7/10/2008 ● Cultura
L'Italia di Cavour, di Togliatti... e di Berlusconi…
"In due interventi apparsi su Il Manifesto, - il primo del 6 agosto intitolato ‘ Piu' del fascismo' ed il
secondo del primo ottobre 2008 con il titolo ‘ Il Ventennio di Berlusconi'-
Alberto Asor Rosa,noto critico letterario, ha lanciato due accorati ( e
stilisticamente contorti) gridi d'allarme in difesa della democrazia e
dell'unità della ‘patria-nazione' italiana. Un vetero-comunista invoca un
monarchico-liberale come Camillo Benso di Cavour per sottolineare il pericolo
che l'Italia sta correndo sotto il terzo e legittimo governo Berlusconi. Nella
sua ‘specificità storica', sostiene inoltre Asor Rosa, il berlusconismo di oggi
è peggiore del fascismo. Come reagire a cervellotiche conclusioni del genere?
Con una fragorosa risata, data l'inanità delle tesi sostenute e tenendo conto,
soprattutto, da quale pulpito viene la predica, quello di un intellettuale
organico, nazionale-popolare che si fa difensore della ‘patria-nazione'unitaria
di stampo risorgimentale.
Va detto subito che i due scritti soffrono del male oscuro della ipotassi e
della semi-indecifrabilità. Asor Rosa farebbe bene a rileggersi Francesco De
Sanctis per imparare come si usano la concinnità e la paratassi. La brevità e la
chiarezza espositiva non sono certo il suo forte.Tengo poi anche a chiarire che
non è mia intenzione trasformarmi in un difensore del berlusconismo. Il
Cavaliere ha già tanti paladini attorno alla sua tavola rotonda ( o quadrata)
che lo proteggono.
In questo mio intervento desidero mettere al vaglio la validità dei tre concetti
principali su cui Asor Rosa ha costruito il suo ragionamento disfattista ed
allarmista. L'Italia di oggi, quella del 2008, sta veramente correndo un
pericoloso ‘disegno distruttivo' che porterà alla ‘ catastrofe nazionale ed
economico-sociale'? Ecco, di seguito, i punti salienti negli scritti di Asor
Rosa:
1. L'Italia sta correndo seri rischi di distruzione della continuità storica
nazionale nata con il Risorgimento e con la Resistenza
2. L'Italianità e concetto di ‘patria-nazione' sono intercambiabili
3. La natura del‘ male relativo', perché fondato sul consenso, del berlusconismo
è peggiore rispetto al ‘male assoluto',perché fondato sulla dittatura, del
fascismo.
Analisi e risposta al punto 1.
Che il Risorgimento sia stato il processo storico che ha portato alla nascita
dell'Italia come ‘patria-nazione' è innegabile. Che la Resistenza sia stata la
continuazione del Risorgimento è una idea da scartare. Se il fascismo ha ripreso
il nazionalismo risorgimentale e si è ispirato alla retorica della Terza Italia,
la missione di grandezza della ‘nazione', come puo' la Resistenza, che ha
combattuto contro il fascismo, essere vista come una ripresa del Risorgimento?
L'esercito badogliano e la dinastia dei Savoia vanno considerati parte della
Resistenza? Inoltre qual è stato il vero contributo militare dei partigiani alla
liberazione del territorio dell'Italia centrale e settentrionale dalla presenza
delle truppe tedesche?Si è senz' altro esagerato la consistenza numerica della
Resistenza ( quanti sono stati VERAMENTE coloro che hanno combattuto contro i
tedeschi? I partigiani, inoltre, sono stati tutti eroi?). Se la Resistenza fosse
stata VERAMENTE un movimento popolare ed il suo contributo militare DAVVERO
determinante, gli Alleati anglo-americani avrebbero considerato l'Italia un
paese vincitore della guerra, come hanno fatto con la resistenza francese con a
capo Charles de Gaulle, malgrado il regime collaborazionista di Vichy del
Maresciallo Philippe Pétain. Le condizioni durissime del trattato di pace
imposte all'Italia ( la perdita delle colonie e l'amputazione della Venezia
Giulia dal territorio nazionale) alla fine del secondo conflitto mondiale sono
la prova che gli anglo-americani l'hanno considerata un paese sconfitto.Hanno
quindi realisticamente considerato il contributo militare dato dai partigiani
come qualcosa di secondario, marginale. Diciamoci la verità: senza le truppe
americane, inglesi, canadesi ecc. sarebbero riusciti i partigiani da soli a
sconfiggere i tedeschi? La risposta non puo' essere che un chiaro, lampante no.Questo
è quindi il VERO verdetto storico e la vera importanza della Resistenza, aldilà
delle contingenze agiografiche che ne sono state fatte.
