BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000
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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilità alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 è attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attività professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali è in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (circa 3.200.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonché editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, così, l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


27/3/2012 ● Cultura

"La Parola a colori": nel segno della croce


  Redazione FPW ● 1420


Il prof. Schiavo per oltre venti anni è stato docente di Storia dell'arte nella scuola media statale "I. De Sanctis" di Guglionesi, dove ha ricoperto anche il ruolo di vice preside. Pasqualino Schiavo (all'anagrafe) è anche l'artista "Schiavolino", come testimoniano le sue opere. A Fuoriportaweb ha voluto confermare l'esclusiva di presentare alcune sue opere artistiche significative e dalle quali emergono i segni del linguaggio figurativo del colore in varie interpretazioni d'autore, quasi fosse uno... "schiavo d'Arte" (cfr. articolo FPW Schiavo d'Arte).

In occasione della imminente santa Pasqua abbiamo scelto, per una breve riflessione sul blog, una delle sue crocifissioni, nella quale Cristo si fa piccolo e umile (anche) sulla croce - ricordiamoci dove era nato il Bambino Gesù -, piegandosi su stesso.
Per Schiavolino, si tratta di una croce troppo piccola per accogliere, nell'ultimo attimo della Sua presenza terrena, il Figlio dell'Altissimo?
Il "segno della croce" emerge in questa opera di Schiavolino con straordinaria espressività, non solo devozionale. I colori del paesaggio, la lettura del secondo piano dell'opera e della sua profondità (attraversata dai toni cromatici di tutte le stagioni dell'anno), i tratti e le sfumature di un orizzonte (che riassume la creazione nell'istante in cui fa ritorno alla Genesi) e dunque il senso della vita ci raccontano che la croce non è un simbolo della morte, ma l'inizio della redenzione cristiana per ogni dimensione umana.

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Nel segno della croce
di Gianfranco Ravasi

«È là, muto e silenzioso. C'è stato sempre. È il segno del dolore umano, della solitudine della morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo». Così nel 1988 sull'«Unità» la scrittrice Natalia Ginzburg reagiva a uno dei vari tentativi di schiodare la croce dai luoghi pubblici e il titolo di quell'articolo era lapidario: «Non togliete quel crocifisso!».

Certo, la croce è un segno storico, legato a una religione. Ne conosciamo la vicenda narrata nei Vangeli e sappiamo che la crocifissione, il servile supplicium, ossia l'esecuzione capitale destinata agli schiavi e ai ribelli, come la definivano i romani, era «una sofferenza intollerabile, la più penosa delle morti», per stare alle parole di un testimone di tante crocifissioni che già prima dell'occupazione romana venivano praticate in Palestina, lo storico ebreo Giuseppe Flavio nella sua opera La guerra giudaica (7, 202-203). È però fondamentale un'unica crocifissione. Su uno sperone roccioso di pochi metri, denominato in aramaico Golgota, divenuto in latino Calvario, ossia "cranio", prominenza rupestre ormai inglobata nella basilica crociata del S. Sepolcro, in un giorno di primavera di un anno tra il 30 e il 33, Gesù di Nazaret aveva chiuso su una croce la sua esistenza terrena, dopo aver pronunziato sette frasi, divenute una reliquia letteraria evangelica ma anche un'ideale base per molteplici partiture musicali (chi non ricorda le stupende Sette parole di Cristo in croce di Haydn?). Quel "forte grido" che segnava una fine tragica era in realtà un inizio assoluto, come scriveva l'autore greco del romanzo L'ultima tentazione di Cristo (1952), Nikos Kazantzakis: «Levò un grido: Tutto è compiuto! Ma è come se dicesse: Tutto comincia!».
Il crocifisso è, così, diventato un segno universale, scandaloso ma imprescindibile, come già osservava Paolo scrivendo ai Corinzi: «I giudei cercano i segni, i greci la sapienza. Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani» (I, 1, 22-23). Un segno di contraddizione, quindi, ma un punto di riferimento capitale per la cultura non solo occidentale. (...)

Noi abbiamo voluto, più che ricorrere a una recensione - per altro, come si diceva, impraticabile in queste righe -, proporre una libera considerazione su un segno così imprescindibile, nonostante le esitazioni e le reticenze del "religiosamente corretto" attuale. A livello teologico il realismo tragico della crocifissione è, infatti, una prova decisiva del cuore spirituale del cristianesimo, l'incarnazione: Cristo s'insedia nel terreno stesso della creatura umana, segnata dal limite, dalla finitudine, dal dolore, dalla morte e persino dal silenzio di Dio, divenendo in tal modo veramente "carne" umana, nostro fratello che soffre e muore, come ricorderà anche Ungaretti in una sua celebre poesia. Contro l'antica tentazione gnostica - ereditata dal Corano che sostituirà sulla croce un sosia (Giuda Iscariota o Simone di Cirene o un ebreo) per evitare questa umiliazione al "profeta" Gesù - il cristianesimo autentico ribadisce nel crocifisso questa estrema partecipazione del Figlio di Dio alla nostra realtà mortale.

È per questa via che il credente sente che nella sua caducità è stato deposto un seme di divinità che la Pasqua farà esplodere. Ma è per questa stessa via, proprio come diceva la Ginzburg, che nella croce di Cristo si raggruma tutto il dolore dell'umanità in modo autenticamente "simbolico", cioè in una sintesi suprema di rappresentazione. Nel romanzo Il segreto di Luca Ignazio Silone illustrava limpidamente il messaggio che il crocifisso riserva a tutte le vittime, agli oppressi, ai giusti e agli infelici. Ecco il suo racconto: «Luca, durante l'interrogatorio, guardava fisso sulla parete, al di sopra del presidente. "Cosa guardate?", gli gridò il presidente. "Gesù in croce", gli rispose Luca, "non è permesso?". "Dovete guardare in faccia chi vi parla", gridò il presidente. "Scusate", replicò Luca, "ma anche lui mi parla; perché non lo fate tacere?" ».

E Borges, lo scrittore agnostico argentino, attratto da quella figura crocifissa, ben incarnava l'atteggiamento di tutti coloro che, pur senza una confessione di fede, non possono staccare lo sguardo da quel volto: «La nera barba pende sopra il petto./ Il volto non è il volto dei pittori./ È un volto duro, ebreo./ Non lo vedo/ e insisterò a cercarlo/ fino al giorno/ dei miei ultimi passi sulla terra».
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La crocifissione | Schiavo Pasqualino | Olio su tela





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