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		23/9/2008 ● Cultura
"Esperienze di vita di scuola", Ferdinando Gizzi, cap. 6
 Ferdinando Gizzi ● 3434
  Ferdinando Gizzi ● 3434 
        
        
Ferdinando Gizzi
Esperienze di vita di scuola 
(diario di un direttore didattico)
6
Giorno triste. E’ morto Gaetano, mio caro amico. E’ morto forse di peritonite. 
Una breve agonia in una cameretta della sua abitazione. Prima un alternare di 
speranza e di sconforto, poi la fine. Poveretto, Gaetano, e sfortunato oltre 
ogni dire !
Quanto poco ha goduto nella sua vita: la cecitĂ , figlia della guerra, non ha 
spento fino all’ultimo istante della sua vita, il desiderio di essere a fianco 
della sua donna, da lui voluta e desiderata nel segreto del suo cuore per tanto 
tempo. Se n’è andato così: col sorriso sulle labbra, quasi ad accogliere la 
Morte, come si può accogliere l’arrivo di un amico che si aspetta da tanto tempo 
e che improvvisamente arriva.
La sua scomparsa genera in me un cambiamento; mi sembra che tutto intorno abbia 
cambiato colore e forma, che le stesse cose inanimate emanino un profondo senso 
di malinconia, di speranze spezzate, di aneliti a stento repressi.
Quasi non capisco l’atteggiamento degli amici, i quali dopo averlo accompagnato 
all’estrema dimora, si mostrano ancora sereni e rassegnati. Senza parlare, poi, 
dell’indifferenza delle persone estranee che incontro, che sono sorridenti e 
festaioli. Solo Nello è triste come me. Lo so. La vita continua. Guai se tutti 
dovessero assumere il volto del dolore perché se n’è andato un amico o un 
conoscente.
Eppure l’atteggiamento di costoro non lo capisco, mi infastidisce. Il motivo è 
che sento che qualcosa è mutato dentro di me, profondamente. Forse perché 
Gaetano è morto ancora giovane, è andato incontro al mistero dell’al di là 
quando aveva ancora tanta gioia di vivere, di restare con noi.
- Sono passati alcuni mesi ed il mio volto è tornato sereno. A lenire il mio 
stato di prostrazione sono i libri, è lo studio, nel quale mi sono tuffato a 
cercare forse nuova forza e grande fede nei nobili ideali di vita. Ma lo studio 
fatto così lontano dall’Università mi procura sacrifici e fatica; senza poter 
frequentare assiduamente le lezioni, ma solo intento a studiare sui libri per 
poi presentarmi con tanti patemi d’animo agli esami. 
I miei saltuari viaggi a Roma sul treno “accelerato” non sono sufficienti a 
instaurare un rapporto sereno con il mio corso di studi e con i professori che 
molto tengono alla frequenza. Ma come è possibile fare diversamente ? Come 
conciliare lavoro e studio, meglio di così ? Qualche volta sono preso dalla 
stanchezza e non ho voglia di studiare. Allora seguo i miei pensieri che si 
affollano alla mente oppure rifletto sui concetti fondamentali degli autori dei 
libri. Fuggo così la realtà. Ma c’è sempre il collega Monti che ogni volta si 
apre a piĂą intime confidenze. Questa volta mi parla della sua ragazza, la 
signorina Lisa, studentessa della facoltĂ  di Lettere. La sua storia mi piace e 
mi invita a distrarmi e a sognare. 
Maggio 1951. Composizione in collaborazione: è lunedì, e l’ora indicata (10) nel 
mio orario delle lezioni.
Gli alunni in precedenza si sono affollati intorno alla mia cattedra per 
mostrarmi i compiti fatti a casa. Ne approfitto per farli esercitare un po' nel 
calcolo orale. Li invito anche a narrarmi come hanno trascorso la giornata di 
ieri pomeriggio a casa per stimolarli a parlare nella lingua italiana e ad usare 
vocaboli appropriati. 
Le loro espressioni sono purtroppo stentate, scarne, spesso contorte e faticose 
e il piĂą delle volte infarcite di vocaboli ed espressioni dialettali. 
