BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000

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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilità alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attività professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (oltre 4.000.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonché editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, così, l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


17/11/2008 ● Caro Direttore

La politica: un dialogo per il benessere della comunità


  Cloridano Bellocchio ● 1380


Caro Direttore, la vittoria di Obama, presidente neo-eletto degli Stati Uniti, costituisce un avvenimento importante e gravido di conseguenze. Speriamo positive per le sorti del mondo. Quel grande paese ha espresso a modo suo, risolvendo una volta per tutte anche la ‘questione razziale’, una voglia incontenibile di cambiamento. Scegliendo una ‘diversa narrazione’ della storia del mondo e delle categorie per governarlo nell’epoca della globalizzazione.
Il mercatismo e l’individualismo sostenuti da un’idea della libertà come “assenza da qualsiasi costrizione/impedimento” sembra aver prodotto una devastante crisi che richiama alla mente quella del ’29 del secolo scorso. Allora l’economista inglese Keynes propose soluzioni di sostegno della domanda gestite da accorte politiche pubbliche che, assieme al New Deal roosveltiano, aprirono la strada al “secolo socialdemocratico” (Dahrendorf), definito in maniera appropriata “l’età dell’oro” dal grande storico, Eric J. Hobsbawm. Siamo all’alba di un cambiamento sostenuto da un nuovo paradigma che, tra l’altro, dimostrerebbe il volto ideologico di affermazioni, di moda nell’ultimo ventennio, “più mercato, meno Stato”? Non credo ci sarà un ritorno tout-court allo statalismo. La caduta del muro di Berlino e le conseguenze negative e mortificanti della burocratizzazione della vita quotidiana lo abbiano definitivamente sepolto. E’ questo è indubbiamente positivo. Ma la fase liberista e mercatista, per fortuna alle spalle, ci lascia una eredità di crisi, non solo finanziaria, ma anche etico-morale.
L’intreccio tra le due sfere economico-finanziaria ed etica risulta evidente. Al punto che importanti personalità del nostro tempo, ivi compreso il nuovo presidente Barak Obama, ne hanno richiamato il nesso. Da questo punto di vista, c’è un aspetto su cui vorrei richiamare l’attenzione. Alla base del successo del mercatismo-individualista, spacciato come incomprimibile esigenza di ‘libertà’, a me pare ci sia il sedimento di una cultura, secondo cui, l’individuo è “ misura di tutte le cose ”. Essa rappresenta il nucleo teorico che ha alimentato e continua ad alimentare un relativismo etico dove la persona è ridotta a ‘formula ambulante’ priva di un criterio umanistico saldo. Capace di fungere da guida dell’agire nella complessa vicenda esistenziale. Ne deriva, a mio avviso inevitabilmente, che l’utilità o la edonistica ricerca del ‘piacere a tutti i costi‘ hanno finito con il prevalere sull’imperativo categorico Kantiano “agisci in modo tale da considerare te stesso e gli altri come fine e non come mezzo delle tue azioni” o, se si preferisce, sul comandamento cristiano “ama il prossimo tuo come te stesso”. La vita, così, nell’occidente è finita per assomigliare sempre di più ad una darwiniana lotta per l’esistenza giocata all’interno di una sorta di guerra di tutti contro tutti che sembra riecheggiare il “bellum omnium contra omnes”. Che io credo sia, anche, all’origine delle ‘guerre americane’ e dell’occidente e delle tante ‘grandi e piccole guerre’ che si combattono quotidianamente. Anch’esse alimentate non ‘dall’amore’ ma dal ‘timore’. Forse la storia e le lezioni che essa ci tramanda potrebbero correre in nostro soccorso. Ma purtroppo viviamo in tempi dove l’utilitarismo e l’edonismo (lascito velenoso degli ultimi vent’anni ?) hanno prodotto, oltre al consumismo sfrenato e distruttivo, una concezione del tempo dove il presente ed il suo valore appaiono ‘super-dilatati’ e ‘super-considerati’. A scapito della considerazione verso le radici ( il passato storico) e verso la speranza ( la libertà di immaginare un futuro). Ed allora la nostra esistenza appare sospesa alla inutile ricerca di senso in quella terra di nessuno grigia e triste che è costituita “dal non più e il non ancora”. Non per azzardare giudizi definitivi. Ma mi piace evidenziare che sul piano storico mi sembra sia uscito sconfitta l’ideologia della ‘fine della storia’ di Francis Fikujama, immaginata hegelianamente, all’indomani della caduta del muro di Berlino, per argomentare sulla sconfitta definitiva del comunismo storico da parte del capitalismo mercatista imperante. In realtà non si è trattato della fine della storia, ma dell’avvio di un’altra storia dove la democrazia, come accortamente avvisò Bobbio, era chiamata a farsi carico delle ‘domande irrisolte’ che avevano alimentato la ‘utopia comunista’.
Nessuno auspica romanticamente un ‘ritorno alla notte del comunismo totalitarista’. Ma sono convinto che tocca ad una sinistra moderna ed aperta raccogliere la sfida democratica profeticamente annunciata da Bobbio. Per il momento mi piace sottolineare, tornando alla vittoria di Obama, un avvenimento simbolico ma molto significativo. Il senatore John McCain ha chiamato Obama per complimentarsi della vittoria: «Ho avuto l'onore di congratularmi con il senatore Obama, che questa notte è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti». «Abbiamo lottato duramente e non ce l’abbiamo fatta, il fallimento è mio, non vostro», dice. «Ora bisogna rimettere in pista questo Paese. John McCain ha invitato i suoi seguaci a «mettere da parte le divergenze e a lavorare insieme per rimettere in carreggiata il Paese». Quanto tempo dovrà passare in Italia e nel nostro piccolo, affinché la politica la smetta di considerare chi la pensa in maniera differente un ‘nemico da eliminare’. Ricorrendo a tutto. Persino alle ingiurie personali ed alle menzogne. Senza una motivazione ricavata dalla realtà effettuale delle cose. Lasciando poi che la comunità vada alla deriva. O ricordandosi di essa solo 2 mesi prima delle elezioni. Rimanendo prigionieri della logica totalitarista ed ideologica amico-nemico. In tempi nei quali delle ideologie del novecento non è rimasto più nulla?
Forse è arrivato il momento di abbandonare la morale dell’utile e del piacere individuali che poi sono tutt’uno con la atavica ed antichissima pratica della ‘cura del proprio particulare’ di guicciardiniana memoria. E ritrovare la forza e la voglia di riannodare un dialogo che abbia come scopo unico il benessere della comunità. Superando insopportabili moralismi e giustizialismi usati, come al solito, per gli altri e non per se stessi.


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