha perduto la fede.
Quindi, di primo acchito, la risposta a una simile proposta non poteva che essere negativa.
Però Javier ha aspettato che gli impulsi si raffreddassero per decidere.
Come perdere una occasione simile, la Chiesa è stata assolutamente fondamentale negli ultimi duemila anni di storia, dell'Europa, dell'Occidente, in tutti i sensi, politico, storico, etico, culturale.
Avrebbe avuto modo di vedere il Vaticano centro della Chiesa Universale e, insieme, la periferia più ultima del cristianesimo in Mongolia, alla fine del mondo in compagnia del Papa.
La scelta papale era maturata tempo prima, quando Javier aveva scritto un bel pezzo in occasione della morte di Benedetto XVI ed era stato pubblicato in Spagna.
Papa Francesco parlava molte lingue, ma in quel viaggio si disse, forse aveva voglia di parlare con qualcuno che usava la sua stessa lingua, quella del cuore.
Quella con cui poteva esprimersi con maggiore libertà e con maggiore precisione.
Padre Enzo Bianchi, presente alla presentazione del libro prende parola.
Racconta di come ha sempre seguito molto da vicino la figura e le vicende di Papa Francesco, ma soprattutto come ha avuto la grazia di poterlo conoscere bene e averlo come amico, con tanti incontri e anche con tanti schietti confronti.
C'era una confidenza grande tra di loro e il papa più volte gli avrebbe confidato le sue difficoltà e i suoi progetti, le sue immaginazioni.
Padre Bianchi ammette uno scetticismo iniziale da parte sua, ma dopo aver letto il libro si sente di affermare che Javier ha interpretato ed è riuscito a trasmettere, la figura più autentica di Papa Francesco.
“Non c'è effettivamente, secondo me, nessun altro tra i vaticanisti che abbiano pubblicato finora su Francesco, che l'abbia descritto in verità come riesce a fare lui.
Oserei dire, con una puntualità profonda su quelle che erano anche le domande di Francesco.
Io mi sono chiesto se fossero le domande che Francesco ha fatto a Javier o se erano le domande che Javier faceva a lui.
Cioè le domande di uno che è non credente finiscono per coincidere con le domande di un credente come il Papa il quale non ha la fede certa, ma una fede convinta così come dovrebbe essere per ogni credente.
Per cui è veramente un libro straordinario nel senso che non ce ne sono altri per ora che sono così capaci di darci la figura di Francesco e di entrare là dove c'erano, oserei dire, le sue passioni, perché Francesco era soprattutto un uomo di passione, ha fatto il Papa proprio con passione e sarà ricordato soprattutto per questo. Io credo che Javier con questo libro abbia fatto un grande servizio alla Chiesa”.
Javier riprende parola e racconta di come i giornalisti intervistavano il Papa sull’immigrazione, sull’Ucraina e sui fatti politici, ma lui si chiedeva perché non gli facevano domande sulla religione di cui lui era è il più grande rappresentante.
Perché non gli chiedevano come sarà la resurrezione della carne, cos’è la vita eterna?
Cioè le domande che sua madre faceva a lui che non sapeva rispondere
Da questo libro viene fuori un Papa anticlericale, la vita nella curia, i contrasti interni alla Chiesa, ma anche la dimensione spirituale di quella Chiesa di periferia che è missionaria.
Si capisce bene perché Francesco parlava di una chiesa missionaria, si capisce bene perché è andato a vedere i missionari alla fine del mondo, si capisce bene che per lui il cristiano ideale è il missionario, perché il missionario è quella persona che incarna il vero messaggio di Cristo, cioè una persona che abbandona tutto, che abbandona la sua famiglia, il suo paese, le sue ambizioni che tutti amiamo, i soldi, i riconoscimenti eccetera eccetera e va alla fine del mondo, non per evangelizzare e fare proselitismo, ma va ad aiutare la gente.
Questo libro ha restituito la completezza della figura di Papa Francesco, perché per molti era giustamente il papa dei poveri, il papa della giustizia sociale, il papa dei migranti, il papa che è andato a Lesbo, che è andato incontro agli scarti della società.
Però non è solo quello, è anche il papa che ha cercato di veicolare il messaggio evangelico con un nuovo linguaggio, sovente addirittura con l'umorismo, a volte addirittura con il paradosso, arrivando alcune volte, mi permetto di dire, (anche se poi i media non lo notavano e la gente non lo sapeva), al limite.
Rasentando l'eresia su alcune cose pur di aprire e sviscerare il Vangelo.
Ecco, Javier insiste su questo, in una Chiesa che non parla più dell'aldilà, che è muta sulla resurrezione, lui chiede una risposta perché sua madre l’aspetta.
Come sarà la vita eterna? sarà la continuità della nostra vita? non sarà forse la resurrezione delle nostre cellule, ma qualcosa che permetterà alla nostra identità di ritrovare le altre identità che ha amato e con cui ha condiviso la storia e la vicenda?
Perché questa è la Salvezza, questo è per dare un senso della nostra vita, l’angoscia umana si esprime tutta nella domanda di sua mamma “Cosa c’è dopo la morte”.
Javier conclude l’intervista tradendo nel tono della voce, il tumulto che l’esperienza di questo viaggio ha provocato nel suo cuore da non credente.
“Io li ho visti i missionari armati solo della fede, aiutare i poveri, aiutare le donne violate, i vecchi, la gente che non ha niente, cioè la gente con cui Gesù viveva ogni giorno.
E' impossibile non ammirare questa gente, non importa se sei laico, ateo, cattolico, non importa, è molto difficile non farlo”.
Un libro troppo denso da spiegare, un libro da leggere, rileggere e meditare.


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