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		21/10/2008 ● Cultura
La svolta gollista di Gianfranco Fini
  Filippo Salvatore ● 2266 
        
        Ci sono voluti 65 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, ma finalmente è nata la destra 
democratica italiana. La dichiarazione fatta da Gianfranco Fini il 13 settembre 
2008 alla Festa di Azione Giovani di Alleanza Nazionale a Roma, costituisce una 
‘coupure épistémologique', per dirla con Michel Foucault, per la destra 
italiana. In cosa consiste la linea di demarcazione irreversibile, lo 
spartiacque storico, ‘la svolta gollista', come preferisco definirla, del capo 
di Alleanza Nazionale? In queste parole:
‘ Chi è democratico è antifascista. E perché le tre parole d'ordine cui si 
richiama la nostra destra sono libertà, uguaglianza e giustizia sociale, è 
chiaro che non si puo' non ricusare chi (Mussolini ndr) in primo luogo soffocò 
la libertà e poi arrivò a produrre aberranti leggi razziali sostenendo che un 
uomo era uomo più di altri per costituzione genetica'. Mussolini aveva infatti 
definito il suo regime nel 1925 con tre appellativi.
La nuova destra in cui Gianfranci Fini si riconosce è diversa da quella espressa 
dal MS e, dopo il suo discorso di Fiuggi,da AN. È una destra antifascista che 
accetta i valori di libertà, uguaglianza e giustizia sociale contenuti nella 
Costituzione della Repubblica Italiana, una destra come possono essere i 
conservatori nel Regno Unito, in Canada o in Australia o i gollisti in Francia.
Il 13 settembre scorso Fini ha tagliato nettamente, in blocco, gli ancoraggi al 
Ventennio fascista, mettendo da parte la logica prevalsa nel revisionismo 
storico degli ultimi anni che sceglieva quello che andava assolto e condiviso e 
quello che andava condannato. ‘ I resistenti stavano dalla parte giusta, i 
repubblichini dalla parte sbagliata': giudizio lapidario, di portata storica, 
irreversibile. Giudizio, quello di Fini, agli antipodi di quello espresso l'8 
settembre a Porta San Paolo a Roma, - luogo simbolico e deputato della rivolta 
popolare italiana contro le truppe di occupazione tedesche - dal Ministro della 
Difesa Ignazio La Russa e dal sindaco di Roma Gianni Alemanno.' Farei un torto 
alla mia coscienza - aveva detto La Russa - se non ricordassi che altri 
militari, come quelli della Nembo dell'esercito della RSI, soggettivamente, dal 
loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della Patria". Il 
sindaco di Roma Gianni Alemanno, dal canto suo, in una intervista ad un 
quotidiano aveva dichiarato che ‘ il male assoluto non fu il Ventennio' bensì ‘ 
le leggi razziali: furono quelle a segnare la fine della politica del fascismo.
Le dichiarazioni di La Russa e di Alemanno hanno creato un putiferio.Decise le 
condanne del leader del PD Walter Veltroni, che si dimette in segno di protesta 
dal Comitato per il museo della Shoah, nei confronti di Alemanno. Altrettanto 
chiara la reazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che chiede 
di ricordare la Resistenza ‘nella sua interezza' alle parole del Ministro 
LaRussa. La reazione che forse suggella meglio l'opposizione ai tentativi di 
riabilitare il regime di Mussolini e la Repubblica Sociale Italiana è stata 
quella del presidente dei senatori PD Anna Finocchiaro che ha dichiarato : ‘ ... 
Non esistono un fascismo buono e uno cattivo. È la natura stessa di quella 
dittatura ad essere incompatibile con i valori della democrazia e della 
Repubblica'.
