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		5/1/2013 ● Solitudini d'autore
Il buon governo
 Redazione FPW ● 1740
  Redazione FPW ● 1740 
        
        

Ritorno all’etica e buone riforme
Il presidente Napolitano ha messo al centro del suo discorso di Assisi la 
questione morale. Lo ha fatto in un momento in cui questo problema pesa come un 
macigno sulla nostra immagine nel mondo e sul nostro futuro politico, economico 
e sociale. La corruzione sta infatti erodendo le basi stesse della nostra 
democrazia.
Non è purtroppo un fatto nuovo ma, rispetto alla stagione di Mani pulite, non vi 
è solo un’ulteriore diffusione del fenomeno da un punto di vista quantitativo ma 
una differenza qualitativa: prima si rubava soprattutto per il partito, ora 
si ruba soprattutto per se stessi. E’sconcertante che, di fronte al 
giustificato risentimento dell’opinione pubblica, la legge anticorruzione sia da 
più di tre anni ferma in parlamento e, ancora in queste ore, essa sia oggetto di 
più o meno aperto ostruzionismo.
Questa legge va approvata subito e va accompagnata da provvedimenti atti a 
limitare decisamente i costi della politica, agendo in tre direzioni: una 
drastica riduzione delle esorbitanti risorse destinate a partiti, istituzioni e 
apparati pubblici; l’attivazione di controlli efficaci affidati ad autorità 
esterne ed indipendenti e l’obbligo di trasparenza nella gestione delle risorse 
pubbliche. Di fronte a tutti gli italiani la politica si presenta infatti sempre 
più vorace di risorse e sempre più scarsa di idee, mentre il paese domanda una 
politica povera di risorse e ricca di idee.
Il messaggio che si riceve quotidianamente è che i dibattiti sui contenuti 
diminuiscono e aumentano i festini, vengono a meno i buoni esempi e sono 
abbandonati i principi fondamentali della Costituzione. Tornare alla 
Costituzione è quindi condizione necessaria per la buona politica. Non parlo 
solo dell’applicazione dei principi generali ma degli obblighi che nascono dagli 
articoli 39 e 49, secondo i quali i partiti e i sindacati hanno l’esplicito 
dovere di fondare la loro azione su precise e trasparenti regole democratiche.
Tutte queste misure, seppure necessarie, non sono tuttavia sufficienti se non 
sono accompagnate da una riforma della mentalità, della cultura e del costume, 
proprio come ha sottolineato il presidente Napolitano ad Assisi. A cui io 
aggiungo la necessità che la politica sia interpretata come una funzione che può 
essere esercitata in un periodo più o meno lungo dalla propria vita e non un 
mestiere senza il quale non si riesce a campare. Per questo motivo ripeto 
pedantemente a tutti i giovani desiderosi di entrare in politica che si 
costruiscano prima una professione. Se non possiedono un mestiere, essi saranno 
fatalmente obbligati ad accettare qualsiasi compromesso che permetta loro di 
vivere.
Si tratta quindi di rovesciare la cultura e l’etica pubblica che hanno dominato 
negli ultimi anni, corrodendo la vita civile: il mito del successo facile, il 
ricorso alle scorciatoie per fare carriera, l’idea che con il denaro si possa 
comprare tutto, tutti e tutte. Un veleno per le nuove generazioni, nelle quali 
si è installata l’illusione che non sia necessario studiare, applicarsi e 
sacrificarsi.
Riguardo a tutti questi problemi, senza volere indulgere a processi sommari, si 
dovrà prima o poi tracciare un bilancio delle responsabilità che fanno capo 
anche alle agenzie educative che avrebbero dovuto reagire con più energia di 
fronte a un degrado morale di cui erano da tempo ben chiare le manifestazioni. 
Per non parlare delle responsabilità di tutti noi che, come cittadini 
elettori, ci siamo troppo spesso voltati dall’altra parte, facendo finta che la 
politica non abbia nulla a che fare con la morale.
Vi è però un ultimo punto che merita un’attenta riflessione. E’ infatti doveroso 
sottolineare come l’etica non sia da sola sufficiente a riformare nel modo 
corretto la società in cui viviamo. Essa deve essere tradotta in efficienti 
misure di buon governo. Vedo infatti che, fronte a questo evidente degrado, 
anche quando le istituzioni si preoccupano di dare un messaggio di riconquistato 
rigore etico, lo fanno spesso con strumenti e decisioni che, pur perseguendo un 
obiettivo lodevolmente moralizzatore, male si prestano ad affrontare i problemi 
del funzionamento della nostra economia e delle nostre istituzioni.
Stiamo ben attenti a non cadere in quest’errore, anche se tutto ciò può fare 
contento il popolo sovrano. Non si può ad esempio buttare a mare il concetto 
stesso di autonomia regionale perché tanti assessori o consiglieri hanno rubato 
o hanno sbagliato. Non si possono fare le riforme solo con lo scopo di 
rincorrere i lazzaroni.
Romano Prodi (Il Messaggero del 7 ottobre 2012 | cfr.
www.romanoprodi.it)
