BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000

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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilit alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attivit professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (oltre 4.000.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonch editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, cos , l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


16/1/2016 ● Caro Direttore

Riprendiamoci la sovranità alimentare


  Arcangelo Pretore ● 1717


La Sovranità Alimentare attiene il diritto dei popoli a definire i propri sistemi di produzione in agricoltura, di sottrarsi allo strapotere delle multinazionali , di riappropriarsi del controllo dei beni che gli agricoltori mettono in campo . Cinque multinazionali a livello mondiale controllano il 75% del commercio di grano . E’ tempo di smarcarsi in parte o in toto ( globalizzazione permettendo) dalla dipendenza soverchiante dai colossi mondiali delle sementi : Monsanto, Syngenta (detengono il 75% del mercato dell’agrochimica) Basf, DuPont… e dall’affido totale al Mercato , costituito da un “cartello” di multinazionali del Commercio mondiale. Le Major a capo dell’agricoltura industriale trattano beni che incorporano il lavoro contadino ,degli stessi agricoltori che nonostante il massiccio intervento della meccanizzazione in agricoltura, ancora oggi con “il sudore della fronte “ producono cibo e ,sempre più sfiduciati nei guadagni, li immettono malvolentieri nei mercati di riferimento . Un predominio , quello delle multinazionali perfino accattivante dal punto di vista dell’etica apparentemente solidale dell’imperialismo economico- finanziario dominante poiché fa anche aggio ,soprattutto nella ricerca sulle sementi, dei caritatevoli finanziamenti generosamente elargiti alle Università ed agli Istituti di ricerca dai magnati delle nuove tecnologie : Bill e Melinda Gates in testa. Donazioni che implementando la ricerca ,spesso biotecnologica, concorrono a brevettare le sementi ( in virtù dell’oligopolio dell’” industria” delle sementi che di fatto a livello mondiale impone le 4-5 le varietà di mais coltivate nel mondo ). Si dimentica facilmente che quanto oggi di biotecnologico si brevetta nei laboratori è” Patrimonio dell’umanità” a prescindere dalla , quasi ovvia constatazione che le sementi , solo fino a ieri “ svecciate” (anche nel nostro territorio) dai contadini in proprio e ,spesso prestate , scambiate a vicenda nei territori di produzione di appartenenza hanno storicamente rappresentato il ricco millenario patrimonio di biodiversità agronomica gelosamente tramandato, mediatrice la “Madre Terra” , di padre in figlio attraverso anonime generazioni di contadini. Un variegato patrimonio di razze animali e varietà vegetali frutto di incroci mirati , adattamento ai luoghi ,accuratamente selezionati attraverso il paziente lavoro , di allevatori, contadini : varietà che anche dal punto di vista ecologico ( spesso chiudevano in modo armonico il ciclo allevamento – piante foraggere da sfalcio,graminacee … ) erano naturalmente compatibili e rispondenti alle esigenze nutrizionali delle popolazioni abitanti il territorio . In passato le linee varietali derivanti dagli incroci praticati dai contadini, a differenza di ciò che accade oggi, non hanno mai fatto rivendicare la proprietà biologica ( il brevetto ) a coloro che hanno ereditato la vigoria di quegli ibridi . E’ altresì ingannevole l’apparente resistenza che ad Occidente le multinazionali sembrano ancora avere di fronte all’acquisizione ( alla loro portata) della proprietà di vaste estensioni di terreni ( già lo fanno tranquillamente e senza scrupoli di sorta in Africa, con la complicità dei politici locali , cacciando i contadini dalle loro terre, privandoli così dei loro già scarsi mezzi di sostentamento e della loro antica cultura contadina, che ,di ritorno utilizzano da immigrati nelle campagne d’Italia, d’Europa … ) , limitandosi, si fa per dire , per adesso a fornire le sementi,i concimi … e ad acquistare i prodotti ; di modo che, bontà loro, ai coltivatori , che così diventano solo fornitori di materie prime per le industrie di trasformazione, resti almeno il necessario “ per tirare a campare” , per pagare i contributi, per la manutenzione ed il relativo ammortamento dei mezzi meccanici utilizzati nella produzione , nonché il denaro per saldare le diverse gabelle che gravano sulla proprietà terriera : tasse, Consorzio di bonifica ,il commercialista , partita iva…Vendere le sementi delle graminacee , dei legumi …, vendere le piantine delle colture orticole , imporre attraverso le poche specie selezionate anche le rese, per pianta , nonché le pezzature dei frutti ,fare le quantità industriali dei prodotti dell’agricoltura è l’esplicito “sottointeso” della fuorviante “green agronomia” , perché è noto che senza i relativi adeguamenti ai disciplinari di produzione non si fa il prodotto vendibile e quindi rischia di venir meno anche la stentata remunerazione del coltivatore il quale nel conformarsi a ciò che viene richiesto dai mercati si vede costretto a sovraprodurre, spesso in regime di monocoltura, rispetto al fabbisogno alimentare (altrimenti i commercianti fanno fatica a mantenere basso all’acquisto il prezzo delle derrate alimentari). Gli agricoltori, pur essendo i legittimi proprietari dei terreni che faranno crescere materialmente il valore aggiunto delle sementi sono produttori che non stabiliscono i prezzi dei loro prodotti e questo alienante indeterminazione del costo del loro lavoro mina alla base la loro autonomia convertendo di fatto i coltivatori diretti in un ibrido padrone-dipendente nella loro stessa azienda agricola. L’espropriazione del prodotto avviene sin dall’acquisto delle sementi , riciclate in passato nella stessa azienda oggi , generalmente , per via della più alta germinabilità , si acquistano nei punti vendita di commercializzazione dei prodotti per l’agricoltura . Strutture apparentemente autonome rispetto alle grandi reti nazionali di distribuzione delle sementi, che per allettare gli acquirenti spesso mettono in campo l’aspetto associativo : una modalità diffusa, specie altrove, che in sostanza maschera e rende solo più accettabile la cruda legge del mercato . I contadini che si servono delle reti periferiche di acquisto delle sementi, del concime … interfacciano, almeno nel nostro territorio , ancora persone che conoscono , che condividono a lato della loro attività prevalente le stesse problematiche e le stesse preoccupazioni per l’incerto futuro dell’agricoltura , ben sapendo però che la testa di comando economico- finanziario che regola e controlla il mercato delle sementi , dei concimi di sintesi, dei fitofarmaci, e poi del raccolto è altrove . Il costo delle sementi è legato alle varietà impiegate nella semina ; si aggira dagli ottanta ai cento euro a q.le per sementi di prima scelta (dai 55-70 euro per la seconda scelta ) e, posto che per un ettaro mediamente se ne impiegano circa tre di q.li, già le sementi si ritagliano una quota di tutto rispetto tra le spese sostenute dall’agricoltore che mette a coltura un ettaro di frumento . Dopo tutti gli interventi agronomici legati alla coltivazione volti a produrre il giusto ed il miglior raccolto ottenibile sotto il cielo locale il prezzo di vendita del frumento , in relazione al tempo di conferimento effettivo del prodotto quest’anno pare abbia avuto un’ampia oscillazione . I furbi che fiutano l’andamento dei mercati sono riusciti a” strappare” anche i 35 euro a q.le; invece , coloro che inutilmente hanno atteso maggiori guadagni , sono stati costretti , in tempi a noi vicini , pressati dalle esigenze personali ,a svenderlo anche a 23 euro a q.le . Anche considerando una resa per ettaro di 50 q.li, i guadagni ottenuti, detratte le spese , sono , comunque cifre non remunerative soprattutto per l’agricoltore che conduce un’azienda familiare e deve trarre dalla terra l’unica sua fonte