Dopo soli cinque giorni dopo le dichiarazioni di La Russa e di Alemanno arriva 
anche il discorso di Gianfranco Fini che è un colpo di mannaia reciso, che 
spazza via ogni legame di continuità con il Ventennio, con la sua ideologia 
antidemocratica e con i suoi simboli, i suoi labari e gagliardetti. Ci fu buona 
fede o senso del dovere in tanti giovani che combatterono per la Repubblica di 
Salo', ammette Fini, ma bisogna evitare di confondere un fotogramma accettabile 
con il film. Ed il film ‘ se si è intelletualmente onesti' e non si vuole 
occultare la logica della storia ha dimostrato che ‘ Il fascismo fu dittatura 
... e non si puo' equiparare chi stava da una parte e combatteva per una causa 
giusta e chi stava invece dalla parte sbagliata. Sono dati fattuali, c'è una 
verità storica'. Parole queste che non ammettono fraintendimenti. Hanno la 
valenza semantica di un epitaffio storico. E, a guardar bene, sono il punto di 
arrivo nel ripensamento politico di Gianfranco Fini dopo il suo discorso di 
Fiuggi, dopo il suo giudizio negativo su Mussolini e dopo il suo omaggio alle 
vittime dell'olocausto al mausoleo di Yad Vashem durante la sua visita in 
Israele a novembre del 2003 e dopo il divorzio ideologico con Francesco Storace, 
segretario del partito La Destra. Interessante a questo riguardo il ripensamento 
anche di Daniela Santanché, candidata per la Destra a premier alle ultime 
elezioni nazionali.Ella ha rotto con Storace e si è avvicinata al PdL per ‘ non 
rimanere confinata in un'area di estremismo extra parlamentare di vago 
nostalgismo'. 
È evidente, se si tengono presenti tutti questi tagli con la ideologia di 
matrice neo-fascista, che le parole di Gianfranco Fini vanno viste come un 
taglio epistemologico, uno spartiacque storico, come la sua ‘ svolta golista' 
.Egli è giunto a dare dopo diversi decenni di auto-giustificazione di matrice 
fascista una interpretazione post-ideologica, oggettivamente storica, degli 
avvenimenti occorsi in Italia dalla metà degli anni Venti alla metà degli anni 
Quaranta nel ventesimo secolo.
Qual è il parallelo da tracciare tra l'atteggiamento di Gianfranco Fini e quello 
di Charles de Gaulle? Dopo la sorprendentemente breve ed ignominiosa sconfitta 
dell'esercito francese e la creazione del regime fantoccio di Vichy , Charles De 
Gaulle nel 1940 rifiuta di collaborare con il regime di Vichy e con il 
Maresciallo Philippe Pétain e si mette alla testa di una resistenza di destra 
che si allea agli anglo-americani e combatte al loro fianco sui fronti francese 
ed italiano. Cio' facendo ridà dignità ed onore al popolo francese ed alla fine 
delle ostilità riesce a ridimensionare il ruolo svolto dal maquis comunista. La 
Francia che aveva perso la guerra finisce così, grazie a de Gaulle, con l'essere 
vista come una delle nazioni vittoriose.
