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11/6/2025 ● Cultura
Il culto di Sant’Antonio di Padova nella Diocesi di Termoli-Larino
Sant’Antonio di Padova è ancora oggi considerato uno dei maggiori referenti
presso l’Altissimo anche nell’area basso-molisana corrispondente alla Diocesi di
Termoli-Larino.
In pratica è venerato in tutti i comuni appartenenti alla citata circoscrizione
ecclesiastica, nata nel 1986 attraverso la piena unione delle due, fino ad
allora distinte, diocesi di Termoli e di Larino dove, nelle prime ore del giorno
della sua festa (13 giugno) si rinnova la tradizionale benedizione di piccole
forme di pane distribuite, poco dopo, ai fedeli e da loro consumate a seguito
della recita di una breve orazione. Il cosiddetto “pane dei poveri”, in passato
rappresentava, in una certa misura, un aiuto materiale per i bisognosi. In
qualche centro, almeno fino agli anni Cinquanta del Novecento, il 13 giugno di
ogni anno, alcune famiglie si adoperavano, a proprie spese, per preparare anche
un pasto caldo (tagliolini con fagioli in particolare). Il vitto, generalmente,
anche nei giorni immediatamente precedenti e successivi al 13 giugno, veniva
elargito agli indigenti che si recavano, con degli appositi recipienti, presso
le abitazioni dei nuclei familiari che lo produceva.
Non mancava un sano e puro divertimento nel giorno in cui era programmata la
festa del Santo che, per assicurarsi l’intervento di un complesso bandistico più
o meno rinomato, gli organizzatori erano costretti anche a spostarla di qualche
settimana. Le processioni, ancora oggi sempre molto affollate e presenti
ovunque, continuano a registrare la partecipazione di fedeli a piedi scalzi in
segno di devozione.
Prima di proseguire, mi sia consentito far cenno ad un episodio che, nel
corso della ricerca, mi ha particolarmente impressionato. Si tratta di un
presunto evento prodigioso, anche in questo caso completamente scomparso dalla
memoria. E’ impresso in una intrigante relazione, datata 13 gennaio 1707 e
custodita nell’Archivio Storico Diocesano a Larino, in cui si rilevano alcuni
fatti straordinari che avrebbero interessato una statua lignea di Sant’Antonio
di Padova venerata a Castelbottaccio. Nel documento, anche se mutilo nella parte
iniziale, firmato dall’Arciprete di quel centro don Domenico Forgione ed inviato
al Vescovo di ‘Guardia’ (Guardialfiera, sede di una piccola diocesi dalla
seconda metà dell’XI secolo al 1818) mons. Giovanni Andrea Moscarelli, in quel
tempo di stanza a ‘Castelluccio’ (Castelmauro), sono indicati dettagliatamente
strani fenomeni (fuoriuscita di liquido dalla fronte e dalle mascelle) che si
sarebbero verificati alla presenza di più persone. Dovrebbe trattarsi del
simulacro del Santo che, come figura in un inventario dell’8 ottobre del 1700,
era posto nella chiesa matrice di “Santa Maria delle Grazie”, ovviamente di
Castelbottaccio, presso l’altare maggiore, in “cornu evangelii”.
Sulla scia di quanto avviene a Larino, da tempo immemorabile, con i circa
centoventi carri artisticamente addobbati e ricoperti di fiori, trainati da
bestiame bovino, che sfilano per le strade cittadine durante la festività
patronale di San Pardo, anche a Montecilfone, Palata, Santa Croce di Magliano e
Lupara si effettuano manifestazioni del genere legate al culto di Sant’Antonio
di Padova, sia pure con dimensioni molto ridotte e significati di gran lunga
differenti. Nelle prime due località sono una ventina i carri inclusi nel corteo
processionale che, prevalentemente, da diversi decenni, provengono da Larino
allo scopo di ricambiare il favore ottenuto con il prestito di alcuni animali
utilizzati poche settimane prime nelle sfilate larinesi. Qualche lieve
differenza presentano i carri di Santa Croce di Magliano. Si tratta in quest’ultimo
caso, “di piccoli veicoli”; tra i pochi carri grandi originari del posto,
l’elemento peculiare è “una telaiatura ad arco” addobbata nel cui interno
sono posti i cantori della melodia devozionale denominata “carregna”. A
Lupara, la processione di Sant’Antonio di Padova si svolge il 22 luglio di ogni
anno con la partecipazione di un solo carro su cui troneggia il simulacro del
Santo. Non è chiara la motivazione che ha spinto la popolazione dei quattro
centri ad introdurre l’uso del carro nel contesto cultuale antoniano.
Anche a Guglionesi c’è traccia della partecipazione di carri addobbati lungo il
percorso processionale in onore del Santo di Padova. La documentazione
d’archivio ne attesta la presenza nel periodo del secondo conflitto mondiale,
fonti orali, però, fanno risalire questa tradizione, oggi non più esistente, ad
un’epoca precedente.