Sono trascorsi oltre 60 anni dalla fine della guerra. È imperativo per gente
della mia generazione, nata dopo il 1945, vagliare oggettivamente, criticamente,
globalmente gli eventi occorsi. Non solo, ma evitare di ripetere una serie di
clichés, divenute certezze, che sono state il frutto di bisogni storici
contingenti, di mitologie agiografiche. L'Italia sconfitta aveva bisogno di
giustificarsi storicamente, di rifarsi una coscienza morale. La Resistenza è
servita appunto da alibi morale collettivo ad un paese che aveva perso il suo
onore (senza nulla togliere a chi ha VERAMENTE combattuto e con tutto il
rispetto verso chi ha dato la sua vita combattendo).
Alberto Asor Rosa nel vedere nella Resistenza la continuazione del Risorgimento
fa ricorso ad una mitologia storica ormai stantia. L'Italia del 2008 ha bisogno
di una memoria storicamente condivisa, post-ideologica. L'appartenenza
dell'Italia al G8, all'Unione Europea, alle Nazioni Unite, alla NATO e ad altri
enti internazionali sono la garanzia che è parte integrante del mondo libero,
che è una democrazia matura senza rischi di tentazioni totalitarie.Non è certo
la matrice marxista della Resistenza che avrebbe fatto dell'Italia lo Stato
democratico maturo che è nel 2008.
Resta da definire che tipo di democrazia l'Italia deve rimanere. La ‘
patria-nazione' unitaria di stampo risorgimentale, difesa da Asor-Rosa, è
veramente il solo valido modello identitario? La soluzione unitaria e
monarchico-liberale ottenuta grazie al grande ‘tessitore' Camillo Benso di
Cavour era una delle opzioni, ma non certo la sola, che si offriva agli italiani
nell'Ottocento. Mazzini favoriva una soluzione unitaria e repubblica,Gioberti
una federazione con a capo il Papa, Cattaneo una repubblica federale. Dopo quasi
150 anni dall'unità d'Italia è riemerso in modo prepotente il sentimento di
appartenenza regionalistica di cui la Lega Nord si è fatta banditrice. Ma il
senso di identificazione con quelli che erano i Sette Stati presenti sul
territorio della penisola dopo il Congresso di Vienna, non è mai venuto meno,
anche nell'Italia post- risorgimentale. Niente impedisce quindi di riconsiderare
in modo serio l'aggregazione federale all'Italia.Il modello federalista avrebbe
diversi vantaggi. Il primo è qello di ridurre a soli 8 i compartimenti
amministrativi (1. Valle D'Aosta, Piemonte e Liguria, 2. Lombardia, 3.
Triveneto, 4. Toscana-Emilia-Romagna, 5. Lazio, Marche, Umbria, Abruzzo e
Molise, 6. Campania, Puglia, Basilicata e Calabria, 7. Sicilia, 8. Sardegna). Il
secondo responsabilizzerebbe i vari compartimenti nei diversi settori di
competenza e ridurrebbe di molto il principio della sussidarietà fiscale. In un
periodo in cui si parla di euro-regioni, niente impedisce di ridefinire i
confini regionali italiani ed attribuire ad ogni compartimento geografico una
serie di poteri. La Spagna, il Canada, la Germania sono stati federali e non per
questo sono meno democratici e non hanno un sentimento di appartenenza
nazionale. Il timore di Asor-Rosa sulla possibile minaccia della perdita della
‘patria-nazione' italiana non è quindi che un semplice spauracchio retorico,
difeso in un mondo post-ideologico da un vetero-comunista che ha visto
nell'internazionalismo il modello sociale forte.