Stiamo discorrendo di un argomento propedeutico allo svolgimento del tema, 
quando sento parlare qualcuno; la voce viene dal corridoio, e dalla porta 
socchiusa si affaccia la testa di un uomo che subito riconosco essere quella del 
direttore, che dice: “Ti presento l’Ispettore Mazza”. Uomo alto, ben piantato, 
con larghe spalle e con un vocione dal chiaro accento partenopeo che a prima 
vista mi intimorisce.
E’ proprio l’ispettore della Circoscrizione di Teano, che è venuto per stabilire 
se io sia idoneo a superare il periodo di prova (triennio) per essere promosso 
ordinario e quindi confermato in pianta stabile. 
Mi chiedo: “ ma è proprio necessario che si scomodi un ispettore per vedere se 
io sia idoneo al servizio d’insegnamento? Non bastano i giudizi del direttore 
Ferruccio che pure ha sempre apprezzato il mio lavoro e tanto mi stima come 
maestro e come uomo? E poi, voglio dirlo sinceramente: io non amo questi termini 
che sono sì validi dal punto di vista strettamente giuridico, ma che per me 
sembrano anacronistici”. 
Io infatti propendo nella vita a considerarmi piĂą straordinario che ordinario. 
Ma bando all’accezione dei due termini e alla simpatia per l’uno o per l’altro.
Da quel signore alto e grosso seduto nella mia malferma sedia dipende tutto il 
futuro della mia carriera di maestro.
Io, per natura timido, vengo preso dalla sorpresa dalla quale mi riprendo 
lentamente . Viceversa gli scolari non danno eccessivo peso all’inaspettato 
visitatore. Si direbbe quasi che a loro interessa ben poco. Do all’ispettore, su 
sua richiesta, il registro di classe. Lo osserva, guarda se è curato 
l’aggiornamento. Si sofferma sul modo come è stato redatto e il programma 
mensile delle diverse materie. Legge le note di cronaca. Prende appunti, e alla 
fine firma il registro nell’apposito spazio a lui riservato. 
Il direttore intanto si districa a mala pena fra i banchi messi una accanto 
all’altro nel poco spazio disponibile ed anche lui provvede ad interrogare 
qualcuno. Dopo la rapida attenta lettura del registro l’ispettore mi chiede: “ 
Che cosa stanno facendo i suoi alunni?”
“ Ci stiamo preparando per una composizione in collaborazione”
“ Su che cosa è caduto l’argomento?”
“ Sulla raccolta del grano, lavoro intenso in cui fra non molto saranno 
impegnati grandi e piccoli qui, in questa zona”
“ quale è il metodo che lei segue per orientare meglio i suoi scolari? Per la 
preparazione impiega un solo giorno oppure altri giorni? Come vengono aiutati 
nel lavoro personale? Gli alunni hanno a disposizione materiale per la 
consultazione, oltre naturalmente il libro di testo? Consultano un vocabolario?”
Si fa, quindi, dare i quaderni di bella copia. 
“Come mai i suoi alunni scrivono così poco? Perché sono poveri di idee? Perché 
la loro forma è scorretta?”
“ Signor ispettore, sono alunni di una frazione, parlano tra loro sempre il 
dialetto; a casa non fanno quasi mai nulla perché i genitori non sono in grado 
di seguirli”.
L’ispettore pare alquanto convinto. Passa poi alle interrogazioni di aritmetica, 
scienze, storia e geografia e gli alunni rispondono abbastanza bene. Una bella 
figura ha fatto Carletto, un ragazzo che non studia mai, che scrive malissimo e 
disturba continuamente gli altri. Ha risposto sfoderando prontezza e 
disinvoltura, a tutte le domande. Come sia riuscito a farlo, non lo so! Proprio 
lui che è il più distratto e turbolento della classe! L’ispettore procede nel 
farli leggere, osserva i cartelloni murali e li trova antiquati e niente affatto 
aggiornati, dĂ  uno sguardo al mio diario giornaliero (naturalmente elastico) 
delle materie che io sono solito distribuire opportunamente alternandole in base 
all’impegno che esse richiedono. Poi da uno sguardo agli appunti scritti via via 
e mi anticipa il giudizio positivo: idoneo a passare ordinario. Prima di alzarsi 
mi da dei consigli: insistere presso le autorità comunali perché gli arredi e i 
sussidi siano piĂą adeguati e aggiornati e mi raccomanda di impegnarmi 
maggiormente utilizzando tutti gli accorgimenti, nell’insegnamento della lingua, 
usando in particolar modo le tecniche del Payot e Posinait.
