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31/1/2017 ● Cultura
La Costituzione, la diseguaglianza sociale e la leadership renziana
La crisi economica ha aumentato la diseguaglianza sociale. Il risultato del referendum del 4 dicembre scorso ha mostrato anche questo. E, come annota Nadia Urbinati (cfr. Repubblica 18 gennaio 2017), gli italiani <<hanno anche fatto capire che in un tempo di grandi incertezze, la Costituzione è probabilmente la maggiore certezza che hanno. Nel dubbio, meglio non rischiare: questa la logica in filigrana della vittoria del No (…). Dal 2014 ad oggi è mancata una visione politica al di là dei destini della battaglia referendaria>>. Nadia Urbinati, politologa e giornalista, professoressa di scienze politiche alla Columbia University di New York fa una breve analisi della leadership renziana. <<Matteo Renzi ha esordito come presidente del Consiglio con una introduzione al volume di Norberto Bobbio, Destra e sinistra erano due paradigmi centrali che facevano da architrave del suo pensiero sulla nuova sinistra: innanzi tutto la revisione a trecentosessanta gradi della filosofia dell’eguaglianza (sulla quale Bobbio aveva costruito la dicotomia con la destra)e, in conseguenza di ciò, la ridefinizione della coppia destra/sinistra. Destra e sinistra, scriveva Renzi, non coincidono più con la libertà individualistica in un caso e la libertà che riposa su premesse di eguaglianza nell’altro. Questa dicotomia, aggiungeva, appartiene a un mondo in cui le menti e le idee erano ordinate per classi; oggi, alle classi è subentrata la complessità e quelle due grandi idee – quelle che danno identità alla nostra come a tutte le costituzioni democratiche – non servono ad orientarci né nel giudizio politico né nelle scelte. (…) Una sinistra moderna deve porsi l’obiettivo di attivare le energie individuali per portare gli ultimi a vincere la lotta darwiniana e salire su. Questa era l’idea di “nuova sinistra” con la quale Renzi ha inaugurato il suo governo: una visione che ci riportava al “self-made man” di ottocentesca memoria e che ha in effetti orientato le sue politiche redistributive, quelle sulla scuola e sul lavoro. Nella recente intervista rilasciata a Repubblica Renzi ha sostenuto che di sinistra c’è bisogno, e ha provato a coniugarla con altre dicotomie: esclusi/inclusi, innovazione/identità , paura/speranza.”Gli esclusi sono la vera nuova faccia della diseguaglianza, dobbiamo farli sentire rappresentati” (solo farli sentire o farli essere?). Ma come fare questo? Una risposta (di sinistra) sarebbe quella di partire dalla Costituzione (…). Combattere l’esclusione significa, allora, dare vigore alla capacità di governo e di rappresentanza che si sprigiona dalla cittadinanza. A questo serve una legge elettorale coerente. Ma non basta: occorre prendere sul serio gli articoli 2 e 3 che spronano a promuovere coraggiose politiche di opportunità al lavoro e all’educazione per dare a tutti/e le condizioni essenziali affinché la realizzazione personale non sia un’illusione o una vuota speranza. In questo contesto sta la sinistra: il contesto delle politiche del lavoro e dello sviluppo delle capacità . Il lavoro è la condizione imprescindibile dei cittadini moderni, e alcune costituzioni, come la nostra, sono molto esplicite nel riconoscerlo. E’ da questa visione democratica e sociale che nasce infine l’idea che l’iniziativa economica sia soggetta a vincoli, nel senso che “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale” o in modo da “recar danno alla sicurezza, alla libertà , alla dignità umana” (articolo 41). Bisogna volere mettere in opera la Costituzione. E’ questa la politica alla quale dovrebbe orientarsi con decisione una forza che si ispira a valori di solidarietà e di democrazia. Certo, non si tratta di progetti che stanno facilmente insieme a politiche liberiste, e che anzi mettono in discussione la filosofia degli 80 euro e anche buona parte della riforma cosiddetta della “buona scuola”. Partire dalla Costituzione è una condizione essenziale e non nebulosa per superare le divisioni e le fratture. Per recuperare la fiducia e credibilità dei cittadini, che non vogliono la luna o teorie sofisticate e astratte, ma una forza politica che si proponga di mettere in atto con intelligenza e passione le promesse della nostra democrazia>>. Insomma, la sinistra non scivoli “dalla social-democrazia al social-liberismo” (così Anne Hidalgo, sindaca della capitale francese).