Aggiornato:
17/11/2008 ● Caro Direttore
La politica: un dialogo per il benessere della comunità
Cloridano Bellocchio ● 1380
Caro Direttore, la vittoria di Obama, presidente neo-eletto degli Stati Uniti,
costituisce un avvenimento importante e gravido di conseguenze. Speriamo
positive per le sorti del mondo. Quel grande paese ha espresso a modo suo,
risolvendo una volta per tutte anche la ‘questione razziale’, una voglia
incontenibile di cambiamento. Scegliendo una ‘diversa narrazione’ della storia
del mondo e delle categorie per governarlo nell’epoca della globalizzazione.
Il mercatismo e l’individualismo sostenuti da un’idea della libertà come
“assenza da qualsiasi costrizione/impedimento” sembra aver prodotto una
devastante crisi che richiama alla mente quella del ’29 del secolo scorso.
Allora l’economista inglese Keynes propose soluzioni di sostegno della domanda
gestite da accorte politiche pubbliche che, assieme al New Deal roosveltiano,
aprirono la strada al “secolo socialdemocratico” (Dahrendorf), definito in
maniera appropriata “l’età dell’oro” dal grande storico, Eric J. Hobsbawm. Siamo
all’alba di un cambiamento sostenuto da un nuovo paradigma che, tra l’altro,
dimostrerebbe il volto ideologico di affermazioni, di moda nell’ultimo
ventennio, “più mercato, meno Stato”? Non credo ci sarà un ritorno tout-court
allo statalismo. La caduta del muro di Berlino e le conseguenze negative e
mortificanti della burocratizzazione della vita quotidiana lo abbiano
definitivamente sepolto. E’ questo è indubbiamente positivo. Ma la fase
liberista e mercatista, per fortuna alle spalle, ci lascia una eredità di crisi,
non solo finanziaria, ma anche etico-morale.
L’intreccio tra le due sfere economico-finanziaria ed etica risulta evidente. Al
punto che importanti personalità del nostro tempo, ivi compreso il nuovo
presidente Barak Obama, ne hanno richiamato il nesso. Da questo punto di vista,
c’è un aspetto su cui vorrei richiamare l’attenzione. Alla base del successo del
mercatismo-individualista, spacciato come incomprimibile esigenza di ‘libertà’,
a me pare ci sia il sedimento di una cultura, secondo cui, l’individuo è “
misura di tutte le cose ”. Essa rappresenta il nucleo teorico che ha alimentato
e continua ad alimentare un relativismo etico dove la persona è ridotta a
‘formula ambulante’ priva di un criterio umanistico saldo. Capace di fungere da
guida dell’agire nella complessa vicenda esistenziale. Ne deriva, a mio avviso
inevitabilmente, che l’utilità o la edonistica ricerca del ‘piacere a tutti i
costi‘ hanno finito con il prevalere sull’imperativo categorico Kantiano “agisci
in modo tale da considerare te stesso e gli altri come fine e non come mezzo
delle tue azioni” o, se si preferisce, sul comandamento cristiano “ama il
prossimo tuo come te stesso”. La vita, così, nell’occidente è finita per
assomigliare sempre di più ad una darwiniana lotta per l’esistenza giocata
all’interno di una sorta di guerra di tutti contro tutti che sembra riecheggiare
il “bellum omnium contra omnes”. Che io credo sia, anche, all’origine delle
‘guerre americane’ e dell’occidente e delle tante ‘grandi e piccole guerre’ che
si combattono quotidianamente. Anch’esse alimentate non ‘dall’amore’ ma dal
‘timore’. Forse la storia e le lezioni che essa ci tramanda potrebbero correre
in nostro soccorso. Ma purtroppo viviamo in tempi dove l’utilitarismo e
l’edonismo (lascito velenoso degli ultimi vent’anni ?) hanno prodotto, oltre al
consumismo sfrenato e distruttivo, una concezione del tempo dove il presente ed
il suo valore appaiono ‘super-dilatati’ e ‘super-considerati’. A scapito della
considerazione verso le radici ( il passato storico) e verso la speranza ( la
libertà di immaginare un futuro). Ed allora la nostra esistenza appare sospesa
alla inutile ricerca di senso in quella terra di nessuno grigia e triste che è
costituita “dal non più e il non ancora”. Non per azzardare giudizi definitivi.
Ma mi piace evidenziare che sul piano storico mi sembra sia uscito sconfitta
l’ideologia della ‘fine della storia’ di Francis Fikujama, immaginata
hegelianamente, all’indomani della caduta del muro di Berlino, per argomentare
sulla sconfitta definitiva del comunismo storico da parte del capitalismo
mercatista imperante. In realtà non si è trattato della fine della storia, ma
dell’avvio di un’altra storia dove la democrazia, come accortamente avvisò
Bobbio, era chiamata a farsi carico delle ‘domande irrisolte’ che avevano
alimentato la ‘utopia comunista’.
Nessuno auspica romanticamente un ‘ritorno alla notte del comunismo
totalitarista’. Ma sono convinto che tocca ad una sinistra moderna ed aperta
raccogliere la sfida democratica profeticamente annunciata da Bobbio. Per il
momento mi piace sottolineare, tornando alla vittoria di Obama, un avvenimento
simbolico ma molto significativo. Il senatore John McCain ha chiamato Obama per
complimentarsi della vittoria: «Ho avuto l'onore di congratularmi con il
senatore Obama, che questa notte è diventato il nuovo presidente degli Stati
Uniti». «Abbiamo lottato duramente e non ce l’abbiamo fatta, il fallimento è
mio, non vostro», dice. «Ora bisogna rimettere in pista questo Paese. John
McCain ha invitato i suoi seguaci a «mettere da parte le divergenze e a lavorare
insieme per rimettere in carreggiata il Paese». Quanto tempo dovrà passare in
Italia e nel nostro piccolo, affinché la politica la smetta di considerare chi
la pensa in maniera differente un ‘nemico da eliminare’. Ricorrendo a tutto.
Persino alle ingiurie personali ed alle menzogne. Senza una motivazione ricavata
dalla realtà effettuale delle cose. Lasciando poi che la comunità vada alla
deriva. O ricordandosi di essa solo 2 mesi prima delle elezioni. Rimanendo
prigionieri della logica totalitarista ed ideologica amico-nemico. In tempi nei
quali delle ideologie del novecento non è rimasto più nulla?
Forse è arrivato il momento di abbandonare la morale dell’utile e del piacere
individuali che poi sono tutt’uno con la atavica ed antichissima pratica della
‘cura del proprio particulare’ di guicciardiniana memoria. E ritrovare la forza
e la voglia di riannodare un dialogo che abbia come scopo unico il benessere
della comunità. Superando insopportabili moralismi e giustizialismi usati, come
al solito, per gli altri e non per se stessi.
