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		8/11/2010 ● Cultura
A proposito di ‘eolico’ nel Molise: la politica impedisca lo scempio del nostro patrimonio
  Pietro Di Tomaso ● 1872 
        
        La Coldiretti Molise, tramite i suoi massimi dirigenti, si è recentemente 
espressa così: “Ormai da tempo raccogliamo il malumore di imprenditori 
agricoli che lamentano l’indiscriminata nascita di parchi eolici vicino a 
terreni coltivati; ed il fatto che anche gli agricoltori cominciano a 
lamentarsene… costituisce un segnale forte che accende i riflettori su di un 
problema fino ad ora taciuto, ovvero l’affitto di terreni agricoli per 
l’installazione di parchi eolici da parte di molti Comuni della regione (…). 
Riteniamo urgente un intervento della Regione Molise affinchè il nostro 
territorio pur favorendo, come è giusto che sia, la nascita di fonti rinnovabili 
di energia, non venga stravolto nella sola logica di far cassa” (fonte: 
Altromolise, 5.11.2010).
“Il Consiglio di Stato – scrive il prof. Salvatore Settis su Repubblica 
del 7 corrente – ha appena cestinato la tutela del sito archeologico di 
Saepinum (Molise), con una sentenza che offende il Codice dei Beni Culturali e 
la Costituzione, autorizzando una centrale eolica contro il divieto della 
Direzione Regionale ai Beni culturali”. E’ il caso di ricordare che la “tutela 
del paesaggio e del patrimonio storico artistico della Nazione” (art.9 della 
Costituzione) è un valore primario e assoluto.
Come indica la Convenzione europea del paesaggio, “non può esservi tutela 
efficace del paesaggio senza ricostruire dal basso e dalla scuola una coscienza 
di luogo che la globalizzazione ha teso e tende a eliminare… “.
Cesare Brandi (Siena 1906 – 1988), il più grande storico dell’arte del ‘900 
merita di essere studiato per ciò che riguarda il paesaggio. La lucidità 
argomentativa di Brandi “ambientalista” spicca nell’antologia dei suoi scritti 
giornalistici, raccolti sotto il titolo “Il patrimonio insidiato” (Editori 
Riuniti). Egli ha svolto un’opera di bonifica etico-culturale a favore della 
tutela del paesaggio e dell’arte come “un insieme indissolubile” e contro 
“l’universale riduzione dei valori a valore monetario”. E’ sperabile che 
questi scritti divulgativi non sfuggano all’attenzione di quanti hanno a cuore 
la difesa del nostro patrimonio. E magari finiscano sul tavolo di lavoro degli 
amministratori civici come viatico prezioso.
Questa premessa per dire che dobbiamo far parlare del Molise per la sua civiltà, 
non per la devastazione del suo paesaggio. La battaglia che va fatta non è 
quella per avere finanziamenti per gli impianti eolici e/o fotovoltaici, ma 
quella per il sostegno all’agricoltura. Peraltro, il Molise già produce energia 
per circa quattro volte il proprio fabbisogno. Cedere terreni agricoli per il 
fotovoltaico significa continuare a devastare un territorio già ferito dalle 
pale eoliche. Ci si chiede: al posto della civiltà agricola si vuole un “immenso 
specchio di vetro”? Si individuino altri luoghi, come saggiamente consiglia 
Legambiente: “E’ sbagliato un modello che preveda lo sviluppo del fotovoltaico 
in sostituzione di colture agricole”. Questi impianti vanno collocati in aree 
industriali, cave, terreni da bonificare. Vanno installati sui tetti delle case, 
ma che non siano quelli dei centri storici. Nel decalogo della Società 
Geografica Italiana per la buona politica a difesa del nostro patrimonio 
(Rapporto annuale 2009), si legge: ”Non si comprende perché un Paese che ha 
fra i principi fondamentali della sua Costituzione, all’articolo 9, ‘la tutela 
del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione’, non assuma il 
paesaggio e la protezione del patrimonio culturale come limite invalicabile alle 
politiche del territorio (…). Non è ammissibile che con le premesse contenute 
nell’articolo 9, non esista una norma che regolamenti l’uso del suolo e 
riconosca che beni come il suolo, il territorio, il paesaggio, costituiscono la 
base fondativa di ogni produzione di ricchezza durevole”. Insomma, il 
governo nazionale deve decidere “le linee di politica strategica del 
territorio… per evitare che regole astratte, a fronte di un beneficio economico 
congiunturale, portino alla definitiva distruzione della risorsa paesaggio… 
“. Oggi – sostengono i ricercatori della Società Geografica – il paesaggio si 
difende nelle campagne. “La varietà dei paesaggi italiani sopravvive nei 
paesaggi rurali tradizionali rimodellati da una rinnovata agricoltura contadina, 
dove gli attori sono i nuovi agricoltori che stanno ripopolando le campagne con 
una consapevolezza paesaggistica che mancava alle generazioni precedenti”. 
E’ bene riflettere, dunque, su un piano paesistico basato “su un modello di 
sviluppo in grado di produrre nuove relazioni, nuova qualità ambientale, nuova 
vitalità per borghi e piccole città”. 
