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		27/9/2008 ● Cultura
Tra le pietre dell’antica chiesa di san Nicola di Guglionesi
 Luigi Sorella ● 3399
  Luigi Sorella ● 3399 
        
        Per la Città di Guglionesi il culto a san Nicola di Bari rappresenta uno dei momenti per eccellenza della 
partecipazione, sentita ed intensa, alle manifestazioni di religiosità popolare, 
che un po’ tutte le comunità programmano, periodicamente nella vivacità della 
stagione estiva, tra riverenza e devozione, tra evocazione ed emozione, e 
comunque nel rispetto filiale verso questo o quel Santo della Chiesa.
A Guglionesi il culto a san Nicola ruota intorno al suo monumento, un gioiello 
dell’architettura medioevale, non solo del Molise. Per voi che visitate 
l’edificio, appare protetta dal tessuto urbanistico del borgo, e la si scorge 
all’improvviso sulla strada, dalla solidità vesuviana, che taglia il centro 
storico in due parti, sia salendo, sia scendendo.
Provate ad immaginare, per un solo istante, l’eventualità di abbattere tutte 
quelle case che oggi ne contestualizzano il sito. Si riuscirà ad intravedere una 
straordinaria chiesa romanica, isolata sulla sommità del colle, con il fronte 
monumentale avvolto nei colori caldi dei monti di ponente, e le conche absidali 
accese dai primi riflessi del mare di levante. Tale poteva essere la suggestione 
agli occhi dell’uomo del Medioevo.
Tutta quella pietra necessaria per edificare la chiesa, e a conti fatti ne è 
davvero tanta, doveva in qualche modo reperirsi sul posto, perché è complesso, 
faticoso, dispendioso, anche per gli animali, trasportare una quantità così 
copiosa di massi pesanti. Per di più, sulla sommità di un colle. Nasce fondato 
il sospetto di una cava adiacente il cantiere, il che significa lo spostamento 
di arenaria compatta dalla suo sito di deposito geologico verso il cantiere 
della chiesa, posto lì, a pochi passi. Il dislivello altimetrico, che oggi c’è 
tra la parallela strada Guiscardo e il sagrato del monumento, forse è 
determinato un po’ da un contingente scollinamento e per un altro po’ da una 
presunzione urbanistica connessa alla “evacuazione” da cava, imputabile al 
cantiere della chiesa per san Nicola. Si racconta, inoltre, che la sommità del 
colle era immerso in un bosco, colorato dalle sfumature cromatiche del verde 
mediterraneo. E allora il tutto si arricchiva, non solo di colori, quelli 
preferiti dalla vegetazione e dalla pietra, ma di profumi, che olezzavano nelle 
correnti sulla sommità del colle, tra misticismo medioevale e sacralità 
monumentale.
Certo, per noi che viviamo la contemporaneità riesce piuttosto facile 
sprofondare nel passato, come abbiamo indegnamente tentato di fare, ma nemmeno 
l’enigmatica genialità dell’uomo medioevale osava prevedere che oggi, su quel 
colle, fosse ancora resistito …quello che c’è!
Un monumento che sopporta - nonostante tutto e tutti - la diabolica perseveranza 
umana, tentata troppo spesso di cancellare ciò che fatica a comprendere. 
D’altronde si tratta di un mucchio di pietre. Di un’altra civiltà. Va bene. 
Diligentemente costipate, laboriosamente scolpite, inconcludentemente modellate, 
lentamente divorate, ma pur sempre pietre, senza anima e senza voce. Allora 
ricorriamo alla ricerca di carte sporche, quelle antiche, le più antiche, quelle 
che fanno la voce grossa, quelle che non si possono negare (almeno!), le più 
attendibili fonti del sapere, quelle che, se sfogliate, sanno svelare i segreti 
più intriganti e complicati. Subito una data: ricorre l’anno del Signore 1049, 
quando si cita in un codice benedettino del monastero di santa Maria delle 
Tremiti una donazione che vede oggetto proprio la chiesa di san Nicola a 
Guglionesi. Non vi è la certezza storica che si possa trattare dello stesso 
monumento giunto alla nostra quotidianità, piuttosto una spe-ranza urbanistica, 
che deve fare i conti con l’intreccio stilistico delle architetture conservate. 
Già, perché se una chiesa di san Nicola doveva trovarsi a Guglionesi è del tutto 
il-lusorio che si presentasse nelle fattezze odierne fin dalla metà del XI 
secolo. Si dovrebbe dunque avvallare una tesi congruente: l’eventuale 
coincidenza del sito e la inevitabile stratificazione stilistica di successivi 
restauri, che hanno arricchito il monumento di modelli medioevali. Ecco la 
ragione di archi a tutto sesto e di archi a sesto acuto. Di parastine in pietra 
lavorata e di vuoti disgustanti in cocciame cotto. Di raffinate metafore 
allegoriche e di deludenti scossaline in rame. È solo la mano dell’uomo, che più 
cresce nella sua erudizione, più opportunità ha di confonderci le idee.
Allora, …dov’è l’antica chiesa di san Nicola? Scontata, ma per una pura nostra 
ipotesi, che fosse lì, resta una sola scelta: la cripta. Non si può negare che 
l’involucro architettonico della cripta costituisca il nucleo originario del 
monumento, pericolosamente vicina alla sperimentazione schematica di una 
primitiva chiesa cristiana. L’organizzazione spaziale è liturgicamente perfetta: 
una piccola navata centrale, affiancata da due navatelle laterali, terminanti in 
tre absidi in pietra, il tutto quasi inscritto in un quadrato, piuttosto 
regolare. L’accenno spaziale delle volte, che si lasciano idealmente tracciare 
dai capitelli posti sulle colonne, sembra coincidere con i sospetti fin qui 
esposti. La straordinaria eleganza di alcune decorazioni, quali per esempio le 
foglie di acanto in alcuni capitelli delle absidi, rimandano alla capacità dello 
scalpellino, che ha elaborato per gli elementi di scultura architettonica i 
classici temi della cultura romanica. A questo punto ci chiediamo: può essere 
così semplicistica la ricerca storica sull’origine di un monumento medioevale? 
Ovviamente no.
La chiesa di san Nicola è una manifestazione interessante dell’evoluzione 
culturale del Medioevo. Forse non riusciremo mai a cogliere il segreto più 
lontano nel tempo, ma ciò che si avverte visitando il monumento è sufficiente 
per immaginare un mondo di pietra, generoso di coscienza religiosa e di amore 
popolare.
