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		5/9/2008 ● Cultura
"Esperienze di vita di scuola", Ferdinando Gizzi, cap. 3
 Ferdinando Gizzi ● 2995
  Ferdinando Gizzi ● 2995 
        
        Ferdinando Gizzi
Esperienze di vita di scuola 
(diario di un direttore didattico)
Parte III
Mi ritrovo a Sessa Aurunca, in Terra di Lavoro. I miei vi si 
sono da poco trasferiti. Verso novembre per dare un perché alla mia esistenza e 
per dare un seguito alla licenza conseguita in Chieti e quindi alle conoscenze 
acquisite, a quel dolce tormento-spavento ma anche gioia dello studio, cominciai 
a pensare di proseguire la mia carriera scolastica. Ma che cosa? Liceo Classico 
o scientifico?
Le uniche scuole superiori esistenti a Sessa Aurunca, ma per me troppo difficili 
ed impegnative, anche per il naturale necessario sbocco all’Università. C’è 
un’altra possibilità: da poco è stato istituito anche l’Istituto Magistrale. 
Davanti a me, proveniente da un piccolo paese di collina, non vi sono che figure 
di contadini, di numerosi artigiani, di operai, di impiegati dell’Ufficio delle 
Imposte e del Registro, di pochi professionisti.
Sì, ci sono anche gente con solida posizione economica, con latifondi accumulati 
e che li fanno ritenere i maggiorenti del luogo.
Ma oltre a costoro, ci sono anche altre figure di persone che io ho conosciuto 
da vicino per cinque anni: i miei maestri. Mi sovviene soprattutto il ricordo di 
quello di quarta classe: il maestro Romildo. Che Maestro! Perché non seguire le 
sue orme? Già. Ma sarò capace di fare scuola? E tra dilemmi ed impennate, tra 
voli di fantasia e ragionamenti logici, mi iscrivo alla prima classe superiore 
dell’Istituto Magistrale e riprendo con molta buona lena a studiare. Riprendo 
sotto altro cielo, tra gente diversa, a dividere il mio tempo tra sogni, tra la 
solitudine, le ore dedicate allo studio e, come sempre, una volta la settimana 
il cinema.
Mignano mi accoglie dopo una sosta di qualche anno a Roccamonfina e sento subito 
l’abbraccio della gente che mi si stringe intorno per darmi il benvenuto.
Il turrito Castello che fu dei Fieramosca mi dice che questa è terra di gente 
fiera e ricca di tanta storia. Posta a mezza strada tra Cassino e Teano, lambita 
dalla strada nazionale Casilina, situata in una plaga ridente ai confini della 
Campania, che fu detta regione “Felce” costituisce anche la porta d’ accesso al 
Lazio. 
Mi amalgamo con estrema facilitĂ  favorita dal carattere cordiale e fraterno 
degli abitanti. Sento che qui mi è difficile essere invaso dalla nostalgia per 
il nido ove “fui nutrito sì dolcemente”.
Mi accorgo che non sono più il sognatore incantato d’un tempo: sono certamente 
diventato piĂą maturo, con i pensieri di un giovane che guarda sereno al futuro. 
Giunge nel frattempo il diploma magistrale (Pontecorvo 1941).
Comincia per me una nuova svolta nella vita. Nel momento in cui mi viene 
consegnato il diploma, ripenso al mio vecchio maestro di quarta e quinta classe. 
Quasi a voler chiedere a lui, che si trova a centinaia di chilometri di 
distanza, forza e sostegno nella difficile arte dell’insegnamento.
PRIME ESPERIENZE
5) Oggi (gennaio 1941) primo giorno di scuola, primo effettivo 
giorno in cattedra nella mia nuova veste di docente supplente nella scuola di 
Mignano.
L’impatto con il mondo del lavoro diventa per me un trauma. Chiamato, non appena 
diplomato, a coprire una classe rimasta priva di titolare, richiamato alle armi 
ed inviato al fronte di combattimento in Africa. 
L’incontro con la scolaresca (18 alunni di una classe terza mista) non si rivela 
difficile; il mio carattere in fondo buono fa subito colpo sugli alunni, con i 
quali stabilisco un flusso di simpatia reciproco, che mi serve da base per 
instaurare un clima di vera collaborazione, punto cardine di un proficuo 
insegnamento-apprendimento. 
Dopo qualche giorno vengo convocato insieme ad una collega napoletana dal 
direttore, residente in una localitĂ  distante dalla mia residenza parecchi 
chilometri, non servita da alcun mezzo di trasporto pubblico.
Giunti con un mezzo di fortuna al paese, ci rechiamo da lui, proprietario di un 
vecchio palazzo restaurato alla meglio.
Il discorso che ci fa ci lascia sconcertati: “Io sono disposto a prolungarvi la 
durata della supplenza, a patto che voi vi rendiate conto che la vostra funzione 
non può e non deve essere in contrasto con il clima politico oggi esistente. 
Dovete essere, cioè, bravi maestri, ma anche dei collaboratori attivi del P.N.F. 
Io non voglio grane con il Segretario politico del luogo, dal quale vi invito a 
recarvi per mettervi a sua disposizione”. (n.d.r.: P.N.F. era la sigla del 
Partito Nazionale Fascista: all’epoca si era in pieno regime fascista)
Ho deciso! Da oggi mi tocca diradare gli incontri con l’antifascista, dal quale 
sono solito apprendere i concetti di democrazia e di libertĂ . 
Se voglio rivederlo e parlargli dovrò, perciò, farlo in segreto, magari di sera, 
al calar del sole, lungo il marciapiedi che fiancheggia il Castello: oramai non 
ne posso fare a meno! I suoi ragionamenti sono per me sempre oggetto di 
meditazione, che mi procurano un intenso tormento e un desiderio di conoscere e 
vivere esperienze nuove.
Quando sto con lui la fantasia galoppa, e si pone al di sopra della dittatura 
imperante e dei ducetti disseminati un po' dovunque, anche nella scuola.
[Continua con prossima pubblicazione su Fuoriportaweb]
