 
Aggiornato:
 
		4/9/2017 ● Agricoltura
A proposito dei consorzi di bonifica
 Giorgio Scarlato ● 2154
  Giorgio Scarlato ● 2154 
        
        Prendo spunto da un articolo letto su Termolionline del 29 luglio scorso 
avente titolo "Consorzio di bonifica integrale larinese: le richieste dei 
consorziati", dove, l'ennesimo movimento agricolo regionale, il MAM, movimento 
agricolo molisano, ha tenuto un incontro a Larino.
I punti nodali (?) dibattuti sono stati:
a) l'accorpamento al consorzio di bonifica "Trigno e Biferno" di Termoli;
b) il relativo commissariamento avvenuto;
c) la chiusura della sede e la relativa concessione all' ARSARP (ex Ente di 
Sviluppo);
d) il riordino dei consorzi di bonifica regionali.
Un appunto e senza nessuna polemica.
Il Comitato spontaneo agricolo "Uniti per non morire"del quale faccio parte, da 
ben 8 anni e tre assessori regionali, ha portato avanti la problematica riferita 
soprattutto all'interconnessione costo-beneficio e funzioni degli enti 
consortili regionali. Questioni mai ritenute importanti,né dalla politica 
regionale, né, dalle organizzazioni agricole locali. 
Non è possibile che, e questo da ben 40 anni, in presenza di tornate elettorali, 
il voto contadino faccia gola a tanti e di tutte le espressioni politiche, sia 
vecchie che nuove , prestando l'interessamento solo a.... prima del voto, per 
poi restare, sempre attuale, alla frase di gattopardiana memoria: Cambiare tutto 
affinché nulla cambi". 
Vantaggi per i pochi a discapito dei tanti.
Dimenticare (volutamente?) di entrare nel fulcro della questione per cui un 
consorzio è sorto è alquanto sconcertante.
Pongo alcune domande circostanziate:
1) Essendo un ente di diritto pubblico è davvero amministrato dagli stessi 
consorziati obbligati o c'è, come spesso è successo, il controllo a distanza di 
qualcuno?
2) Quali sono i profili generali della disciplina in materia degli enti 
consortili regionali?
3) Le finalità per cui sono sorti vengono espletate? Mi riferisco alla difesa 
del suolo e alla polizia idraulica del rispettivo comprensorio d'appartenenza;
4) Quali i benefici che i consorziati obbligati traggono dagli enti consortili 
visti nell'ottica della manutenzione e dell'irrigazione?
Sotto il profilo economico, così come sono state concepite le tariffe irrigue 
(tassa fissa più quella variabile, a consumo), porta realmente quell'introito o 
meglio quel beneficio economico al coltivatore diretto, visti i costi 
esorbitanti di energia elettrica che i consorzi sostengono per "ripompare" 
l'acqua?
Basterebbe semplicemente leggere i bilanci annuali.
Perché dico questo?
Prendo ad esempio la coltivazione della barbabietola da zucchero in regione ( in 
media annualmente venivano interessati dai 2.500 ai 3.000 ettari ). La 
concretezza è stata ..." l'impresa non vale la spesa" . Non si coltiva più 
nemmeno un ettaro. I motivi? Tra i tanti, il principale è stato il prezzo basso. 
Non era per nulla conveniente produrla. Ci si rifondeva l'osso del collo. 
E questo, da svariati anni, vale anche per la cipolla, per il pomodoro da 
industria, per il finocchio, etc. etc. Prezzi fermi a trenta anni fa.
Alcuni anni fa i"Uniti per non morire" rappresentò il problema del prezzo infimo 
(€ 4,00 al ql) del pomodoro finanche a Monsignor Bregantini. Non si mobilitò o 
meglio non si interessò nessuno. Né politica, né religione. I problemi veri 
sono, per loro, altri; il mondo agricolo, come sempre può aspettare.
I costi superano i ricavi per cui non conviene esporsi a così tanti sacrifici, 
non solo lavorativi, per poi rifonderci anche economicamente, visto che ogni 
"fornitore" di servizi, poi, presenta il suo costo di spese sostenute, dal 
consorzio di bonifica (energia elettrica, dipendenti, etc) a "Molise Acque" 
(costo quadruplicato dell'acqua in questi ultimi anni ).
Il"cafone", il suo, non può presentarlo a nessuno. 
A questo punto chiedo: Quale la ragione del beneficio che trae il contadino 
dall'irrigazione? Questo resta il problema di fondo.
Non entro minimamente nella questione della globalizzazione, dell'importazione 
delle derrate,etc.. E' un'altra storia.
Questa è l'attualità, il punto nodale dell'agricoltura basso-molisana. 
Chiedo e ringrazio anticipatamente chiunque mi darà risposta: conviene produrre 
a questi costi e non ricavi?
Se sa la via per superare questo impasse lo dica, la divulghi. 
Anche quest'anno è successo come negli anni trascorsi.. Qualche azienda 
agricola, sfortunatamente, avrà la sua gatta da pelare con la banca, il suo 
fornitore di turno o lo stesso consorzio di bonifica al quale non potrà pagare i 
tributi consortili.
Concludo con una risposta datami nel lontano giugno del 1993 da un luminare del 
ramo: " Un consorzio di bonifica, qualunque esso sia, è tenuto in vita fin 
quando c'è un ritorno economico per il singolo consorziato visto nell'ottica del 
bene comune".
Chiedo: C'è convenienza reddituale? Svolgono le funzioni per cui sono nati?
Queste sono le vere risposte che da anni attende il mondo agricolo 
basso-molisano; altre sono quisquilie.
