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		18/9/2010 ● Cultura
L’agricoltura è il futuro, bisogna investire in questo settore
  Pietro Di Tomaso ● 2040 
        
        “Arriverà il giorno in cui il capitalismo dovrà rendersi conto che, 
distruggendo la terra, distrugge se stesso. E sarà questa coscienza, non la 
coscienza morale o religiosa, a spingere il capitalismo al tramonto” (così 
Emanuele Severino ne ‘Il declino del capitalismo’, Rizzoli).
Inizio questo articolo prendendo spunto dall’incipit dell’opera di un grande 
filosofo contemporaneo che dà voce al bisogno di salvaguardia della terra e nel 
contempo amplifica idealmente il grido d’allarme di molti agricoltori per la 
crisi che sta attraversando il comparto e che ha acquistato in questi giorni 
un’inquietante attualità, in particolare nel Molise.
Di recente, il Comitato spontaneo di agricoltori “Uniti per non morire” 
di Guglionesi ha indirizzato un accorato appello al Vescovo della Diocesi di 
Campobasso-Boiano per far presente la gravità della situazione. In soli cinque 
anni, come si legge in un documento della Confederazione italiana produttori 
agricoli, l’agricoltura ha perso il 35% dei propri redditi. Colpa dei prezzi 
crollati del 20% in media e del contemporaneo aumento dei costi di produzione. 
Un mix micidiale che ha portato alla chiusura nel solo 2009 di ben 50mila 
aziende. Ed altre migliaia seguiranno la stessa sorte se non ci sarà una 
politica agricola capace di invertire questa tendenza. Si pensi alla pasta. Il 
grano che viene utilizzato, al 90% viene dalle aree asiatiche o dal Nord 
America. Poi viene venduto come prodotto italiano. I nostri costi, rispetto ai 
loro sono maggiori. “Ecco perché molti terreni non vengono più seminati 
(così ha dichiarato l’on. Giuseppe Ruvolo dell’Unione di Centro nell’intervista 
a ‘L’Altra Agrigento’, novembre 2009). L’agricoltore non ha nessun ricavo 
concreto anzi crea solo danno, tanto vale abbandonarli e l’abbandono delle terre 
significa dissesti geologici, paesaggio rovinato, un vero disastro ambientale 
(…) Noi abbiamo un frazionamento della proprietà molto polverizzato rispetto ad 
esempio alle concentrazioni della Spagna. Bisogna fare una impresa fondiaria che 
almeno sfiori la media europea”. 
La verità è che questo governo non considera l’agricoltura come settore 
strategico su cui puntare, anzi continua a sminuire il valore delle produzioni 
agricole col meccanismo di una filiera troppo lunga e poco equilibrata. Ho 
scritto in un articolo del 2 maggio 2009 su ‘Fuoriportaweb’ intitolato “Guglionesi 
e la questione del distretto agroalimentare” che la grande varietà del 
mondo gastronomico e rurale dell’Italia è molto sottovalutata e ci si dimentica 
che il radicamento sul territorio è ciò che ha reso di primo livello la nostra 
agricoltura. Quindi bisogna incentivare l’agricoltura locale e sviluppare la 
vendita dei beni agricoli in loco, evitando le speculazioni commerciali sulle 
filiere lunghe. Come ha detto l’economista francese Jacques Attali, relatore al 
Forum di Confagricoltura (27 marzo 2009), “l’agricoltura è il futuro, bisogna 
investire in questo settore… investendo nelle nuove tecnologie”.
Le nuove sfide poste al settore agricolo sono diretta conseguenza dell’emergere 
sul mercato di nuovi competitor internazionali e della progressiva riduzione dei 
contributi comunitari che richiedono una maggiore propensione al rischio e 
all’innovazione, determinando la fuoriuscita dal mercato delle piccole imprese 
meno strutturate e caratterizzate da una bassa propensione all’export. La stessa 
Coldiretti Molise, con il ‘Progetto Impresa Verde’, ha inteso proporre una 
visione moderna dell’agricoltura all’interno della filiera agroalimentare. Si 
punta cioè a costruire un sistema d’imprese che sia nel complesso competitivo 
sul mercato, capace di valorizzare la qualità, la tipicità e la genuinità dei 
prodotti e sostenere e proteggere l’ambiente.
Per le tante emergenze agricole, dunque, sarebbe opportuno che tutte le 
associazioni e le organizzazioni mettessero da parte la legittima tutela della 
propria identità per una azione corale e comune in difesa di un patrimonio che 
appartiene a tutti. Urge un Piano nazionale di interventi straordinari per 
sostenere ed accelerare il pieno utilizzo delle risorse stanziate per i piani di 
sviluppo rurale delle Regioni. Occorre altresì incentivare la partecipazione a 
forme associative (consorzi, cooperative), perché solo facendo ‘sistema’ si è in 
grado di far fronte alla competitività. Le forze politiche si attivino per la 
proroga delle agevolazioni dei contributi previdenziali (per le imprese agricole 
delle zone svantaggiate e di montagna), riconsiderino il tema delle accise sul 
gasolio (per contrastare l’elevato innalzamento dei costi di produzione e la 
volatilità dei prezzi delle materie prime). Nell’ultima manovra del governo 
l’agricoltura è risultata presente solo e soltanto per l’elargizione di una 
regalia ai pochissimi super splafonatori delle quote latte, ai quali viene 
sospeso il pagamento delle rate delle loro multe, a spregio della quasi totalità 
degli allevatori che hanno sempre rispettato le leggi. E tuttavia notizie di 
speranza arrivano dal Parlamento di Strasburgo. L’8 luglio scorso l’Aula ha dato 
il via libera alla Relazione sul futuro della politica agricola comune ‘post 
2013’. Costruire la politica agraria comunitaria del futuro rappresenta quindi 
una sfida importante, capace di coniugare la produzione di beni da parte degli 
agricoltori unitamente alle necessarie garanzie di sostenibilità economica.
Naturalmente, nell’ambito dello sviluppo sostenibile, un particolare riguardo va 
riservato all’agricoltura ecocompatibile. Questo approccio diverso ai problemi 
dello sviluppo agricolo ha certamente il merito di tenere nel dovuto conto il 
problema dell’ambiente, oggi centrale per il presente e il futuro della specie 
umana, e non è detto che debba essere adottato senza far ricorso all’innovazione 
tecnologica, o biotecnologica, anche la più ardita e avanzata (purché rispettosa 
del “principio precauzionale” bandito dal summit di Rio de Janeiro nel 1992). 
Un’ipotesi ottimistica è che le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e da 
Internet possano costituire una sufficiente attrattiva per un “ritorno alla 
terra” dei giovani (magari con terreni messi a loro disposizione a basso costo e 
con scarse interferenze burocratiche). Nel Molise c’è un forte legame, ovvero 
una simbiosi tra cerealicoltura, olivicoltura, viticoltura e contesto ambientale 
e paesaggistico rurale. Come pure in altre regioni italiane. “Eppure da noi è 
fiorita soltanto l’industria dell’eolico, dei mulini a vento. Ed è fiorita quasi 
soltanto perché fonte di tangenti e di intrallazzi. Perché l’energia prodotta 
dal vento è largamente un imbroglio, visto che la nostra penisola non ha 
abbastanza vento per giustificarla (…) Il fatto è che gli esseri umani non si 
muovono ‘a freddo’ guidati dalle ragioni della ragione. Gli umani si attivano ‘a 
caldo’, se hanno paura o se mossi da passioni (ivi incluse la passione per il 
potere e per il denaro)… La politica dello struzzo dei nostri governanti è la 
politica peggiore” (Giovanni Sartori, Professore emerito della Columbia 
University, Corriere della Sera 15 agosto 2010).
