Aggiornato:
29/8/2011 ● Politica
A proposito di sussidiarietà: noterelle a margine
Cosi Alexis de Tocqueville in Democrazia in America, descrive il
funzionamento della vita sociale : “Gli Americani di tutte le età, condizioni
e tendenze si associano di continuo. Non soltanto possiedono associazioni
commerciali e industriali, di cui tutti fanno parte, ne hanno anche di mille
altre specie: religiose, morali, grandi e futili, generali e specifiche,
vastissime e ristrette. Gli americani si associano per fare feste, fondare
seminari, costruire alberghi, innalzare chiese, diffondere libri, inviare
missionari agli antipodi; creano in questo modo ospedali, prigioni, scuole.
Dappertutto, ove alla testa di una nuova istituzione vedete, in Francia, il
governo, state sicuri di vedere negli Stati Uniti un’associazione”. Prassi
che in seguito verrà chiamato il ‘principio di sussidiarietà’.
Ed ancora “ i mali cominciano quando invece di fare appello alle energie e
alle iniziative di individui ed associazioni, il governo si sostituisce ad essi;
quando invece di informare, consigliare e, all’occasione, denunciare, e imporre
vincoli, ordina loro di tenersi in disparte, e agisce in loro vece”. ( J.S.
Mill in On Liberty)
Siamo ricorsi alle citazione di due giganti del pensiero in generale, liberale e
liberaldemocratico in particolare, cercando lumi per tentare di rispondere a due
domande.
1° domanda: quando chi vuole intraprendere un’attività, in forma
privata o associata, confida esclusivamente sul contributo pubblico e/o la
copertura politica, utilizza il principio di sussidiarietà ? Se si a quale
prezzo?
a. Danneggia e scoraggia le imprese singole o private escluse che invece devono
confidare solo sulle proprie capacità ( innovando i propri modelli gestionali e
sull’uso dei fattori produttivi) e sulle risorse proprie in competizione aperta;
b. Mortifica la meritocrazia, la qualità e la competizione verso il meglio,
scaricando i propri costi e le proprie inefficienze sugli utenti;
c. Uccide la libertà ( la sua e degli altri !! ) in cambio di un qualche
guadagno immediato e condanna ( stesso e gli altri) a vivere all’interno di una
subdola e pericolosa forma di statalismo assistenzialistico. Esprimibile nella
formula “ ciò che non fa il pubblico, lo paga il pubblico”.
Il risultato. Una società bloccata. Individui ridotti dal bisogno o anche dal
semplice egoismo utilitaristico a cortigiani silenziosi e compiacenti. In simile
contesto come è possibile immaginare un futuro da protagonisti.
Siamo all’esatto contrario del principio si sussidiarietà che si basa sull’
individualismo metodologico, secondo il quale ad agire non è lo Stato, la
nazione, la classe o il partito ma sempre e soltanto individui. Ovviamente
riferiti a tutti secondo il canone universalistico.
2° domanda: in siffatto sistema nel rapporto rappresentanti/rappresentati
chi ci guadagna?
Verrebbe voglia di utilizzare la celebre figura fenomenologica hegeliana: il
rapporto servo-padrone. Dove com’è noto il rapporto asimmetrico si rovescia a
favore del servo venendosi a configurare come il padrone che diventa servo del
servo.
Ma le cose evidentemente non stanno totalmente così.
L’assillo di taluni politici a mostrarsi disponibili ed accondiscendenti, anche
a costo di negare la verità, tradisce un’ apertura ‘populistica’ pagata con i
soldi degli altri. Che nel contempo mortifica le energie migliori. In cambio
dell’agognato voto.
Tornando alla qualità del rapporto rappresentanti/rappresentati in siffatto
sistema emerge un alternarsi di ruoli e funzioni. Servi e primi ( i
rappresentanti) durante l’esercizio del mandato. Servi i secondi( i
rappresentati) nel momento del voto.
Se questo ragionamento è realistico sembra emergere un bisogno incontenibile di
sussidiarietà.