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		8/9/2008 ● Cultura
"Esperienze di vita di scuola", Ferdinando Gizzi, cap. 4
 Ferdinando Gizzi ● 3186
  Ferdinando Gizzi ● 3186 
        
        Ferdinando Gizzi
Esperienze di vita di scuola 
(diario di un direttore didattico)
PARTE SECONDA 
IN CATTEDRA
1) CASALE DI TEANO
1° Ottobre 1948. Ho vinto il concorso magistrale, il primo 
bandito dopo il lungo periodo della guerra in cui erano sospese tutte le prove 
d’esame; periodo trascorso tra privazioni, paure, bombardamenti, devastazioni, 
fino al giorno della liberazione avvenuta il 2 di novembre del 1944.
Mi è stata assegnata la sede di Casale di Teano, una piccola borgata, poco 
lontana dalla “stele” che ricorda il luogo dello storico incontro di Garibaldi 
con Vittorio Emanuele II. Intorno al gruppo di case arroccate su di uno sperone, 
altri casolari sparsi; qualche capanno abbandonato. Ovunque, lo sguardo si posa, 
vicino o lontano, nella vallata o lungo i declivi delle alture che non lasciano 
vedere l’orizzonte, o negli impluvi che scavano fossati, lungo i quali l’acqua 
piovana ne rode i fianchi, provocando qua e lĂ  qualche frana. Un senso di 
selvaggia natura tra il verde cupo degli alti alberi, dai quali affiora il rosso 
delle tegole delle poche case del villaggio.
Oggi primo giorno di scuola, primo effettivo giorno in cattedra nel ruolo 
provinciale. Ha inizio la mia vera vita di scuola come maestro. La mia 
condizione di supplente mi ha sempre dato il senso del provvisorio, di qualcosa 
di diverso, magari, che possa avvenire e dare una sterzata in altra direzione.
Ho conosciuto qualche madre (i genitori si disinteressano dell’educazione dei 
loro figli) e la scolaresca. Nove alunni in tutto: tre di prima, due di seconda, 
uno di terza, due di quarta, uno di quinta. Una scuola unica pluriclasse.
I vestiti rattoppati e scoloriti, i volti scarni delle femminucce, mi davano la 
sensazione delle dure condizioni di vita di quassĂą.
Ne sono alquanto sorpreso perché la zona mi è nuova, anche se risiedo non molto 
lontano e ogni sabato pomeriggio raggiungo i miei. La scuola è ospitata in un 
locale di fortuna, in una piccola casa del borgo, a cui si accede attraverso una 
scalinata esterna. Si tratta di un locale con il basso soffitto, poco illuminato 
se non dalla porta che viene lasciata aperta nella parte superiore. Sul 
pianerottolo vi è anche l’ingresso in comune della famiglia della contadina che 
fa anche la bidella e che abita di fronte. 
C’è una stufa in terracotta che a malapena si regge su di un rialzo in mattoni 
forati. E’ collegata da un tubo di ferro alla canna del camino. Mi dicono gli 
alunni che fa molto fumo specie quando tira il vento del nord. Vedremo se ciò 
risponde a veritĂ . 
Per i bisogni corporali, bisogna uscire all’aria aperta e recarsi ad un piccolo 
pagliaio ricoperto di frasche, posto non molto lontano. Oggi primo incontro con 
gli alunni: solo incontro con consigli sul modo da tenere in ordine i quaderni 
(ma li avranno?), sui libri, sul comportamento da tenere in classe e fuori. E’ 
inutile parlare di grembiulini. Raccomando alle mamme di far si che i ragazzi 
rispettino l’assiduità e la puntualità, le informo della mia precedente 
esperienza didattica e della stima e simpatia che mi sono guadagnato altrove.
Mi accorgo che è brava gente; dai loro volti traspare tanta genuina bontà. Sono 
sicuro d’essere ben compreso.
Alle ore 11 ci portiamo nella chiesetta posta all’estremità occidentale del 
borgo per la funzione religiosa; un sacerdote è venuto dalla chiesa della vicina 
borgata piĂą grande. 
Nelle ore pomeridiane dello stesso giorno mi reco a Teano, sede della Direzione 
e dell’Ispettorato a ritirare documenti e un po' di cancelleria, fornita dal 
Patronato Scolastico. Parto, subito dopo aver consumato il pasto. Un viaggio 
pieno di sorprese, ma con tanta gioia, fatto con il mio primo mezzo di 
trasporto: il ciclomotore. 
La strada presenta un tracciato reso quasi impraticabile dalla pioggia col 
cattivo tempo, mi appare come una stretta striscia in mezzo ad una vegetazione 
folta e quasi soffocante. Ma non per questo altrettanto magica. A volte 
s’incassa fra le gole, poi si volge verso levante per girare subito dopo verso 
ponente e scomparire tra gli alti castagni. Solo raramente esce in piena luce 
per far apparire un pallido sole ottobrino. 
La visione è incantevole: sommità r declivi, vallate e pendii e a tratti, nei 
punti senza vegetazione, un orizzonte ampio, poco disteso ma assai riposante.
Ogni tanto fermo il mio mezzo di locomozione, che, dato il pendio della strada, 
deve essere aiutato a proseguire pigiando sui pedali. Allora mi soffermo a 
rimirare le inconfondibili bellezze della natura; poi risalgo in sella e 
riprendo il cammino, per fermarmi di nuovo a riprendere un po' di respiro.
