BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000
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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilità alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 è attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attività professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali è in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (circa 3.200.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonché editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, così, l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


31/10/2009 ● Cultura

Alla Porta del Paradiso

Il convento detto anche “Alla Porta del Paradiso” fu fondato nel XIV sec. da Agnese di Durazzo. Distante poco più di un chilomentro dal paese, esso era immerso in un bosco esteso che allora copriva tutto l’attuale colle di S. Adamo.

  Domenico Aceto ● 3927


Dopo aver conosciuto quali erano le entrate dell’università, passiamo ora ad esaminare la vita che si conduceva in un convento e quali erano i rapporti di una comunità religiosa con quella civile.
Iniziamo prendendo in considerazione il convento di S. Eremo.
Questo convento detto anche “Alla Porta del Paradiso” fu fondato nel XIV sec. da Agnese di Durazzo. Distante poco più di un chilomentro dal paese, esso era immerso in un bosco esteso che allora copriva tutto l’attuale colle di S. Adamo.
La sua chiesa era frequentata da molti pellegrini ed era tenuta in una certa considerazione come attesta un documento del 1546. In esso si dice che un certo don Sante De Veneziis: “ …lassa alli frati de Santo Eramo per l’anima de ipso testatore et per loro fatige per andare e tornare dal loro convento uno castrano (agnellone) et uno barilo de vino del migliore et, se per sorte non si contentasse del castrano, se li habbia da dare carlini quatro…
Successivamente aggiunge: “ …Ancora lassa alla lampa de S. Eramo pignati tre de oglio (un pignato era pari a l. 4 circa) e ancora: “ …alla venerabile ecclesia de S. Eramo et frati, perché se habiano da celebrare le messe di S. Gregorio e de la grazia, alli quali li lassa la elemosina secondo il solito. (Atti del not. G. L. De Manfrodino 1546, doc. 36, pag.58).
Nella metà del XVI sec. le condizioni economiche di questo convento erano piuttosto precarie, come attestano due atti notarili dell’epoca.
Ecco il primo, datato 1546.

COMPRAVENDITA
[Doc. 58 Pag. 72]