Charles de Gaulle riesce ad ottenere quello che il Maresciallo Badoglio avrebbe 
voluto ma non riesce ad ottenere. Il contributo militare dei badogliani, è stato 
indubbiamente molto più importante della resistenza armata dei partigiani. Ma 
sono i partigiani soprattutto di matrice marxista,che certo hanno svolto un 
ruolo utile, ma marginale, che assurgono al ruolo di eroi della sconfitta del 
regime mussoliniano.Registi come Roberto Rossellini con film come Roma Città 
Aperta o Paisà ed in genere tutta la cultura neorealista celebra l'antifascismo 
e crea per ragioni storiche contingenti mitologie collettive scaturite da una 
netta, inevitabile, dicotomica interpretazione tra dittatura e libertà.Per 
decenni, in un'Italia dominata culturalmente dalla visione nazionale-popolare di 
stampo gramsciano, buona parte della storiografia ha ingigantito il ruolo svolto 
dai partigiani, circondando di un'aureola il termine ‘partigiano'. Poi ci sono 
state le rivolte in Ungheria, in Cecoslovacchia ed in Polonia e c'è stata 
soprattutto nel 1989 e la Caduta del Muro di Berlino che ha una valenza storica 
tanto importante quanto la Rivoluzione Francese. La rivolta dei sans culottes in 
Francia porta a compimento il processo di conquista del potere della borghesia, 
mentre la riunificazione della Germania sancisce il fallimento del marxismo come 
modello di aggregazione sociale ed economica transnazionale del proletariato. La 
caduta del Muro di Berlino sancisce anche la nascita di fare politica in Italia 
ed in Europa in genere in un modo post-ideologico, dove quello che conta sono i 
risultati, l'approccio fattuale, empirico, pragmatico. Ed è a fatica che anche 
il vecchio PC si trasforma, grazie alla lungimiranza di gente come Occhetto e 
Dalema in particolare, nel PD di oggi, anche se remore del vecchio PC 
permangono, ancora pesanti, al suo interno. È questa la sua palla di piombo al 
piede. Parallelamente al trapasso da partito rivoluzionario marxista a 
social-democratico e riformista del PC, inizia e si afferma, grazie a gente come 
Gianfranco Fini, un ripensamento anche all'interno della destra italiana, sempre 
meno nostalgica e sempre di più proiettata verso il funzionamento democratico 
dello stato di stampo liberale.
Gianfranco Fini ha il merito di aver saputo leggere ed interpretare con 
intelligenza gli eventi politici internazionali degli ultimi tre decenni, di 
rimanere in sincronia con l'evoluzione storica, di aver capito che lo Stato 
italiano di oggi ha come base di funzionamento la democrazia e la libertà da cui 
la destra non può prescindere se vuole diventare una credibile espressione di 
governo. La memoria storica condivisa del popolo italiano non può quindi essere 
nostalgica ed avere come paradigma la dittatura fascista. Patriottismo si', ma 
non nazionalismo, perchè il nazionalismo di gente come Mussolini ed Hitler ha 
portato a intolleranza, guerra, morte. È in questa acquisizione di 
consapevolezza di sano patriottismo, ma di pericolo insito nel nazionalismo, che 
io vedo la ‘svolta gollista' di Gianfranco Fini. Charles de Gaulle ha fatto nel 
lontano 1940 un ragionamento simile a quello che Fini sta proponendo oggi al 
popolo italiano. Charles de Gaulle si era ribellato contro il collaborazionismo 
francese di Vichy per patriottismo, per far valere un sano principio etico 
contro il nazionalismo nazista.
Ce n'è voluto del tempo! Si dirà nel parlare di Fini. Certo, ma è meglio tardi 
che mai. Inoltre questo ritardo è dovuto alla retorica antifascista della 
sinistra ha impedito la naturale evoluzione del MS verso una destra democratica. 
I tempi sono finalmente maturi e Fini va lodato per volere e speriamo sapere far 
‘corrispondere l'operato suo alla qualità dei tempi' per dirla con Niccolo' 
Machiavelli. Gli anziani di AN e gente come Ignazio La Russa e Gianni Alemanno 
farebbero bene a diventare alleati, non oppositori, di Gianfranco Fini. Rimane 
da vedere e sperare che egli riesca a imporre la sua ‘svolta gollista' 
all'interno del suo partito.Il suo radicale riposizionamento di prospettiva 
storica è la conditio sine qua non di una destra democratica italiana. Del tutto 
gratuiti- perchè espressione di un moralismo spicciolo e di una esplicita 
pregiudiziale ideologica - mi appaiono i dardi di ‘ democrazia demagogica', di ‘ 
richiami impliciti ma evidenti del futurismo, del 
dannunzianesimo,dell'irrazionalismo, del nazionalismo' lanciati contro 
Gianfranco Fini ed il legittimo governo di centro destra attualmente al potere 
in Italia, in un suo recente editoriale da Ezio Mauro ( La Repubblica 14 
settembre 2008 ‘Democrazia e Fascismo ai Tempi della Destra').
Filippo Salvatore | Concordia University, Montreal | News ITALIA PRESS
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