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24/2/2020 ● Caro Direttore
A cosa serve la Storia ed a chi serve la Storia?
Caro direttore,
ho letto un suo breve commento a proposito di ricostruzioni surreali su vicende
minori della nostra storia locale, dove si rintraccia l’origine di esse “…in
un periodo di revisionismo “mediatico†dove ogni atto, documentato alla memoria
delle fonti archivistiche, è sottoposto al rischio di moralismo, l’attribuzione
delle “cittadinanze onorarie†tiene anche la politica, nonché un certo civismo,
(in)consapevolmente attiva sulla strettoia dello storicismoâ€.
Con la storia non si scherza. La memoria storica ha un valore formativo ed
esplicativo. La sua dimenticanza o una ricostruzione fuorviante o
fantasiosa alimenta un decadimento inevitabile di consapevolezza sociale
e ad uno spaesamento generalizzato.
Per questo, condivido ed apprezzo la presa di posizione. Che esprime
preoccupazione circa il ‘rischio moralistico’ nell’utilizzo di
certe informazioni ricavate da una lettura letterale, inesperta ed ingenua
di documenti di archivio.
Naturalmente, ognuno è libero di passare il proprio tempo come meglio crede. Ma
per diverse ragioni (che non sto qui a spiegare) credo nell’urgenza di
adoperarsi (in modo corale e metodologicamente fondato) per ri-costruire
una memoria storica della nostra comunità degna di questo nome.
Un obiettivo ambizioso e difficile dopo gli sconquassi degli ultimi trent’anni
del 900. In quali, se da una parte hanno falsificato paradigmi e quadri
interpretativi consolidati, dall’altra hanno fatto cadere in disuso (complice
anche interessate politiche pubbliche) la pratica della conoscenza storica.
A tal proposito è bene tener presente la constatazione del grande storico Eric
Hobsbawm. Il quale nella introduzione a Il Secolo Breve ebbe a scrivere:
“…la distruzione del passato, o meglio la distruzione dei meccanismi sociali
che connettono l’esperienze dei contemporanei a quella della generazioni
precedenti, è uno dei fenomeni più tipici e insieme più strani degli ultimi anni
del Novecento. La maggior parte dei giovani alla fine del secolo è cresciuta in
una sorta di presente permanente nel quale manca ogni rapporto organico
con il passato storico del tempo in cui essi vivonoâ€.
Insomma, per i nati negli ultimi decenni del secolo scorso, il ‘900 è diventato
brevissimo. Come se un terremoto avesse sepolto tutto e con esso la
memoria storica e l’interesse per essa.
In un tempo dove la spinta ad una marginalizzazione ed il rischio distruzione
di culture e saperi dei territori più deboli che formano la sterminata
periferia del mondo (di cui facciamo parte) risulta decisivo un recupero
critico e consapevole del sé collettivo ed individuale nei vari contesti
nei quali essi si trovano più o meno costretti ad agire. E questo solo la
conoscenza della storia può aiutare a farlo. Evitando derive e scorciatoie
resistenziali subalterne destinate alla sconfitta. Insomma, una rinnovata
consapevolezza storica per affrontare le sfide del presente.
Invece imperversano i venditori di fumo. Quelli che si approcciano alla ricerca
storica utilizzando, per riprendere la sua considerazione, il punto di
vista etico (che pone il cercatore come misura di tutte le cose passate,
presenti e future).
Lo storico per contro deve utilizzare una sorta di prospettiva emica
(un termine caro all’antropologia) per aprirsi alla comprensione delle ragioni
particolari che mossero i protagonisti. Tenendo ben presente, ovviamente i
complessi legami tra locale-nazionale ed extra-nazionale e tra passato e
presente.
In questo sforzo ben vengano i revisionismi. Se il caso, anche le critiche agli
errori ed orrori del passato, purché utili a contribuire ad un innalzamento
della consapevolezza storica. Ma a patto, di non utilizzarli ad uso e consumo di
esigenze che poco hanno anche vedere con una rigorosa indagine storica.
Bellocchio Cloridano