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		6/9/2011 ● Cultura
Elezioni in Molise: “Cambiamento” è lo slogan che i molisani dovrebbero privilegiare
  Pietro Di Tomaso ● 1807 
        
        

Ci sarà una rivolta morale e un ‘basta’ ad un sistema di potere che dura da 
troppo tempo e che ha prodotto stagnazione economica, un deficit sanitario 
regionale di cospicue proporzioni, un livello di disoccupazione giovanile in 
percentuale elevatissima e con le addizionali Irap e Irpef più alte?
Vorranno i candidati alla presidenza della giunta regionale farci conoscere il 
loro orientamento in merito al problema (apparentemente rimosso in questa prima 
fase della campagna elettorale) di una eventuale aggregazione territoriale di 
area vasta (Marca Adriatica e/o nuova regione Abruzzo Molise)? Ci si renderà 
conto che il Pil regionale è fermo al + 0,3 (come da rapporto Bankitalia 2010), 
e ben più sotto si troverebbe senza i notevoli trasferimenti pubblici? Ebbene, 
su quanto precede occorrerà confrontarsi in dibattiti serrati, in presenza di 
una crisi economica globale, di fine della crescita finanziaria dell’intero 
Occidente, di federalismo, così da poter scegliere un obiettivo credibile che 
consenta ai territori di svilupparsi lavorando in sinergia tra loro per fare 
massa critica e creare sviluppo e crescita socio-economica. Bisogna quindi dire 
la verità. Come ha ben dichiarato il presidente Napolitano: “La maggioranza 
ha nascosto la gravità della crisi”. Non per caso, sempre nel suo intervento 
al meeting di CL a Rimini, ha ammonito: “Nella crisi che traversiamo il 
linguaggio di verità è un’arma fondamentale”. Ed ha aggiunto: “La 
politica sta fallendo perché quest’arma l’ha volontariamente ignorata…immersi 
come siamo nell’angoscioso presente, nell’ansia giorno dopo giorno”. “L’obiettivo 
di tutti è il potere fine a se stesso, non importa come e a qual fine… non 
importa quel che fai con il potere, basta solo possederlo, o riconquistarlo. 
Attaccarsi al potere in questo modo è la via più sicura per perderlo, e perdere 
la democrazia”. Pensando alla nostra regione, occorre che siano in primo 
luogo le forze produttive a reagire, nella consapevolezza che non si può sperare 
sempre in aiuti pubblici. Molto dipenderà da un centrosinistra meno rissoso e, 
in egual misura, dagli esponenti politici del Terzo polo. In primis Casini, 
democristiano di lungo corso, il quale ha indubbiamente contribuito a mettere 
alla berlina il berlusconismo parlando, in una recente convention, di promesse 
mai mantenute. Coerentemente, non dovrebbe sostenere Iorio in Molise.
Può il Molise rimanere regione indipendente? Coloro che difendono ad oltranza 
l’autonomia sostengono che se si adoperassero meglio i finanziamenti la 
situazione socio-economica potrebbe migliorare. Ma un tale ragionamento si nutre 
per l’appunto di ‘finanziamenti’ erogati da istituzioni centrali (Governo, 
Europa) e così sperando non si riuscirà mai a creare i presupposti per uno 
sviluppo economico auto-sostenuto in linea con il decentramento e il 
federalismo. Inoltre è utile ricordare che, a partire dal 2014 e salvo 
ripensamenti, la comunità europea non concederà più fondi alle singole regioni, 
ma alle macro-aree. La sbandierata ‘autonomia’ quindi potrebbe trasformarsi in 
isolamento e decrescita economica. Viceversa, con un mercato più ampio (quale 
quello insito nel progetto di federazione delle tre regioni, Marche, Molise, 
Abruzzo, secondo un modello di progressiva integrazione degli interessi 
strategici reciproci) in ambito commerciale, turistico, formativo, nel settore 
della ricerca, dell’ambiente, dell’agricoltura, delle infrastrutture ed altro, 
si centrerebbe l’obiettivo di diventare la principale macro-regione di transito 
tra l’Adriatico e il Tirreno. Come ho già avuto occasione di evidenziare, le 
sfide dell’economia moderna suggeriscono percorsi concreti e credibili e in 
periodo elettorale bisogna diffidare di quei politici locali che tendono a 
minimizzare le emergenze attuali forti dell’avvenuto sblocco di fondi FAS per il 
Molise, quasi fossero salvifichi e atti a risolvere gran parte dei problemi, 
fermo restando il ristretto ambito territoriale e il costosissimo apparato 
regionale. E il centrodestra locale ha subito colto l’opportunità presentatasi 
avviando la campagna elettorale prospettando migliaia di posti di lavoro, 
infrastrutture strategiche (vedi l’Autostrada del Molise) e quant’altro. Nella 
situazione odierna, è realistico pensare che sia l’università la fortezza su cui 
poggiare alcune speranze di ripresa culturale e tecnica delle regioni del 
Mezzogiorno d’Italia, anche in considerazione che il 90 per cento della ricerca 
si fa nelle università. “Oggi – sottolinea Alessandro Bianchi, già 
rettore di Reggio Calabria – occorre asfaltare la strada della ‘federazione 
degli atenei’, fin qui solo tracciata, in parte; spingendo ciascuno a 
specializzazioni da integrare con le altre”. Ecco che il rapporto 
università-territorio ben si attaglia al modello di integrazione dei settori 
strategici come sopra detto per la macro-area ‘Regione Adriatica’. Sì, dunque, 
al Molise futuro come parte integrante di una macro-regione; una prospettiva, 
questa, che consentirebbe forte rappresentatività dei territori, possibilità di 
investimenti nella ricerca (come strategia di sviluppo di tutta la società), 
nelle infrastrutture e nella valorizzazione delle produzioni e dei distretti.