Alcune foto eseguite a Santa Croce di Magliano ed a Palata agli inizi del
Novecento, testimoniano che l’uso dei carri era certamente già attivo in quei
centri nel periodo indicato. Comunque, non è facile pensare che la tradizione
dei carri legata al culto di Sant’Antonio possa risalire agli anni precedenti al
1879, per il silenzio assoluto dell’agronomo aretino Vittorio Romanelli nella
sua ‘Memoria sull’Organismo Agrario del Circondario di Larino’
(comprendente l’intera attuale diocesi basso-molisana di Termoli-Larino)
redatta, in quell’anno, per conto dell’Amministrazione finanziaria dello Stato.
Egli si occupa, dettagliatamente, della situazione socio-economica di ben 36
centri, soffermandosi anche sulle “feste ove si impiegano bovi”, di cui cita
ampiamente solo la corsa dei carri di San Martino in Pensilis in onore di San
Leo e la sfilata dei carri infiorati di Larino in onore di San Pardo.
Mons. Giovanni Andrea Tria, Vescovo di Larino dal 1726 al 1741, nelle sue note ‘Memorie
Storiche Civili ed Ecclesiastiche della Citta e Diocesi di Larino, Metropoli
degli Antichi Frentani…’, date alle stampe a Roma nel 1744, ci offre anche
precise informazioni strettamente legate al culto di Sant’Antonio di Padova.
A tal proposito, grazie a lui sappiamo: che in un’antica chiesa dedicata a San
Martino nell’omonimo centro (San Martino in Pensilis) vi era un altare; che a
Portocannone “si osserva […] di precetto il giorno de’ 13 giugno per S.
Antonio di Padova, come di Padrone principale…”; che a Rotello, nella chiesa
madre di Santa Maria degli Angeli era presente un altare; che a Santa Croce di
Magliano la chiesa madre era (ed è) dedicata al Santo e che nello stesso sacro
edifico era (ed è) presente un apposito altare sormontato da un simulacro
ligneo, aggiungendo, poi, che in “un reliquiario fatto a modo di sfera con
cristallo avanti” erano custodite, tra l’altro, “delle Ceneri di S.
Antonio di Padova” e che la sua festa “si celebra anche di precetto, e con
pompa […] a’ 13 di giugno, come Padrone principale e Titolare della nuova chiesa
matrice”; che a San Giuliano di Puglia, nella vecchia chiesa madre vi era un
altare sormontato da un quadro raffigurante il Santo; che a Colletorto vi erano
due altari, uno nella chiesa madre di San Giovanni Battista e l’atro nella
chiesa annessa al convento francescano dei Riformati; che anche a Bonefro, vi
erano due altari, il primo nella chiesa di San Nicolò, un tempo “extra moenia”,
e l’altro nella chiesa di Santa Maria delle Grazie annessa al convento
francescano dei Minori Conventuali; che a Montorio nei Frentani, nella
parrocchiale dell’Assunta era (ed è) presente un cappellone sotto il titolo del
Santo, venerato (insieme a San Costanzo) come “Padrone principale di essa
Terra, trasferito co’ i suoi pesi, privilegi, e beni della sua propria chiesa
già distrutta, come cadente, che stava nel confine dell’abitato […]. La festa di
S. Antonio - prosegue mons. Tria - quantunque da per tutto sia osservata con
molta divozione per le continue grazie, che questo Santo impetra da Dio ai suoi
devoti, in questa Terra […] si osserva di precetto a’ 13 di giugno…”; che a
Ripabottoni era (ed è) posto un altare lungo la navata destra della chiesa madre
dell’Assunta e che, in questo centro, da tempo immemorabile “vi è grandissima
divozione”; che a Morrone del Sannio vi era, un tempo, una chiesa; che a
Provvidenti era (ed è) presente un altare nella chiesa matrice e che, in
passato, esisteva una chiesa “posta sotto il piano della Croce”; che a
Casacalenda c’era un altare nella chiesa della “Madonna di Loreto”, oggi non più
esistente.
A Larino, nella chiesa di San Francesco, un tempo dei Minori Conventuali, sorge
un artistico altare dedicato al Santo, sormontato da un bel simulacro di fine
Seicento. Sempre a Larino, in cattedrale, in un reliquiario argenteo
settecentesco, è racchiuso un frammento osseo del Santo.
A Sant’Antonio è dedicata la seconda parrocchia di Termoli, istituita nel
gennaio del 1936. Fino al primo maggio 1975 (data d’inaugurazione dell’attuale
nuovo sacro edificio), era in funzione la chiesa un tempo annessa al convento
omonimo, gestito, nel corso dei secoli, dalle fraternità francescane dei Minori
Conventuali, dei Minori Osservanti e dei Minori Riformati. Sempre nella città
adriatica è intitolata al Santo anche la piazza antistante l’omonimo precedente
sacro edificio, un tempo annesso al convento.
Dedicate a Sant’Antonio di Padova, inoltre, sono ancora oggi in funzione chiese
a Guglionesi (risale al XIV secolo ed un tempo era annessa al convento
francescano dei Minori Conventuali), a Castelmauro e nei pressi di Guardialfiera.
Tra gli altri sacri edifici della diocesi in cui è presente, da secoli, un
altare intitolato al Santo tra i più venerati della Chiesa cattolica, figura
Tavenna.
Giuseppe Mammarella
Direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino