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		1/9/2008 ● Cultura
"Esperienze di vita di scuola", Ferdinando Gizzi, cap. 2
 Ferdinando Gizzi ● 2873
  Ferdinando Gizzi ● 2873 
        
        Ferdinando Gizzi
Esperienze di vita di scuola 
(diario di un direttore didattico)
Parte II
 
Il giorno seguente ci rechiamo alla segreteria della scuola, ma non facciamo 
bella figura perché ognuno di noi ignora come bisogna esprimersi in situazioni 
del genere. 
Ma cosa vogliamo? Conoscere il programma, le difficoltĂ , le modalitĂ  di 
frequenza o d’esame? Conoscere i nomi dei professori? Di fronte alla nostra 
titubanza e all’atteggiamento impacciato, la giovane segretaria ci suggerisce 
una libreria dove si può trovare tutto quello che a noi serve per una seria 
preparazione. Buona parte dei nostri risparmi vengono spesi sui libri, alcuni 
dei quali si rivelano subito superflui.
Col programma in mano, ci dirigiamo verso l’abitazione di un professore (sapemmo 
dopo molto tempo che era solo un maestro), il quale (ci dicono candidamente) 
insegna di tutto: italiano, matematica, francese, storia, geografia, latino, 
scienze; il tutto ad prezzo assai accessibile alle nostre tasche.
Il vicolo dai ciottoli sconnessi e soprattutto la scalinata buia, la modestia 
della porta d’ingresso, sprovvista fra l’altro di una targa con nome, non ci fa 
certo una lusinghiera impressione. Siamo certamente i discepoli piĂą disposti a 
tollerare simili sottigliezze e ad accontentarci.
Cerchiamo sulla porta il campanello. Non c’è. Guerrino solleva e lascia cadere 
due volte il pesante battente. Attendiamo un po'. E dalla porta semichiusa si 
affaccia un uomo di mezza etĂ  che dal viso rugoso sembra un vecchio, di media 
statura, di corporatura esile, col viso coperto di una barba bianca, 
modestamente vestito. 
Chiediamo di poter parlare col professore. “Sono io, che cosa desiderate ?” 
risponde. “Ah ! Ci scusi” fece Guerrino “ io e lui vorremmo prepararci 
seriamente all’esame di licenza inferiore. Ci hanno assicurato che lei solo può 
convenientemente prepararci. Il professore ci fa entrare, ci pone tante domande, 
dice di essere molto impegnato ma che è disposto a fare un sacrificio, uno 
strappo per noi, sempre che l’orario venga concordato per le ore serali.
Guerrino ed io insistiamo, preghiamo e alla fine il professore Giuffrida (questo 
il suo nome) accetta.
Cominciamo le lezioni il giorno seguente. L’orario, pur stabilito, non venne 
rispettato, né per quanto riguardò l’inizio né per quanto concerne la durata. 
Anche il calendario delle materie risulta elastico e niente affatto rigido; 
dipende dall’umore dalle necessità del professore. Più volte accade che, anziché 
iniziare la lezione magari su Pascoli, per poi passare alla matematica ed alla 
storia, il professore inizia il suo dire con un lungo rosario di lamentele, con 
i suoi sfoghi personali, le sue rampogne con il compagno con cui divideva la 
camera da letto che per via del suo russare non lo lascia riposare 
convenientemente.
Se la prende anche con la donna di servizio che viene due ore la settimana a 
rassettare, ma che ha la mania di spostare tutto e di rompere ora un piatto, ora 
una tazza da te. A volte il professore si lamenta anche dei dispiaceri che gli 
procura il nipote, uno scavezzacollo, che approdato dalla lontana Sicilia come 
lui, era a Chieti per frequentare le lezioni presso il Liceo Classico, ma che 
malvolentieri si dedicava allo studio, non riuscendo a superare (siamo giĂ  alla 
terza volta) gli esami, pensando solo a chiedere allo zio quattrini. Quando poi 
il professore è stanco più del solito, si abbandona ai suoi ricordi giovanili, 
quando nella lontana Catania era allievo studioso e puntuale, al suo 
apprendistato nel giornalismo in qualitĂ  di corrispondente di un noto quotidiano 
nazionale; all’iniziazione all’attività politica con l’avvicinarsi sempre più al 
clima politico di allora, che non permettevano deroghe o fughe in avanti.
Ciò nonostante, i suoi lamenti, le rievocazioni di un passato mai dimenticato, 
vengono interrotte dalla spiegazione di una lezione di lingua francese, da un 
teorema di matematica o da un commento all’ode “Alla Regina d’Italia” del 
Carducci.
Certo. Il professore, dopo i suoi lunghi sfoghi, nel riprendere la lezione, 
avverte sempre: “ Questa sera facciamo trenta minuti i più per recuperare il 
tempo perso.” Ma era una magra soddisfazione. 
Noi andiamo a scuola nelle ore serali, quando gli altri di solito vanno a 
divertirsi, e ci andiamo per studiare e non per sentire ripetere ogni giorno le 
stesse faccende personali e i ricordi di gioventĂą. Guerrino a volte si arrabbia, 
ma non ha il coraggio di protestare apertamente. forse proprio per questo e 
anche per la sua barba che incute rispetto, noi confidenzialmente lo chiamiamo 
“il vecchio nostalgico”.
Dopo circa sei mesi di preparazione, agli esami riusciamo a rimediare una 
promozione che significa il superamento dell’ostacolo più importante per 
l’accesso al corso superiore degli studi. Quanto al merito nostro, e quanto 
invece del “vecchio”, quanto dovuto ad una certa indulgenza degli esaminatori, 
non è facile certo da stabilire. Forse un po' di tutto. Rimane il titolo legale 
della promozione, che, specie per me, apre le porte a ben altri ulteriori 
traguardi.
E’ quello che penso e provo quando mi viene posto tra le mani il famoso “pezzo 
di carta”.
[Continua con prossima pubblicazione su Fuoriportaweb]