“Bravo, mi compiaccio con te. Forse ci rivedremo l’anno prossimo”. Quando 
unitamente al direttore varca la soglia dell’aula per andare via, lo osservo 
attentamente e mi pare di leggere nel suo viso tanta bontĂ .
3) MIGNANO
Sono tornato a Mignano, dove risiedono i miei da oltre dieci anni, in data 1 
Ottobre 1952, trasferito su mia domanda, e come titolare di una cattedra. In due 
anni sono a casa mia, nel mio luogo di residenza, a differenza del collega Monti 
il quale è costretto a fare ancora sacrifici e vivere a qualche centinaio di 
chilometri lontano da Napoli. La facilitĂ  con la quale ho ottenuto il 
trasferimento è la prova di come sia poco desiderabile avere una sede 
all’estremo limite della regione campana e della provincia di Caserta. Mignano 
non è che un piccolo, anche se grazioso, paese con anche gruppi di case sparse e 
di piccole frazioni come Caspoli, Campozillone, Moscuso, Annolise.
Il paese è ricco di storia, che ruota intorno ad un maestoso castello che fu 
anche dei Fieramosca e dove venne firmata la pace detta proprio di Mignano tra 
il Papa Innocenzo III e Roberto il Guiscardo nel 1139. Il gioco dei monti 
vicini, degli avvallamenti, delle chine che scendono verso i due ruscelli (Peccia 
e Rivo) evocano paesaggi alpini. L’accesso alle frazioni si ha attraverso 
incerte strade, da seminascosti sentieri, da qualche malfermo ponte. Il richiamo 
delle campane invita ad incontrarsi nella piazza antistante il sagrato e 
l’edificio ove hanno sede anche Municipio, le scuole, il carcere. Qui mi 
incontro con gli amici a discorrere di tutto. Si ricorda, si rievoca, si 
progetta.
Le notizie corrono con rapiditĂ , anche se qualche evento si verifica in una 
frazione distante come Moscuso e con non agevoli vie di comunicazione. La 
notizia, qualunque essa sia, corre rapida ripetuta da chi sente prepotente la 
necessità di parteciparla a parenti, amici, conoscenti. Vengono così mantenuti 
saldi i vincoli di amicizia, anche quando le condizioni del tempo sono 
sfavorevoli, quando soffia un vento impetuoso (che qui è di casa) e durante il 
periodo invernale, che per la verità qui non è poi tanto inclemente. Dopo la 
furia devastatrice della guerra, ora c’è un nuovo edificio scolastico costruito 
in una zona per la veritĂ  poco centrale e, secondo me, troppo vicino al ciglio 
di un’altura, dato che il lato sinistro posteriore è posto proprio a strapiombo.
“Siamo sicuri di non scivolare a valle? E se dovesse svegliarsi il vicino 
vulcano spento di Friello, dove si va a finire?”
Segnali ce ne sono sempre stati, specie negli ultimi tempi, quando ripetute 
violenti scosse telluriche hanno addirittura creato delle larghe crepe nella 
principale via del paese. 
“ Che Dio ce la mandi buona!”
Siamo dieci insegnanti, ognuno ha la propria aula spaziosa e ben illuminata da 
due ampie finestre. Le scolaresche sono alquanto numerose . La mia classe (una 
quarta mista) è più consistente delle altre: 40 (?) alunni; una classe ben 
preparata, che da quattro anni porto avanti con impegno e dedizione. 
