 
Aggiornato:
 
		29/11/2010 ● Cultura
Prima del voto un governo di alleanza costituzionale
 Pietro Di Tomaso ● 1688
  Pietro Di Tomaso ● 1688 
        
        Premesso che l’eventuale alleanza per l’emergenza democratica sarebbe un atto 
di consapevole responsabilità per il bene del Paese, ritengo utile incominciare 
queste note dall’unico punto fermo che ci resta: la nostra Costituzione. Ma, 
come ci ricorda l’illustre studioso di politica Giovanni Sartori, “anche la 
nostra Costituzione viene sempre più ‘forzata’ da letture che la distorconoâ€. 
Un dato incontestabile è che “le democrazie moderne non sono democrazie 
diretteâ€. Sono invece democrazie indirette fondate sul principio della 
rappresentanza, e perciò democrazie rappresentative. L’eletto rappresenta la 
nazione (non i suoi elettori) “senza vincolo di mandatoâ€, e la nostra è 
una repubblica parlamentare. Tuttavia si tende a gridare al ‘ribaltone’ in 
previsione di una nuova maggioranza in Parlamento. “E’ una parola (il ‘ribaltone’) 
– osserva il professor Sartori (Corriere della sera, 18 novembre) – che non è 
accolta in nessun testo di nessun’altra democrazia parlamentare, visto che 
cambiare governo e cambiare maggioranza (o anche cambiare partito) costituisce 
parte integrante del loro modus operandi, del loro funzionamento. I sistemi 
parlamentari sono per eccellenza sistemi flessibili che nel corso del loro 
cammino possono benissimo cambiare personale e politicheâ€.
Ciò detto, è auspicabile un governo di alleanza costituzionale che ‘raggiusti’ 
le istituzioni prima del voto e con un solido accordo programmatico che vada 
oltre la correzione della sola legge elettorale. Il governo Berlusconi ha deluso 
ampiamente, ha fallito in maniera fragorosa. Questo governo si è distinto per 
aver realizzato tagli massicci alla cultura, alla ricerca, alla scuola pubblica. 
Al contempo ha mostrato una particolare attenzione alle leggi ‘ad personam’. 
Quel che ha reso anomala l’Italia – osserva Barbara Spinelli (Repubblica, 17 
novembre) - “è l’ascesa irresistibile di un uomo che fa politica come magnate 
mediatico. Berlusconi ha conquistato e retto il potere non malgrado il conflitto 
d’interessi, ma grazie ad esso. Il conflitto non è sabbia ma olio del suo 
ingranaggio, droga del suo carismaâ€.
Non bisogna perdere ancora altro tempo. Il Paese sembra disistimare la classe 
politica ogni giorno di più. Ci si adoperi dunque a creare le condizioni per 
un’alleanza costituzionale larga che comprenda PD, UDC, API, FLI, IDV e le altre 
opposizioni (ivi compreso Vendola il quale ha dichiarato di voler convergere in 
un ‘disegno di salvezza del Paese’), al netto dei movimenti ‘antipolitici’ (come 
quello di Grillo). Casini, da parte sua, già partecipa a governi locali e 
regionali di centrosinistra (a Venezia come in Liguria), pertanto vinca le sue 
incertezze sulla base di un programma concordato e di un’ etica della 
responsabilità. Anche Fini dovrà trovare le giuste motivazioni traendo forza e 
convincimento nei valori costituzionali da salvaguardare e richiamati nel 
recente ‘manifesto futurista’. 
Il governo istituzionale di cui si discute dovrà aprire un percorso di confronto 
coinvolgendo le forze del lavoro e quelle delle imprese per un nuovo ‘patto 
sociale’. Altre misure s’impongono. Esse riguardano il settore 
dell’informazione, il conflitto d’interessi, la conoscenza (scuola, università, 
ricerca), l’ambiente, i diritti di cittadinanza, il rilancio dell’agricoltura 
(come auspicato dal Papa).
Naturalmente il desiderio di cambiamento del quadro politico esistente ha 
bisogno di un soprassalto morale della “società civileâ€. Come è stato osservato 
(Gian Enrico Rusconi, La Stampa, 22 novembre), non basta che milioni di 
telespettatori assistano maliziosamente divertiti alla messa in berlina o al 
match di alcuni potenti per segnalare un potenziale risveglio alternativo. 
Limitarsi a ridere dei potenti, e stare a guardare come va a finire, senza 
esporsi, significa consolidare un certo (mal)costume italico. “Che fanno 
– si chiede il prof. Rusconi - i cattolici che sono la parte più consistente 
e qualificata della ‘società civile’� A ben vedere, il mondo cattolico 
appare diviso. Conseguentemente, l’esito della riscossa civica di cui sopra 
dipende molto dai cattolici. Personalmente spero che i credenti non scelgano una 
sponda antilaica e antisinistra nel berlusconismo. Nel centrosinistra esiste una 
laicità positiva e rispettosa dei valori della fede cattolica (mi limito a 
ricordare che De Gasperi, cattolico/laico, si definiva ‘uomo di centro che 
guarda a sinistra’). Come riferisce Angelo Bertani su Europa del 26 corrente, 
nel marzo 2004 padre Sorge (Aggiornamenti sociali) scrive un editoriale 
coraggioso: â€Non c’è dubbio che alla base della Chiesa italiana vi sia un 
certo malessere per il silenzio dei vescovi sulla grave situazione del paeseâ€. 
E Bertani aggiunge: “Tra i vescovi coraggiosi c’è Tommaso Valentinetti. Nel 
2006 Bondi aveva inondato le parrocchie con un opuscolo di Forza Italia sui: 
“Cinque anni di governo Berlusconi letti alla luce della dottrina sociale della 
Chiesaâ€. Il vescovo risponde: “ Non possiamo tacere lo sconcerto e lo stupore 
per questa pubblicazione… Non possiamo accettare che alcun partito si presenti 
come garante della dottrina sociale della Chiesa… Non si tenti di comprarci. 
Rispettate la nostra libertà di coscienzaâ€. E Pax Christi aggiunge: “Ci indigna 
l’arroganza, la mancanza di pudore, la presunzione nel presentarsi come 
interpreti fedeli del magistero…â€.
“…Ma ci sono segni nuovi e importanti: Bagnasco ammonisce che “non c’è una 
buona politica senza un vivere rettoâ€. Famiglia Cristiana (21 nov.) 
riassume: “I cristiani non hanno la pretesa di essere, essi soli, i salvatori 
della patria; ma sono consapevoli che l’Italia non potrà uscire dalla difficile 
situazione in cui si trova senza l’apporto dei cattoliciâ€. Ripartiamo da quiâ€. 
Sì, ripartiamo da qui con la speranza che l’Italia intera non si rifiuti di 
vedere la realtà e voglia perciò voltare pagina. 