2, Passiamo al secondo punto. L ‘italianità' ed il concetto di ‘patria-nazione'
sono intercambiabili? Assolutamente no. Anche al tempo delle città-stato, delle
repubblice marinare e delle signorie gli abitanti del territorio dello Stivale
avevano il sentimento di appartenere,oltre che alla propria città, anche
all'Italia. E basta rileggersi Dante, e non solo, per rendersene conto. Ma un
altro dato impugna l'equazione italianità-patria-nazione ancora piu' fortemente:
l'identità ‘italiana' degli emigrati. Milioni di persone sentono un sentimento
di appartenenza all'italia senza necessariamente vedere nella ‘patria-nazione'
il punto di riferimento. Per un brasiliano d'origine veneta il punto di
riferimento spirituale concreto non è tanto l'Italia, quanto piu' la regione di
provenienza dei suoi antenati. Andrebbe studiato attentamente il rapporto che
intercorre tra italianità ed italicità nel definire l'identità italiana. Il
legame diretto tra ‘patria-nazione' ed identità difesa da Asor-Rosa è per lo
meno parziale nella sua validità.
3. Ed arriviamo a quella che è la parte piu' dichiaratamente ideologica nei due
articoli dell'Asor-Rosa: il ‘male-relativo' del berlusconismo è peggiore del
‘male assoluto' del fascismo.Il rapporto tra potere di pesuasione
propagandistica attraverso i mezzi d'informazione ed esercizio del libero
arbitrio dell'ascoltatore o telespettatore è stato studiato da gente come Ellul,
MacLuhan, Marcuse ed altri. Asor-Rosa non dice niente di nuovo quando sottolinea
i pericoli insiti nella manipolazione dell'informazione per creare consenso
sociale e politico. Resta il fatto che non tutta l'informazione italiana è
controllata da Berlusconi e niente impedisce ai suoi oppositori nell'Italia del
2008 di far valere liberamente punti di vista diversi. Ne è la prova che
Asor-Rosa abbia potuto scrivere e pubblicare su Il Manifesto le sue critiche
acerbe sul berlusconismo. C'è inoltre una fonte nuova d'informazione,
l'informatica, internet che i vari Hearst, Murdoch,o Berlusconi non riescono a
controllare. La gioventu' italiana, e non solo, si serve sempre di piu' nel 2008
del computer e di internet e suoi derivati per comunicare.È quindi liberissima
di scegliere le fonti a cui attingere per informarsi. Il ‘ male relativo' basato
sul consenso, tanto paventato da Asor-Rosa, non è solo una caratteristica
italiana, è ormai un fenomeno planetario ad eccezione, forse, di alcuni paesi
del mondo islamico e della Cina dove viene praticata una rigida censura anche su
internet. Se quindi l'italia è in pericolo, lo è anche tutto il resto del
pianeta Terra. La scelta tra ‘male relativo'del berlusconismo e censura
islamico-cinese è ovvia per chiunque. Il potere ottundente del consumismo, che
porta poi anche al consenso politico, è peggiore della dittatura ideologica del
fascismo o di altri regimi totalitari? È questo un discorso arcadico-moralista,
alla Pasolini, che vedeva nella rivoluzione antropologica del carattere degli
italiani passati dall'età del pane a quella dei consumi il male assoluto. Si
faccia questo discorso a tanti milioni di persone che vivono ancora in una
realtà pre-industriale e che tentano disperatamente di entrare illegamente
nell'inferno che l'italia di Berlusconi rapresenterebbe e si capirà il moralismo
insito nelle parole di persone come Asor-Rosa il quale vede nella magistratura e
nella scuola le sole due ancore di salvezza della società italiana perché non
ancora controllate dal berlusconismo. Sono queste le due fonti da cui nascerà la
difesa della patria-nazione e permarrà una visione ideologica alternativa a
quella vigente in Italia nel 2008? Solo il tempo ci dirà se l'appello lanciato
da Asor-Rosa è una accorata difesa della libertà o semplicemente l'incapacità di
un vecchio e vetero-comunista di accettare la sconfitta della ideologia in cui
ha creduto ed alla quale rimane aggrappato per continuare a dare un senso alla
propria esistenza."
Filippo SALVATORE, Concordia University, Montreal | News ITALIA PRESS
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