di reddito . E’ quella che si verifica al momento della riscossione della vendita delle graminacee un’oscillazione”mostruosa “dovuta anche al grano che a basso costo invade i nostri mercati a cui si aggiunge l’artificiosa speculazione borsistica dei listini dell’agroalimentare dei mercati finanziari nazionali ed internazionali .Peraltro,nell’accettare in entrata il grano dall’estero vengono artatamente taciuti i costi aggiuntivi dovuti al trasporto e allo stoccaggio di medio e lungo termine del prodotto : costi energetici che integrati nel prodotto acquistato dalle industrie di trasformazione ,riducono ulteriormente il costo unitario della materia prima , mascherandone così la bassa qualità e soprattutto i residui in pesticidi che spesso le graminacee si portano dietro .Tolleranze dovute ai diversi disciplinari nazionali in merito, in genere meno restrittivi rispetto alla nostra normativa fito-sanitaria .D’altronde la finanza borsistica dell’agroalimentare nazionale ed internazionale avendo in scarso conto l’economia reale di fatto ignora i territori e tutto uniforma spingendo l’ agricoltura verso un’economia industriale di rapina ( favorendo una iperconcimazione che mineralizza i suoli, li compatta , rendendoli poco permeabili - anche da ciò in parte deriva il dissesto idrogeologico- spingendo per l’uso massiccio di fitofarmaci che ne riducono la biodiversità…) in cui diventa imprescindibile per l’agricoltore fare la quantità , per calmierare i bassi prezzi di vendita dei suoi prodotti , pena la dismissione dell’azienda e la chiusura dell’attività . Quale può essere la soluzione ? Quella macroeconomica di tornare alla Sovranità Alimentare nazionale dell’agroalimentare ridando potere reale ai ministeri che sovrintendono l’economia e le politiche agricole , smarcandosi ( poco o tanto dipende dai Poteri Sovrani) dalle interconnessioni sovranazionali poiché il cibo prodotto se ridistribuito in modo razionale, ottimizzando e riequilibrando le produzioni, tenendo conto dei fabbisogni reali nei territori è sufficiente e di qualità e, se associato in modo virtuoso alla nostra dieta mediterranea è idoneo a mantenerci in buona salute per un tempo-vita mediamente più lungo rispetto agli altri Paesi . Di nostro abbiamo invidiabili filiere agroalimentari 269 marchi IGP sui 1268 registrati nell’Unione ; e, anche dal punto di vista normativo è possibile intervenire in modo accorto nel settore primario ; basta prendere a riferimento l’esempio dell’India che attraverso il concorso del Governo ha incentivato ed accompagnato una diffusa rete di produzione agroalimentare volta a recuperare l’antica e saggia cultura contadina rispettosa dell’ambiente e della complessità degli ecosistemi locali a cui non è stata estranea l’infaticabile attività facilitatrice di Vandana Shiva che molto si è attivata per la conservazione della biodiversità e per il mantenimento di pratiche agronomiche rispettose dell’ambiente, ma soprattutto, questa “ricercatrice scalza” volitiva e caparbia, si è a lungo impegnata a livello internazionale per protezione delle sementi locali e per il loro riutilizzo proteggendo i cultivar autoctoni dall’estinzione e dalla loro sostituzione esclusivistica con le sementi sterili ( che portano artificiosamente nel loro patrimonio genetico geni terminator) delle multinazionali. Esempi di agricolture che nascono dal basso ve ne sono anche in Italia , cito per tutte ( per ragioni di spazio) la fondazione Girolomoni dell’omonimo Gino Girolomoni, padre dell’agricoltura biologica che con la sua cooperativa” Alce Nero “ ha consentito dal 1977 la diffusione della pratica del biologico in Italia : una realtà che oggi conta circa 50.000 aziende con un fatturato di 3 miliardi di euro . Gino ripeteva ai suoi figli ,che oggi ne continuano l’attività, come fosse un salmo (era un fervente cattolico): nella realtà del mondo conta solo chi vince; nella realtà di Dio , non conta vincere o perdere . Conta servire la causa.


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