Il giorno 25 del mese di agosto 1546. Correndo la IV indizione. Nel territorio di Guglionesi, nel venerabile monastero di S. Eramo; presenti: Lillo De Nona della predetta terra, per il presente anno giudice annuale illetterato, io stesso G. Leonardo De Manfrodinis di Lanciano ed i testi sottoscritti, letterati e illetterati, cioè: mastro Cico De Colantonio, G. Geronimo De Gerisa ed Evangelista Valletta della detta terra di Guglionesi.
Oggi predetto giorno e luogo si sono personalmente costituiti i reverendi padri fra Innocenzo De Cilinzone, guardiano del venerabile monastero di S. Eramo della detta terra di Guglionesi, fra Francesco da Castropignano, vicario, fra Geronimo della terra di Vasto Aimone e la maggior parte dei monaci anziani del detto monastero congregati e convocati al suono della campanella come è costume e asserirono, a nome e per parte del detto monastero e convento, che tra gli altri beni del detto monastero, hanno e posseggono, a giusto titolo e in buona fede, una certa casa sita nella terra di Guglionesi, nella parrocchia di S. Pietro, confinante da un lato con Cesare De Tumesio, dall’altro lato con l’orto di Leonardo Mancini, davanti con strada pubblica e altri confini, franca.
E, fatta la predetta asserzione, i predetti guardiano e frati di cui sopra, per l’utilità e la necessità del detto monastero, deliberarono di vendere a qualcuno e alienare (la detta casa) al maggior offerente. E poiché, come dissero, più e più volte fecero bandire in luoghi pubblici della detta terra di Guglionesi, nei giorni festivi e feriali ad alta e intelligibile voce, secondo l’usanza dei banditori, e accesa e spenta una candela, come richiesto, nessuno offrì più di Cesare De Tumesio della detta terra di Guglionesi che si dichiarò pronto a comprare la detta casa per il prezzo di ducati dieci di carlini d’argento.
Volendo perciò la detta deliberazione portare ad effetto, i predetti guardiano e frati sopranominati, col consenso di Iannitto De Silvestro della detta terra di Guglionesi, procuratore del detto monastero, ivi stesso presente, senza costrizione, avuto anche il permesso del reverendo ministro della detta religione, come dissero, ma di loro pura e spontanea volontà, per diritto proprio e in perpetuo vendettero, alienarono e con atto pubblico, in modo legittimo, assegnarono allo stesso Cesare De Tumesio, ivi stesso presente per sé, la detta casa come sopra limitata e confinata, giusto i suoi legittimi e naturali confini libera; da aversi con tutti i diritti e con tutti gli accessi e uscite, i suoi usi e pertinenze fino alla strada pubblica, per il prezzo e a nome di prezzo definito di ducati dieci di carlini d’argento, cioè alla ragione di carlini dieci per ciascun ducato di moneta corrente di questo regno, del quale prezzo, totale e integro i detti venditori, davanti a noi, presentemente e manualmente ebbero e ricevettero dallo stesso compratore tre scudi d’oro alla ragione di carlini undici per ciascun scudo e i rimanenti, i detti venditori sopra nominati, in vero confessarono di aver avuto e ricevuto dallo stesso compratore, per il motivo predetto, in buona , scelta e numerata moneta, eccetto la ricezione futura. Se anche la detta casa, di cui sopra venduta, valesse di più, i detti venditori sopra nominati donarono allo stesso compratore presente, a titolo perpetuo di donazione, irrevocabilmente fra i vivi, sulla quale casa venduta i detti venditori non hanno riservato alcun diritto per sé stessi o per qualcun altro di essi sotto qualunque titolo, ma i detti venditori sopra nominati, dal presente giorno della stipula di questo contratto, con pieno diritto trasferirono e consegnarono, davanti a noi, al detto compratore realmente libera e pronta in tutto sin d’ora.
E i detti venditori, davanti a noi, diedero allo stesso compratore la detta casa di cui sopra venduta, e costituirono sé stessi sopra nominati di concedere in tutto la detta casa e che (il compratore) prende per intero, in virtù di detto contratto.
E i detti venditori sopra nominati promisero e si impegnarono, sotto ipoteca e obbligazione di tutti i beni di detto monastero, di non portare allo stesso compratore alcuna lite e questione in giudizio o extra sulla detta casa venduta o su una parte di essa, ma la stessa casa venduta con tutti i suoi diritti, tanto di possesso che di proprietà, sempre e in ogni tempo futuro liberano da ogni debitore con oneri propri degli stessi venditori, eredi e successori.
E promisero di ritenere valida e ferma e di non invalidare la detta vendita, sotto pena del raddoppio, eccetto del danaro non consegnato; quindi rinunziarono e giurarono.

Due anni dopo, i monaci dello stesso convento, per far fronte alle spese, sono obbligati a vendere un altro loro immobile.
Ecco come un documento del 1548 riporta il fatto.

