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22/4/2015 ● Caro Direttore
Dittatura della maggioranza versus democrazia
Caro Direttore,
in un momento delicatissimo e pieno di incognite per il nostro sistema
democratico avverto il rischio di una deriva autoritaria connesso con l’emergere
della logica della dittatura della maggioranza ( termine che prendo da
Tocqueville) come risposta al problema dell’equilibrio tra decisione e consenso.
Che come è noto costituisce uno dei grandi nodi problematici del nostro tempo e
dei sistemi politici occidentali.
Ieri la notizia della sostituzione in commissione affari costituzionale di 10
parlamentari del PD che sono in disaccordo con l’impalcatura dell’Italicum.
All’insegna dell’ordine renziano ‘si va avanti’. Da quella vicenda, che io
reputo uno strappo gravissimo alla democrazia interna del PD ed al suo stesso
statuto, si possono ricavare le seguenti riflessioni.
Nonostante ed in apparenza il regime democratico sembra coincidere con la logica
dei numeri, a ben vedere alla stessa democrazia non fa bene il principio
maggioritario se usato senza nessun rispetto per le minoranza. Infatti, occorre
tener presente di diversi aspetti: 1) il 51% non rappresenta il 100%; 2) il
grado di verità di una opinione non è dato dal fatto che sia il 51% a pensarlo
ma dalla corrispondenza tra opinione e realtà . 3) più la materia del contendere
è complessa, più alto è il rischio di ottenere adesioni acritiche sulla base
delle poche informazioni date/ottenute.
Cosa ne deriva ?. Il ruolo essenziale delle opposizioni come rimedio per
sbagliare il meno possibile ed essere rispettoso delle opinioni del numero più
alto possibile di persone ( che misura il grado di democrazia di un sistema).
A me sembra che lo stile renziano, per contro, utilizza i numeri come una clava
istituendo di fatto una dittatura della maggioranza. Su una materia che riguarda
le regole del gioco, non singoli provvedimenti. Tale logica a mio avviso
indebolisce la democrazia che, per definizione , è ricerca del punto più alto di
equilibri possibili tra le diverse opinioni. Essendo essa ( la democrazia) un
sistema che rifiuta assolutismi e vanta di nutrirsi del relativismo.
In Italia si assiste, così, ad uno scontro dal sapore manicheo impostato sullo
schema amico-nemico. O tu, o io. Che invece è giustificabile in regimi
assolutistici dove si decide in nome di verità rivelate e/o ritenute tali.
Aggiungo poi che la logica di un partito che è un'associazione di liberi
aderenti non può essere assimilato al parlamento che rappresenta un popolo
intero.
Se rimane vero che alla fine occorre comunque decidere, bisogna averne la forza.
E non si cacciano i deputati ( che rappresentano il popolo senza vincolo di
mandato, cosi è scritto nello statuto del PD) perché la pensano diversamente dal
capo. La sensazione è che Renzi sia minoranza nel merito, ed usa un metodo per
imporre la sua rivoluzione. Che significa: primato dell'esecutivo ( e sul
governo primato del premier) sul potere legislativo ridotto a votificio.
Il sindaco d’Italia sbrigativamente vorrebbe proporre il modello comunale
nell’epoca del bipolarismo maggioritario all’intera nazione per risolvere la
questione della essenzialità di costruire una democrazia ‘decisionista’
supportata da maggioranze composte da ‘deputati cooptati’ e da premi di
maggioranza che impongono la minoranza più forte alla guida del paese.
Nel piccolo ( le comunità locali) come nel grande ( il governo nazionale) i
guasti prodotti dal sistema maggioritario sono evidenti. La democrazia richiede
il rispetto dei ruoli, ma non la mortificazione delle minoranze e del dissenso.
Cloridano Bellocchio