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		6/11/2014 ● Cultura
Eurolandia deve uscire dall’austerity: La lezione di John Maynard Keynes
  Pietro Di Tomaso ● 1429 
        
        <<I cittadini europei non accettano più l’austerity (…) La soluzione non è 
uscire dall’euro, ma uscire dalle sue politiche sbagliate. Dovete riscoprire la 
lezione che l’Europa applicò per risollevarsi dopo la seconda guerra mondiale>>. 
E ancora: <<Il tracollo europeo nasce da una politica d’austerità fallimentare 
che ha prodotto l’attuale scenario di povertà e disoccupazione. Lo dico in 
qualità di economista, perché la nostra è una scienza empirica. E una legge 
fondamentale dell’esperienza è imparare dagli errori… senza domanda l’economia 
piange. Dovremmo riattualizzare Keynes (…)>>. Quanto precede viene affermato da 
un grande economista vivente, Amartya Sen, premio Nobel con cattedre 
all’università di Harvard in economia, matematica e filosofia. La sua figura è 
alquanto singolare nel panorama scientifico contemporaneo. Il suo è un lavoro 
‘di frontiera’ tra economia, filosofia, politica, storia. Sen è consapevole che 
la scienza economica è una struttura aperta nel senso che non offre una 
conoscenza esaustiva della realtà che studia e pertanto non può non intrattenere 
buoni rapporti di vicinato con le altre discipline.
Il richiamo a Keynes da parte di Sen è quanto mai significativo. Ecco in breve 
alcune notizie: John Maynard Keynes (Cambridge 1883 – Firle, Sussex, 1946). La 
sua opera principale è la “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e 
della moneta”. <<In esso Keynes pone le basi per la teoria basata sul concetto 
di domanda aggregata, spiegando le variazioni del livello complessivo delle 
attività economiche così come osservate durante la Grande depressione: una 
“elevata disoccupazione a fronte di una capacità produttiva inutilizzata”. La 
sua posizione è che appunto lo Stato debba intervenire in quegli investimenti 
necessari affinchè gli attori di mercato possano tornare ad essere efficaci per 
garantire la piena occupazione. Nella Teoria generale Keynes afferma che sono 
giustificabili le politiche destinate a stimolare la domanda in periodi di 
disoccupazione, ad esempio tramite un incremento della spesa pubblica. Poiché 
Keynes non ha piena fiducia nella capacità del mercato lasciato a se stesso di 
esprimere una domanda di piena occupazione, ritiene necessario che in talune 
circostanze sia lo Stato a stimolare la domanda. Queste argomentazioni trovano 
alcune conferme nei risultati della politica del ‘New Deal’, varata negli stessi 
anni dal presidente Roosevelt negli Stati Uniti. La teoria macroeconomica, con 
alcuni perfezionamenti negli anni successivi, giunge ad una serie di risultati 
di rilievo nelle politiche economiche attuali (…) Accusato di aver cambiato 
idea, Keynes rispose: “Quando i fatti cambiano, io cambio opinione. Cosa fa 
lei?” >> (cfr. Wikipedia). Dunque, se la crisi degli anni Trenta venne risolta, 
anche questa crisi invoca terapie innovative. 
<<E’ parere di molti economisti – scrive il professore Guido Ascari su 
‘lavoce.info’ (31 ottobre) – che in questa situazione, caratterizzata da una 
caduta dell’investimento privato e da tassi d’interesse a livelli storicamente 
bassissimi, l’Europa dovrebbe cogliere l’occasione per una politica di 
investimenti pubblici in settori che stimolano la crescita, come infrastrutture, 
educazione e ricerca (…). Secondo le stime empiriche del Fondo Monetario 
Internazionale, un aumento permanente di investimenti pubblici in infrastrutture 
pari all’1 per cento del Pil porta a un aumento dell’output nel breve e nel 
medio-lungo periodo e fa da traino a un incremento dell’investimento privato. 
Soprattutto, un finanziamento di queste spese con debito è sostenibile perché 
grazie all’effetto espansivo cumulato sull’output si determinerebbe una 
diminuzione del rapporto debito/Pil (…). Nel suo recente discorso 
d’insediamento, il neo-presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker 
ha reiterato la proposta di un piano di investimenti infrastrutturali di 300 
miliardi di euro spalmato su tre anni… Inoltre, non prevede solo investimenti 
pubblici, ma anche investimenti privati, e i dettagli non sono ancora noti (…). 
La Germania verosimilmente non ammorbidirà le sue visioni sulle politiche di 
austerity, ma forse qualcosa si muove. Anche perché la locomotiva tedesca si è 
fermata… >>. Insomma, occorre cambiare passo e puntare su crescita e 
occupazione.
