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		16/12/2013 ● Cultura
La Chiesa sciupata? Ma non era troppo ricca e grassa?
 Paolo De Socio ● 1492
  Paolo De Socio ● 1492 
        
        Caro Mario, 
anch’io faccio una premessa. Ti ringrazio per avermi risposto perché, è vero, 
per dialogare su temi come questi, occorre un po’ di coraggio poiché, 
inevitabilmente, ci si mette a nudo. Provo a rispondere mettendo in gioco me, 
quelle quattro certezze che ho finora acquisito, cercando di esser chiaro ed 
avendo, quindi, come ultima preoccupazione quella di poter risultare greve od 
aspro; se, così facendo, contribuirò all’insorgere di qualche dubbio/domanda su 
temi sui quali impera una certa omologazione di pensiero, avrò sortito il mio 
scopo. Ovviamente non dirò di teologia, farei ridere i polli, semplicemente mi 
confronterò con le tue domande, provvedendo a rispondere od a porne altre o 
semplicemente le commenterò; se qualcun altro (magari più saggio, più titolato) 
vorrà dire la sua, sarà il benvenuto. Provvederò, viste le diverse questioni 
poste, rispondendoti, se la redazione me lo permette, “a puntate”; diversamente, 
“traslocheremo” davanti ad un bel boccale di birra.
Sulla DiversitĂ  di mondi
Sono convinto che io e te abitiamo nello stesso mondo, non è il tuo caso, ma, 
finora, chi mi ha parlato di mondi diversi, semplicemente non voleva avere a che 
fare con me (nella fattispecie, un paio di fidanzate di gioventù, all’atto di 
piantarmi in asso). 
Su Provvidenza e Speranza
Non so se ho ben capito la domanda sulla Provvidenza, dici che è una comoda 
invenzione della Chiesa (elegantemente tu parli di innovazioni dottrinali 
cattoliche). 
Io credo nella Divina Provvidenza, perché ho riscontrato e riscontro, come 
tantissimi altri, l’intervento del Divino nella mia povera esistenza; quindi ben 
conscio che quaggiù è una valle di lacrime, non posso concordare con te, pena la 
falsitĂ . 
Tu, poi dici: “non credi che il buon Dio si serva di questa Sua Facoltà per 
tessere trame di ben pregiata fattura, intervenendo nel destino dell’umanità 
inteso in una dimensione spirituale e globale, anziché per l’appagamento della 
speranza d’un singolo”; capisco l’ironia, non capisco l’opposizione. Io credo 
che Lui intervenga nella vita dei popoli così come in quella dei singoli, 
aggiungo poi che, per Dio, il singolo uomo ha un valore infinito (uno vale come 
un milione); per intuire questo occorre pensare al rapporto d’amore: per 
l’amante, l’amato ha un valore senza limiti.
Tornando alle vicende della valle di lacrime e dell’interesse per essa del 
“Titolare”, di fronte all’accadere continuo di tragedie immani, premetto che 
parlo senza cognizione di causa, non avendo (per fortuna) mai provato alcuna 
sofferenza violenta; tuttavia, è innegabile che, a fronte di esse, l’uomo sempre 
si chiede “perché?”. Il punto è delicato, non dico di comprendere (ci 
mancherebbe) perché Dio consente che accadano le tragedie (siano esse planetarie 
od individuali); evidenzio solo che 1) Dio permette che lo stesso suo figlio 
provi la crocifissione; 2) constato che, a fronte delle sofferenze, l’uomo, io, 
tu, finché vive, non può evitare l’insorgere in sé della domanda di senso. Posto 
che le tragedie comunque accadono, l’uomo, non può soffocare la propria esigenza 
di trovare una risposta. Ma lo stesso uomo, prima di tutto, inevitabilmente, 
esercita una opzione, sceglie se accettare l’ipotesi che la realtà, per quanto 
tosta, possa avere un senso o se concludere che essa sia solo una presa per il 
culo. Su questo ciascuno gioca la sua partita. Lessi una volta che nel crollo di 
una chiesa nella guerra di Bosnia, due madri, una credente ed una no, persero, 
ciascuna un figlio; da quel momento la madre credente smise di credere e quella 
atea lo diventò. 
E qui, per contiguitĂ , vengo al tema della speranza, tu la definisci espressione 
di retorica a te non ascrivibile; su questo farei una precisazione: l’uomo non 
può fare a meno di sperare, egli spera sempre, infatti anche tu dici che muore 
prima lui e poi la speranza; quindi non è la Speranza che è vana, è che tu 
ritieni vana l’attesa di una Sua risposta. 
Sulla conciliabilitĂ  del libero arbitrio con la Provvidenza
Dio vuole l’uomo libero, libero quello che costa costa. Non mi soffermo (non 
finirei piĂą) a soppesare quanto costa questa libertĂ  nel caso di personcine come 
Stalin od Hitler (od anche di chi ci ha interrato rifiuti pericolosi nel 
giardino di casa), mi fermo solo alla osservazione che Dio sceglie per l’uomo 
pienamente libero.
Su questo faccio due osservazioni: 1) La scelta di Dio per la libertà dell’uomo 
è simile a quella che compie un innamorato: vuole che l’altro lo riami 
liberamente, non sopporta, gli repelle, che l’altro lo possa amare 
“forzatamente”. Dio, in questo è come noi, Lui, l’Onnipotente, di fronte a me 
che gli dici no, si ferma; 2) il fatto che Dio mi ha creato libero è, per me, la 
prova piĂą commovente del Suo amore. 
Alla prossima, redazione permettendo.
