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		28/6/2014 ● Cultura
Il paesaggio rurale e la biodiversità per un modello di sviluppo qualitativo
  Pietro Di Tomaso ● 1658 
        
        Le considerazioni che seguono traggono spunto dalla notizia apparsa sul 
quotidiano la Repubblica (27 Giugno 2014). A Baver, in provincia di Treviso, una 
soprintendenza ha posto un vincolo su un bene immateriale: una tecnica 
centenaria di coltivazione delle viti. Il vigneto non è impiantato su pali, ma 
sfila aggrappato ad aceri e gelsi (è la “vite maritata”). <<I trattamenti 
– sottolinea Francesco Erbani – sono a base di rame, calce e zolfo. Niente 
prodotti chimici. Sono conservate le siepi e le fasce boscate. In mezzo alle 
viti spuntano alberi da frutto. I vitigni sono diversi, non solo prosecco, ma 
bianchi e rossi: recantina, turchetta, traminer, trebbiano, bianchetta, merlot, 
tocai, verdicchio… >>.
<<Il vincolo l’ha proposto la soprintendente storico-artistica delle province di 
Venezia, Belluno, Padova e Treviso, Marica Mercalli. Materialmente l’ha emesso 
il direttore regionale dei Beni culturali del Veneto, Ugo Soragni. E’ un vincolo 
etnoantropologico. I suoi riferimenti sono il Codice dei beni culturali e una 
convenzione Unesco. Soragni spiega che questa tutela è più forte di quella 
paesaggistica: “Se un futuro proprietario volesse abbandonare il terreno o 
modificare le piantagioni, potrebbe intervenire la Guardia forestale e imporre 
il ripristino”. Le viti ultracentenarie possono morire ed essere ripiantate, ma 
sempre “maritate” agli aceri>>.
Come osserva Tiziano Tempesta, docente di Economia agraria all’Università di 
Padova, <<con questo vincolo si tutela un paesaggio. Ma anche l’uomo che lavora, 
la sua storia, che è tutt’uno con il paesaggio (…). Le tecniche adottate a Baver 
guardano al futuro, perché preservano la biodiversità. Il segreto custodito dai 
contadini di questo lembo del trevigiano era la varietà dei vitigni. Se un 
vitigno veniva attaccato da una malattia, ce n’erano altri che avrebbero 
compensato la perdita>>. <<E invece nel Veneto, come in altre regioni, si 
privilegiano le monocolture… mentre fra le costanti del paesaggio italiano c’è 
la coltura promiscua. Anche l’Ue va in questa direzione. Una delle idee portanti 
della nuova Pac (la politica agricola comunitaria) è la tutela dei paesaggi 
rurali storici unita alla salvaguardia della diversità>>. <<Purtroppo –aggiunge 
Tiziano Tempesta – queste direttive vengono tradotte male dai Piani di sviluppo 
rurale delle nostre regioni>>.
Volendo trarre delle conclusioni di buon senso, si può dire che per 
l’agricoltura è oltretutto conveniente tutelare il paesaggio. Si tratta infatti 
di un valore aggiunto che la concorrenza non può riprodurre. <<Un buon vino oggi 
– scrive il professor Mauro Agnoletti su ‘rivistasitiunesco.it – si può fare 
dappertutto mentre invece il paesaggio associato ad un buon vino rende il 
prodotto unico e più competitivo, perché il consumatore oggi compra un prodotto 
tipico associandolo alla qualità del luogo di produzione. Inoltre, il turismo 
rurale è un’attività che genera introiti spesso superiori alla produzione 
agricola (…). Molte aree agricole sono ormai diventate luoghi privilegiati di 
residenza, con incrementi notevoli dei valori fondiari, non per aspetti 
produttivi, ma per la qualità del paesaggio>>. Dunque, è bene indirizzare <<i 
processi produttivi verso obiettivi di qualità paesaggistica che tengano insieme 
economia, ambiente e società. Il paesaggio può essere un nuovo paradigma per un 
diverso modello di sviluppo, uscendo dal dualismo fra produttivismo e naturalità 
che caratterizza il nostro tempo>>.
Il paesaggio, particolarmente nel nostro Molise, chiede aiuto. E’ minacciato da 
fenomeni di natura diversa. Personalmente auspico che non venga degradato il suo 
mosaico, un tempo molto vario e ricco di biodiversità. Si tenga presente che il 
presidio del territorio realizzato tramite le normali pratiche agricole permette 
di prevenire il dissesto idrogeologico e conservare la biodiversità associata al 
paesaggio, assicurando anche la qualità della vita delle popolazioni. In tale 
scenario si dovrà dunque riservare una particolare attenzione alle aree rurali 
delle zone interne che attendono una loro valorizzazione in termini di 
‘patrimonio materiale’ ed ‘immateriale disponibile’ al fine di rigenerare le 
spente energie di molte comunità.