Vedo qualche contadino intento a ripulire di foglie secche cadute ai piedi dei 
castagni, farne un mucchio e bruciarle.
Qualcuno, che cammina in senso inverso ai bordi della cunetta, mi saluta anche 
senza conoscermi. Quanto sono gentili qui! Mi sento anch’io invaso da un senso 
di generositĂ  verso il prossimo, desideroso di vivere insieme agli altri, di 
dare. Ma anche mi sento libero, quassù. Ed assaporo l’inestimabile valore della 
libertĂ  individuale, senza limitazioni imposte dalla vita di paese, dove le mura 
delle case ti ostacolano la visione del cielo. Insieme a tanta gioia e serenitĂ , 
fa capolino il. pensiero di non poter dare tutto quello che occorre per guidare 
i miei alunni verso una vita migliore. E’ un pensiero che sin da stamani mi 
ritorna in mente e mi turba. 
Dopo quasi tre quarti d’ora, eccomi a Teano. Mi presento al Segretario (il 
Direttore non c’è), un brav’uomo dal sorriso accattivante e propenso ad 
ascoltare le mie richieste. E’ un uomo con una preparazione professionale che 
balza a prima vista e che ti infonde fiducia: la sua accoglienza è calorosa, 
cordiale, quasi da protezione. Ritorno a Casale quando il sole è scomparso e 
sono calate le prime ombre della sera. Trovo la buona Giovannina che mi offre 
ospitalitĂ  e un pasto al giorno. Ho tanta fame. A Casale in fatto di cucina 
bisogna accontentarsi. La vita è avara. Unica abbondanza (dipende dalle annate) 
sono le castagne. Imparerò a mangiare solo castagnaccio. Sono un po' dispiaciuto 
per la mancanza di energia elettrica e delle comoditĂ  ad essa connesse. 
Ritornare al lume a carburo mi procura un senso di malinconia, specie quando 
piove e le giornate scorrono lente, quasi non volessero passare mai.
Nei giorni seguenti continua e si consolida sempre piĂą il mio incontro con la 
realtĂ  scolastica, con i miei alunni. Sono ragazzi buoni, che sanno comprendere 
il disagio di vivere in un ambiente in cui io mi sento a volte, anche 
apertamente, a disagio, abituato ad altre comodità. Non è raro che essi mi 
leggano sul volto, unitamente al mio entusiastico fervore nel lavoro, lo 
scoramento. Lo so, lo sento forte dentro di me. Mi piace fare il maestro, anche 
di una piccola sperduta pluriclasse.
Quando la nostalgia mi assale, vedo tutto nero. Mi sembra di essere diventato 
maestro per sbaglio, ma subito dopo sento un amore immenso per l’insegnamento 
nel quale avverto la gioia della conquista, perché zelo e fervore mi dirigono 
sapientemente. Poi torna ad assalirmi anche un dubbio: Sto lavorando bene? Mi 
sento portato verso l’insegnamento? La mia preparazione specifica è idonea ad 
insegnare agli altri i primi rudimenti del sapere? 
Bastano solo desiderio, volontà, passione? O la mia è pura velleità?
Man mano che i giorni passano si fa sempre piĂą chiara la conoscenza dei miei 
alunni, dell’ambiente in cui essi vivono e delle condizioni delle loro famiglie. 
Mi convinco sempre di piĂą che mi trovo in un ambiente sano, tra gente alla 
buona, con un grado di istruzione assai basso. Non posso aspettarmi dai genitori 
alcun aiuto sul piano didattico. Proprio su questo piano i miei timori sono da 
temere di più: “se dal mio impegno dipende il superamento dello scoglio 
maggiore: far leggere e scrivere Carlo, Rosanna e Corrado, i quali non sono in 
grado di tenere in mano nemmeno la matita. Vuoi vedere che saranno proprio 
costoro a costituire la mia più prestigiosa soddisfazione?” mi chiedo.
Poco prima di Natale Carlo Rosanna e Corrado sono, infatti, proprio loro ad 
evidenziare il frutto del mio lavoro, perché sono già capaci di scrivere parole 
e semplici frasi sotto dettatura e anche ad esprimersi con semplici e genuini 
pensierini, come “Buon Natale, papà e mamma”.
Che gioia per loro e per me: ora sanno scrivere i nomi delle cose e delle 
persone. Presto anche i loro pensieri, i loro sentimenti. Sono contento 
dell’attività che svolgo. I montanari del luogo, quando mi vedono, si levano il 
cappello in segno di rispetto, malgrado abbia detto loro ripetutamente di non 
farlo.
L’orario di servizio per me non esiste: anche qualche ora in più di lezione non 
conta, anzi, quando occorre, do lezione anche di pomeriggio, senza pretendere 
alcun compenso.
Talvolta mi comporto con loro come fossi un loro compagno.
Vivo così la mia giornata a Casale: con i miei alunni, con qualche scambio di 
parole con la gente, che a volte mi vede lungo uno dei tanti viottoli verso la 
vegetazione più folta: lì leggo e lentamente cammino, penso, rifletto, 
fantastico. A fine settimana col mio ciclomotore torno a casa. Scendo verso la 
valle senza smettere di pensare e osservare e con la gioia in cuore di tornare a 
rivedere Mignano e i miei.
[Continua con prossima pubblicazione su Fuoriportaweb]