L’arredamento è moderno e funzionale, la cattedra troneggia nell’ampio spazio 
tra banchi e sussidi vari. Come mi sembra lontano quel 1941 e poi gli anni 
immediatamente seguenti; furono quelli il mio vero banco di prova di duri 
sacrifici, quando, cessato il fragore assordante dei cannoni, ridotto il paese 
ad un cumulo di macerie, mi sono ritrovato lungo la strada che porta alla 
fontana Castello con i miei scolari e in compagnia del mio amico collega Mario; 
Tutti seduti su pietre di tufo ad impartire a quei piccoli ancora spaventati, le 
prime nozioni del sapere; quando eravamo tutti intenti a scavare sotto le 
macerie per salvare qualche documento scolastico, con cui riaprire un ufficio, 
sotto l’amorevole incoraggiamento del direttore Ferruccio, mio primo vero ed 
unico direttore didattico del dopoguerra a Mignano. E’ colui che ancora oggi mi 
dĂ  consigli, mi stimola a continuare gli studi universitari, mi indirizza verso 
nuove tecnologie e nuove esperienze didattiche. Mi affascina la sua passione, la 
capacità, il tatto, il suo particolare “stile” di presentarsi al cospetto dei 
maestri. 
Il rapporto con i colleghi è più che ottimo, anzi fraterno. E’ per questo che 
con uno di essi, Mario, stabilisco un rapporto di parentela spirituale, 
battezzandogli il primo figlio, Alfredo, nato dal matrimonio con una bella 
ragazza del paese, Elide.
Talvolta mi tocca ascoltare le disavventure della collega Ratti, una maestra 
dimessa, modesta, forse non eccessivamente dotata dal punto di vista 
professionale. Vuole consigli continuamente. Si è stabilita qui perché il marito 
è da queste parti. Deve essere un po' avara. Ostenta di fare vedere il suo 
portamonete; forse perché è alquanto sdrucito. Un giorno arriva a scuola di buon 
mattino.
“ Ho perso il mio portamonete. Perché non vedi se qualche tuo alunno l’ha per 
caso trovato?”
Poi ho saputo che è stato il marito a sottrarglielo. Come fa la povera Ratti a 
sopportare quel marito, che vive alle sue spalle, un uomo senza iniziative, 
senza altro pensiero se non quello di bighellonare per le vie del paese !
Un diversivo. Oggi la collega Maria non è venuta a scuola e, come da comune 
accordo, ho fatto entrare nella mia aula anche i suoi alunni, non molto numerosi 
questa mattina: appena 10. 
Ho notato subito la seria e completa preparazione di tutti, ad eccezione di un 
bimbo gracile, dall’aspetto dimesso che se ne sta quieto quieto nell’ultimo 
banco con atteggiamento distratto, quasi assente, e per nulla interessato 
all’argomento che sto trattando. Mi avvicino a lui, cerco di incoraggiarlo a 
stare piĂą attento, ad interessarsi di piĂą; prendo in mano i suoi quaderni e mi 
rendo subito conto che la sua preparazione è disastrosa: i suoi pensieri sono 
indecifrabili e le frasi infarcite di errori di ortografia imperdonabili. Adesso 
capisco la ragione per la quale la collega se lo porta avanti, promuovendolo 
immeritatamente. Me l’aveva detto qualche giorno fa: “ Sai, è figlio di un 
carabiniere in pensione il quale, tornato al paese, non sa fare di meglio che 
scrivere lettere anonime contro chiunque. Se anche il figlio saprĂ  scrivere come 
il padre, quando sarĂ  grande, ricalcando le orme paterne, per il noto principio 
dell’ereditarietà dei geni, potrà essere nocivo alle nuove generazioni.” Che 
strana idea! Ma sarà poi proprio così? Oppure quel bambino gracile e ignorante 
troverĂ  ulteriori stimoli nella societĂ  per colmare le lacune che la scuola ha 
incoraggiate e promosse?

... i miei saltuari viaggi a Roma [Archivio famiglia Gizzi]

... dopo la furia devastatrice della guerra, Mignano Montelungo [Archivio famiglia Gizzi]
[Continua con prossima pubblicazione su Fuoriportaweb]
 
