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29/5/2025 ● Eventi
Salone internazionale del Libro 2025, "Fuori fuoco" di Antonello Venditti
Antonello Venditti (con Gianluigi Nuzzi)
Autore di Fuori fuoco (Rizzoli)
Figlio unico di borghesi, la mamma insegnante di greco e latino, il padre
Prefetto.
Gli anni dell’adolescenza tappato in casa in solitudine con la voce e i tasti di
un pianoforte a fargli compagnia. Il mondo e la formazione musicale e gli anni
Settanta,
gli amuleti , i cappelli e gli occhiali, gli amici e i colleghi.
Un fratello acquisito come Francesco De Gregori, la vita di Antonello Venditti
ricostruita attraverso i suoi ricordi e, soprattutto, le sue canzoni.
Antonello, appena arriva sul palco viene presentato da Gianluigi Nuzzi che
introduce il libro che hanno prodotto insieme.
Antonello, quando prende parola, parla di Gianluigi come di un grande amico e
nel farlo ci tiene a sottolineare come l’amicizia per lui, sai il sentimento più
grande che può nascere tra le persone.
Svincolato dal sesso, secondo lui, è un sentimento eterno perché nasce dal
confronto.
“…ma questo lo capisci dopo, mentre il cammino della tua vita va avanti,
insomma, io ho un'età in cui ho vissuto tante cose; quindi, posso dire che è un
superamore, l'amore principale.
Certo, poi c'è l'amore per una donna, l'amore per la terra, per il pianeta, per
la civiltà, l'amore esiste, l'amore è bellissimo,... e poi, per amore si soffre.
Questa è una cosa stranissima, perché l'amore, quando è amore, non dovrebbe
essere sofferenza”.
Prosegue sottolineando come tra le tante parole scritte sui testi delle sue
canzoni, quelle più belle sono: “ci vorrebbe un amico”.
A suo dire però, la sua canzone più bella è “Notte prima degli esami” perché è
un condensato di esperienze. E’ la canzone che contiene al suo interno tutte le
altre che ha scritto.
“…Claudia non tremare, non ti posso far male, se l'amore è amore”.
Un attimo di pausa riflessiva, si aggiusta gli inseparabili ray-ban sul naso e
prosegue:
“Ogni frase in questo testo è un film. Coglie le lacrime e le preghiere della
tua vita. Non è una canzone da studenti, contiene tutte le generazioni perché ci
siamo dentro tutti, mamma e papà, studenti, professori, bambini, tutti.
Quindi, la sto rivalutando pure io e ogni volta che la canto, la canto con un
animo diverso e anche in maniera molto diversa.
Ad esempio, quando la canto ai concerti, devo rispettare il tempo e le battute
così che tutti la possono cantare con me.
Io invece a volte la vorrei cantare lentamente, non per sottrarmi al canto della
gente, ma per riprenderla intimamente.
Ho scoperto che più le cose sono lette, più sono intime, più sono pensate, più
sono pesanti, più pesano, anzi, non è che sono pesanti, sono profonde”.
Si lamenta di come oggi si viva tutto in velocità, in maniera paranoica senza
dare il tempo giusto alle cose.
Dal canto suo reputa “sacro” il suo tempo e per lui ormasi non esiste più
l’urgenza per nulla.
Riesce a passare da mattatore all’Arena di Verona a uno stato intimista da
antico eremita.
Nel suo microcosmo (ha lo studio di registrazione in campagna), riesce a
ragionare di tutto nella sua sensibilità che è oltremodo elevata.
D’altronde solo una grandissima sensibilità ti può far scrivere “Sora Rosa” a
soli 14 anni e “Roma Capoccia” a 15.
“Eh vabbè, io guarda, sono così sensibile, che se passa una mosca a Bagdad, io
la sento. La mia vita è ultrasensoriale. Veramente, purtroppo non lo posso
proprio certificare sui terremoti, ma quello che accade io lo avverto prima… io
sono capace di diventare malato immaginario, di vivere le malattie degli altri.
Adesso non voglio dirvi cose assurde, però è così...io ho vissuto su di me anche
la sofferenza di Papa Francesco a cui ero molto legato…io sono stato, durante la
malattia del Papa, 60 giorni male come lui.”
La nota religiosa appena introdotta lo porta a parlare di Gesù che, secondo lui,
non era un uomo buono perché non esistono persone buone.
Accanto alla bontà deve esserci sempre la giustizia e Gesù ha dimostrato di
essere un uomo buono e giusto.
La bontà senza la giustizia non ha senso.
“…che meritiamo un'altra vita più giusta e libera se vuoi”
Cristo quando è andato al tempio e ha scacciato i mercanti in malo modo, non era
un uomo buono, era un uomo giusto.
Quindi dobbiamo recuperare l'idea di non aver paura della giustizia.
Ma essere giusto è anche un andare contro corrente, perché il mondo è talmente
ingiusto che ormai non c'è più nessuno che possa indicare la vera verità.
Noi viviamo discernendo tra buono e cattivo, ma non è questo il tema, quello
corretto è proprio del giusto dall’ingiusto.
Alla domanda del suo rapporto con Papa Francesco esprime il suo amore per lui e
la loro somiglianza.
“Si, perché mi somigliava molto. Nel senso che questo non è un peccato di
presunzione, anche se quella non mi manca. Lui era un gesuita, e io sono il
frutto di un miracolo di un gesuita. A 8 mesi io stavo per morire, all’epoca non
c’erano le incubatrici. Si presenta in sogno a mia madre un signore che dice di
essere Francesco Saverio. Mia madre, anche essendo colta, non conosceva San
Francesco Saverio. Il quale dice alcune cose a mia madre. “Ti dico, tuo figlio
si salverà”. Quindi l'idea che comunque ci sia un po' di gesuita in me e molto
di San Francesco d’Assisi, è una realtà e una contraddizione. Anche Papa
Francesco ha cercato di mettere insieme la sua parte colta di gesuita e la
povertà francescana. In questo ci somigliamo, ma è chiaro che lui ha trovato
solamente nemici sulla sua strada”.
