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10/6/2013 ● Caro Direttore
Indimenticabili maestre di vita
Caro direttore,
sento di condividere totalmente le considerazioni che hanno ispirato Fuoriportaweb a proposito della chiusura della esperienza delle
nostre suore la cui opera ci ha accompagnato per oltre per oltre
mezzo secolo.
Sul piano storico è stata un’opera altamente
meritoria e significativa. Che ha inciso profondamente sulla
formazione e l’ educazione di molte generazioni.
Suor Crescenza, Suor Ilaria. Indimenticabili maestre di vita.
Usavano la dolcezza materna. In tempi difficili, il decennio del
dopoguerra, nei quali le mamme erano costrette ad uscire all’alba
per tornare al tramonto. Le necessità che stringevano le famiglie
erano più forti di qualsiasi cosa.
Alla strada, luogo unico di
socializzazione per i ragazzi, in una comunità rurale manchevole di
tutto ( o quasi), hanno saputo sostituire validamente momenti di
aggregazione positiva introducendoli alla musica ( attraverso la
corale), alla drammatizzazione teatrale, ai valori della tradizione (
Natale, il carnevale, la settimana santa, le festa dei santi, il
catechismo, i viaggi, ecc). Hanno saputo educarci al messaggio
evangelico senza impedirci scelte diverse. Con lo scambio amorevole e
comprensivo tra maestro ed allievo che educa alla libertà .
Un ricordo. Mi si perdoni l’introduzione di questa nota personale. I
primi anni settanta ( avevo 14 anni) molti decisero, quasi di colpo,
di sperimentare nuove ed inedite strade. Lontane dalla parrocchia. E
dalla casa madre: l’asilo comunale. Che nel pomeriggio organizzava
iniziative coinvolgenti per tanti ragazzi. La scoperta della politica
come strumento di emancipazione. Il rifiuto della parrocchia. Taluni,
come il sottoscritto, all’impegno politico affiancavano l’amore,
condiviso con altri, per la musica rock. Quindi, le prove,
l’ascolto della musica inglese: Deep Purple, Led Zeppelin, Beatles,
Pink Floid. I tentativi, un po’ comici a ripensarci oggi, di
imitare le grandi rockstar. Anche negli stili di vita. Si avvicinava
il Natale. Scendevano i primi fiocchi di neve. Stavamo facendo le
prove, come tutti i pomeriggi, in un locale del centro storico. Non
molto distante dall’asilo. Di colpo nonostante il frastuono degli
strumenti elettrici sentimmo qualcuno picchiare nella porta. Forte e
deciso. Andammo ad aprire. Chi era? Suor Ilaria. Con il solito sorriso
velato di severità . Come solo lei sapeva fare. Ci disse “ ma fine
avete fatto. Ma come avete dimenticato il coro di Natale ?. Occorre
preparare i canti. Questa volta suonerete voi!!â€. Ci convinse senza
nessuna discussione. Nessuno di noi ebbe l’ardire di negare la
richiesta di Suor Ilaria. Si ricompose il coro. Questa volta la musica
era cambiata. L’accompagnamento non era fatto con l’organo. La
messa ( almeno per i canti) era diventata messa beat. Con i
musicisti ( muniti di chitarre elettriche, organi roch ed i tamburri
della batteria con amplificazione e microfoni) ed il coro posizionati
a lato dell’altare maggiore. Con la disperazione della catechiste
preoccupate, ma disponibili. Tutto andò per il meglio.
Suor Ilaria e
Don Carlo avevano fatto il miracolo di riconquistare ‘ancora per una
volta’ i loro ragazzi cresciuti nella strada. Educati e formati
‘nella grande casa’. L’asilo Comunale.
A distanza di anni ripenso al valore metodologico di tali scelte. Il
coraggio e le larghe vedute delle nostre suore-educatrici. Andare a
cercare a ritrovare i loro ragazzi. Che si erano incamminati su altre
strade ( lontane dalla parrocchia vista come luogo
ostativo della emancipazione) per attuare i loro sogni. Quelli di
una generazione che credeva nel cambiamento e guardava con
scetticismo crescente la parrocchia, la religione e, persino, il
senso del sacro. Dirigersi dai loro ragazzi per riabbracciarli e
ricondurli … nell’altare centrale. Fu una delle ultime volte. Ma
loro ci provarono. Cercarono di evitare che il legame si spezzasse.
Nessuno era lasciato solo. Loro offrivano conforto e soluzioni. Senza
imposizioni. Il rapporto a tutti gli effetti non si è mai spezzato.
Evidentemente le radici erano forti. Nessun vento poteva schiantare le
piante ( che stavano diventando alberi) cresciuti nella grande casa.
Assistere alla fine di quella tradizione è come se un pezzo della
nostra vita se ne va con essa. La sensazione di una comunità che non
sa reagire rinnovandosi senza perdere se stessa è forte.
Il processo
di impoverimento come comunità sembra inarrestabile. Saprà questa
comunità porre rimedio a questa deriva di decadenza e di graduale
abbandono? Trovando dentro di sé le forze per farla rialzare?.
Occorrerebbe fare qualcosa. Dopo che nulla è stato fatto per
evitare. Nel frattempo non possiamo non ringraziare con gratitudine
infinita le suore che ci hanno accompagnato negli ultimi anni.
Nella
speranza che il tutto non venga avvolto nell’oblio.