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Solitudini d'autoreGuglionesi
Pubblicato in data 3/3/2013 ● Click 1497

Il bene comune


Redazione FPW © FUORI PORTA WEB

Per una riformulazione del “bene comune”

Occorre, tuttavia, proporre un passaggio ulteriore. Quali espressioni concrete possiede questo bene pratico comune dell’essere insieme? Importanti espressioni sono legate alle “pratiche solidali”. Infatti perché abbia senso parlare di pratiche solidali - volontariato, organizzazioni non profit - occorre riconoscere il bene comune sociale primario dell’essere insieme. Le pratiche di solidarietà esprimono la compartecipazione sia nei beni che nei carichi (pesi) sociali. D’altra parte, se vogliamo godere di questo bene comune in un modo non lesivo della dignità umana non possiamo mortificare (paternalisticamente) l’agire degli attori sociali: la sussidiarietà serve proprio a questo scopo, cioè esprime l’iniziativa (singola o collettiva), altrettanto fondamentale e non riducibile al tutto sociale stesso.
Per esprimere questo quadro complesso, Benedetto XVI ha fatto riferimento a quello che possiamo chiamare un vero e proprio schizzo architettonico della vita sociale. Dice, infatti, il Papa: «possiamo tratteggiare le interconnessioni fra … quattro principi – dignità umana, solidarietà, sussidiarietà e bene comune - ponendo la dignità della persona nel punto di intersezione di due assi, uno orizzontale, che rappresenta la "solidarietà" e la "sussidiarietà", e uno verticale, che rappresenta il "bene comune"» .
In questo “schizzo” ci sono dunque due assi fondamentali che dobbiamo trattenere, se vogliamo ripensare attentamente il significato del bene comune e delle pratiche solidali che lo esprimono:
(a) Sull’asse orizzontale: non è possibile rispettare la dignità umana senza aver cura solidale di chi è in difficoltà; ma non è possibile una solidarietà autentica senza garantire alle persone una fondamentale libertà di iniziativa. Così, se la sussidiarietà corrisponde alla dimensione di singolarità irriducibile della persona come protagonista e non oggetto della società, la solidarietà corrisponde alla dimensione della appartenenza sociale: duplice dimensione, la cui espressione e il cui rispetto sono indispensabili per una socialità a misura della dignità di ogni persona umana.
(b) Sull’asse verticale: il bene comune è il bene condiviso nella stessa socialità, che come bene umano non ha automatica attuazione ma va voluto e praticamente perseguito (la società è maxime opus rationis). Esso sta a fondamento della società, come un bene di persone il cui valore dà sostanza e insieme eccede il bene comune. Per questo il bene comune compiutamente inteso non si conclude con quello storico sociale, ma è aperto al bene comune delle persone come tali. In questo senso non è possibile rispettare fino in fondo la dignità umana senza adombrare una prospettiva escatologica di compimento della persona e di tutte le persone.
Diventa comprensibile quello che già Maritain aveva indicato nel 1947: c’è un bene comune – come San Tommaso insegna – che vale di più del bene dei singoli consociati; ma questo bene comune, che Maritain chiama «bene comune immanente», vale meno (è infatti “infravalente”) di quel bene cui la comunità umana è ultimamente ordinata e che per Maritain (come per Tommaso) è il «Bene comune increato delle tre Persone divine» . Si capisce allora perché Benedetto XVI affermi che la vera solidarietà compie se stessa quando diviene carità e che la vera sussidiarietà compie se stessa lasciando spazio all’amore: perché è qui, nella carità e nell’amore, che Dio “accade” come risposta inaudita alla promessa inscritta nel bene comune immanente .
Questo schizzo architettonico diventa allora un riferimento essenziale per tutte quelle dinamiche contemporanee che puntano a un’ipotesi di vita buona umanamente sostenibile. In particolare, le due coordinate (orizzontale e verticale) disegnano un framework che sembra diventare irrinunciabile per interpretare lo spazio sociale in senso autenticamente democratico:
a) l’asse orizzontale (sussidiarietà – solidarietà) è infatti compatibile solo con un’adeguata valorizzazione del protagonismo tipico nella società civile: l’idea, verso cui si stanno orientando le più acute interpretazioni sociologiche contemporanee, è proprio che c’è un capitale di solidarietà che solo gli attori della società civile sono in grado di generare e di cui nessuno Stato democratico può fare a meno. Da qui l’accento posto in maniera decisa su assetti istituzionali in grado di garantire, attraverso il principio di sussidiarietà, la libertà e le forme civili dell’essere insieme .
b) l’asse verticale (bene comune immanente – Bene comune increato) esige invece quella libertà che, da più parti ormai, viene riconosciuta sempre più consapevolmente come irrinunciabile: la libertà religiosa . Si tratta infatti di giungere a riconoscere che la dimensione socio-politica non può essere l’orizzonte esclusivo della persona umana .
Rinasce qui la questione: come proporre questo schizzo architettonico emergente dall’insegnamento sociale della Chiesa in una società pluralistica?

Angelo Card. Scola, Arcivescovo di Milano | IL SIGNIFICATO DEL “BENE COMUNE” | 26 APRILE 2012
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