Qualcuno gli chiede del nuovo Papa
“ Questo qua, mi pare che, essendo agostiniano, ha una raffinatezza molto più
complessa”.
Antonello in fatto di fede si dice bipolare.
“Se Antonello è completamente laico, Venditti è un credente. Antonello rispetta
le leggi dello stato, quindi, per esempio, anche la legge sull’aborto.
Lo stato può fare tutte le leggi che vuole, è libero di farle è un suo diritto e
noi cittadini dobbiamo rispettarle.
Venditti le accetta come cittadino, ma poi da credente sceglie secondo la
propria coscienza, sempre nella libertà sua e altrui.
Fare le leggi va bene e se la tua libertà non confligge con quella degli altri,
dov’è il problema? Fai conto, due ragazzi che vogliono stare insieme laicamente,
devono poterlo fare. Se poi vogliono sposarsi in chiesa o no, è affar loro.
Negare le libertà e la felicità degli altri è sbagliato. Non è una cosa giusta”.
Gli chiedono di spiegarsi meglio la sua parte Venditti, quella cattolica.
“Venditti e quello che dice sempre “Christus vincit”.
Si fa pensoso e si rammarica di una cosa:
“…Cristo purtroppo, non ha vissuto un'esperienza umana estremamente
interessante. La vecchiaia. Peccato, perché essere umano e non provare cosa
significa essere da un giorno all’altro vecchio, è una mancanza notevolissima.
Lui pur sapendo che suo Padre l’avrebbe resuscitato, ha chiesto aiuto all’orto
degli ulivi. Questo è l’uomo, un essere che geme e aspetta. “Ascolta i nostri
cuori caduti in questo mondo siamo in tanti ad aspettare, donaci la pace e ai
nostri simili pane fresco da mangiare” (cita il testo della canzone “Stella”).
Cioè l’uomo aspetta qualcosa che arriverà, non arriverà, è dentro di noi, è su
una stella… non si sa. Ma deve arrivare e questa è la speranza. Quindi noi
fondamentalmente siamo speranza, giustizia e cos'altro?...amore”.
Molto interessante è la parte in cui raccolta la sua fuga di casa a 17 anni e
comincia a frequentare il Folk Studio dove c’era sempre la fila di ragazzi e
ragazze che volevano suonare.
E’ fuggito da una madre estremamente rigida e apprensiva, che lo ha cresciuto in
una campana di vetro “…io a 17 anni non conoscevo Roma” e che era
strutturalmente incapace di dare e ricevere amore,
Racconta di quando Bob Dylan giovane, che aveva una ragazza a Perugia, si doveva
esibire davanti a un pubblico di una decina di persone e che non ci riuscì.
“A Gian Carlo Cesaroni, che era proprio il capo culturale del Folk Studio, Bob
Dylan gli stava sul c…o e non lo fece cantare!”
E ancora
“…era di martedì e chi suonava era Francesco (De Gregori). Cominciò a cantare
due, tre, quattro canzoni, mischiava le sue canzoni con quelle delle traduzioni
che faceva lui di Dylan e di Cohen ed erano perfette, cioè non si sentiva la
differenza tra le canzoni di Cohen, di Dylan e le sue. Questo mi colpì molto. Io
feci sentire a lui e a quel burbero di Cesaroni “Sora Rosa” e “Viva Mao”, ma
evitai “Roma capoccia” perché mi vergognavo, era troppo commerciale. Cesaroni
senza battere ciglio mi disse di cominciare a suonare già dalla domenica
successiva”.
Antonello dovette anche affrontare un altro problema.
Il suo strumento era il pianoforte che, avendo un suono potente lo costringeva a
urlare per farsi sentire. Infatti in gola ha una potenza non indifferente e in
sala ce lo dimostra sparando delle note che arrivano come schioppettate alle
nostre orecchie.
“…ma il problema è che io suonavo il pianoforte che non c'era nella tradizione
rock, c'era solo in quella jazz. Avevo un pianoforte verticale diretto verso il
muro, io lo schiodato dal muro e lo portavo un po' più avanti. Però alla fine la
mia voce doveva essere così potente che doveva superare il pianoforte. In più ho
dovuto inventare un modo di suonare il pianoforte in finger picking, che è come
il finger picking della chitarra americana. Solo così riuscivo ed essere
perfettamente in sintonia con i miei amici che suonavano le chitarre”.
Antonello si sente a casa tra di noi, che in qualche modo lo abbiamo cercato e
rincorso per avere questo incontro con lui.
Io gli sono capitato proprio di fronte, al primo posto e non mi trattengo di
chiedergli dei suoi rapporti con Fabrizio De Andrè.
Lui glissa la domanda, dicendo semplicemente che erano entrambi due teste di
c…o, ma che poi maturando, si sono ritrovati.
Continua a raccontare altri aneddoti sfiziosi e dell’amicizia profonda con De
Gregori, suo fratello non biologico ma, certamente spirituale.
Credo però a questo punto di essermi allungato troppo, debordando dal format del
blog che gentilmente mi ospita.
Così per non rischiare tagli comprensibili, vi lascio consigliandovi di
acquistare il libro, dove potrete soddisfare tutte le curiosità che spero di
aver suscitato in voi.