COMPRAVENDITA
[Doc. 42 Pag. 74]
23 Settembre 1548 - In favore di Mastro Matteo

Il giorno 23 del mese di settembre 1548. Nel venerabile monastero e convento di Sant’ Eremo della terra di Guglionesi. Correndo la VII indizione.
Presenti Leonardo De Marucia di Antonio, per il presente anno giudice annuale, illetterato, e io notaio Giovanni Leonardo e i testi sottoscritti letterati e illetterati, cioè: il magnifico Felice De Roveris, Fabio De Geriso di Silvestro, Antonio (Iannoli) ( le parole entro le parentesi tonte nel testo sono poco chiare) e Berardino De Torre di Giulio della detta terra di Guglionesi.
Il predetto giorno e luogo, in nostra presenza si sono personalmente costituiti i reverendi padri: fra Paolo di Altamura guardiano del monastero di Sant’Eremo, fra Geronimo De Vetta di Guglionesi, Giovanni Simone di (Mulignazio) longobardo,
Giovanni Bonaventura di Celenza (…) fra Giuliano di Cercepiccola, tutti frati del detto monastero congregati e riuniti, al suono della campanella, nel luogo dove dall’antichità sogliono riunirsi per gestire gli affari a nome e per parte del detto monastero, con espresso consenso, autorità e presenza del nobile Giovanni De Benedictis procuratore del detto monastero ivi stesso presente, davanti a noi, asserirono che il detto monastero ha alcuni debiti e precisamente ducati venti e tarì due che il detto monastero è tenuto a pagare per i lavori della cisterna.
E poiché lo stesso monastero non ha oro né argento per poter e voler estinguere il detto debito se non con la vendita della metà di una certa casa dello stesso monastero sita nella terra di Guglionesi, nella parrocchia di San Giovanni, confinante da un lato con il bene di Francesco De Martino, dall’altro lato con la casa di Morapaolo, davanti con la strada pubblica e da piedi con i beni di detto monastero di Sant’Eremo e altri confini, franca. E poiché più e più volte fecero bandire con alta e intellegibile voce, come è solito, secondo il costume del banditore, e poiché non si presentò nessuno che volesse comprare la detta mezza casa, per il detto monastero fu apprezzata dai nobili Ferdinando Cacchione e Cico Chiappino per ducati venticinque di carlini d’argento; e allora si presentò mastro Matteo De Gers, longobardo, il quale si dichiarò pronto a comprare la detta mezza casa per il detto prezzo di ducati venticinque. E fatta la detta asserzione i predetti padre guardiano e frati a nome del detto monastero, con questo atto, vennero alla sottoscritta convenzione col predetto mastro Matteo ivi presente, perciò, oggi predetto giorno senza costrizione, vendettero e con strumento, in modo legittimo assegnarono al predetto mastro Matteo, ivi presente, la detta mezza casa, cioè la mità de la casa quale ei partuta
(è divisa) con Morapaulo cio tutta la parte compete alla ecclesia per il prezzo e a nome di prezzo definitivo di ducati venticinque il quale totale e integro prezzo i detti venditori davanti a noi, sopra nominati, confessarono di aver avuto e ricevuto dallo stesso compratore in questo modo, cioè: per factura della citerna ducati vinti e tarì duj et reliquo dicto compratore ne fa opera ad ipso monasterio (fa lavori per il convento). E se per caso valesse di più, lo donarono ad esso compratore per i molti servizi, graditi e accettati che la detta chiesa ebbe dallo stesso compratore, da aversi franca e con questo patto: che nullo (… apparato allo) muro verso lo casarino se no Matheo paga ad ipso monastero lo muro ad ragione de carlenis (carlini) quinici la canna (la canna era formata da otto palmi ed era equivalente a cm. 211,6 circa) assì como lo ipso lo have comprato, e si costituirono in tutto per lo stesso di tenere e dare quanto col presente strumento davanti a noi diedero e costituirono, salvo e con riserva in tutto dell’assenso e consenso del reverendo ministro del detto ordine; e promisero i detti venditori, i nomi di cui sopra, con l’autorità di cui sopra di ratificare con l’obbligazione di tutti i beni del detto monastero e sotto pena del raddoppio. Quindi, si toccarono il petto e giurarono il vero.

Il canonico Rocchia riferisce che nel 1567 questo convento fu saccheggiato dai turchi, ma che in breve tempo si risollevò, tanto che nel 1614 vi si tenne il capitolo provinciale.
Fu soppresso nel 1883 e il suo territorio fu trasformato in cimitero (A.M.Rocchia, "Cronistoria di Guglionesi....", pag.109).
Cosa ci rimane di questo convento?
Brandelli di muri, la chiesa, il pozzo e notizie di vita quotidiana che possiamo ricavare dai documenti citati.
Veniamo a sapere per esempio che la realizzazione del pozzo del chiostro del convento (che è quello che utilizziamo ancora oggi nel cimitero) è costato ducati venti e tarì due (un tarì equivaleva a due carlini). Che nell’università di Guglionesi, oltre a quella di S. Maria Maggiore, esistevano le parrocchie di S. Giovanni e di S. Pietro. Che diversi cittadini, dopo secoli, continuavano ad identificarsi col termine “longobardo”. Possiamo ancora conoscere quale era la lingua volgare, cioè l’italiano che si parlava allora nella nostra regione.
Notizie minori certo, ma che assieme ad altre ci permettono di ricostruire la vita della nostra comunità.

Stemma francescano sul portale della chiesa di S. Giovanni in Eremo

Resti del convento di S. Giovanni in Eremo

Il pozzo e la chiesa del convento di S. Giovanni in Eremo

Il pozzo del convento di S. Giovanni in Eremo

La "quercia di S. Pasquale", albero secolare piantato dai monaci del convento

La chiesa di S. Giovanni in Eremo

[Foto archivio di Fuoriportaweb]





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