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		19/2/2013 ● Cultura
Grillo e “le rodomontate da Capitan Fracassa”
 Pietro Di Tomaso ● 1636
  Pietro Di Tomaso ● 1636 
        
        Beppe Grillo non mostra interesse per i faccia a faccia televisivi come 
quelli a cui abbiamo assistito tra Obama e Romney negli Stati Uniti. Di più: 
sbarra ai suoi aderenti i teleschermi. Si ricorderà come la consigliera comunale 
di Bologna Federica Salsi, dopo la sua partecipazione a Ballarò, sia stata fatta 
oggetto di attacchi e polemiche culminati nell’isolamento in Consiglio comunale 
a cui la consigliera ha reagito paragonando il Movimento 5 Stelle a Scientology. 
Se lo schema del faccia a faccia tra due candidati che si confrontano in 
televisione non piace, andrebbe bene la modalità che ha funzionato su Sky con i 
cinque candidati alle primarie del PD e che consente di far emergere sul campo 
le distanze fra i protagonisti. Quindi, Grillo non se ne chiami fuori.
Premesso quanto sopra, mi sembra opportuno fare alcune puntualizzazioni: in un 
sistema politico democratico si pratica l’arte del dibattito; la democrazia del 
Movimento 5 Stelle vuole essere, attraverso l’uso della rete, una forma di 
democrazia diretta. “Ma si dovrebbe sapere che la democrazia diretta come 
regola è solo la via per il plebiscito… La rete informatica può facilmente 
essere una rete nelle mani di uno o di pochissimi (…). Qui, il controllo 
dall’alto, a onta dei bagni di folla puramente spettacolari, si prospetta come 
un algido collegamento – nemmeno definibile rapporto telematico” (così 
Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Corte Costituzionale). Poiché una 
democrazia diretta – secondo il prof. Giovanni Sartori – può funzionare soltanto 
in comunità piccole, di qualche migliaia di unità al più, e non in un paese di 
circa 60 milioni di abitanti, nella modernità l’unica democrazia possibile – o, 
più precisamente, l’unica democrazia che è stata finora concepita come 
realizzabile e non utopistica – è la democrazia rappresentativa. La ‘democrazia 
diretta’ tanto vagheggiata da Grillo altro non è che un capo che comanda, 
trascina le masse che lo applaudono e non rende conto né alla magistratura o ai 
partiti avversi che possano contestarlo. Questa è stata l’esperienza del 
fascismo. La democrazia deve rimanere rappresentativa in quanto deve esistere 
quella mediazione che noi chiamiamo parlamento e contro cui si scatenano coloro 
che vogliono l’anarchia, il non governo, l’assenza di regole. Certo, i partiti 
devono assumere una veste riformata (secondo i crismi stabiliti dalla nostra 
Costituzione, art. 49, ossia rispettando il principio della pluralità dei 
partiti, il principio dell’adozione del metodo democratico nella propria 
organizzazione interna e il principio del libero concorso di ciascun partito 
alla formazione della politica nazionale), pur nella consapevolezza che essi, 
come sottolinea Piero Ignazi (professore di Politica comparata all’Università di 
Bologna) “non incarnano più quegli ideali di passione e di dedizione, di 
impegno e di convinzioni che sbandieravano come connaturati alla loro esistenza”. 
Occorre, quindi, ripartire dall’impegno di recuperare le relazioni con la 
società civile effettuando una selezione severa dei gruppi dirigenti, diminuendo 
il numero dei parlamentari e rispedendo a casa gli opportunisti mediocri animati 
solo dal proprio ‘particulare’. Inoltre, come hanno evidenziato i risultati 
delle ultime elezioni in Sicilia, occorre prendere atto di un forte 
astensionismo da parte dell’elettorato e ciò rappresenta un sintomo 
preoccupante. C’è molta rabbia e rigetto per la corruzione dilagante che ha 
assunto un carattere sistemico (come denunciato dalla Corte dei Conti). Bisogna, 
però, andare oltre le reazioni istintive. L’antipolitica è una facile 
scorciatoia, un sentimento che deresponsabilizza il cittadino. Beppe Grillo 
parrebbe rappresentare, in qualità di nuovo tribuno, tutti coloro che non si 
sentono più rappresentati. “Grillo urla alle piazze stracolme tutto il loro 
umore nero verso i politici… - scrive Piero Ignazi su Repubblica - e 
questa furia iconoclasta travolge la ‘pars construens’ del Movimento 5 Stelle, 
quello indicato nei cinque punti fondamentali del programma… ispirati ad un 
riformismo ecologista e post-materialista. (…) Grillo mette tra parentesi la 
serietà e il pragmatismo riconosciuti a tanti suoi consiglieri comunali. Sembra 
si stia aprendo una distanza tra lo stile adattativo e non provocatorio dei 
rappresentanti Cinque Stelle (anche in Sicilia) e le rodomontate da Capitan 
Fracassa del leader. Quindi il vero interrogativo… riguarda il post-elezioni, il 
comportamento dei parlamentari”. Auguriamoci che i candidati M5S eletti non 
pongano in essere una opposizione irresponsabile e “populista” ma bensì adottino 
un approccio non pregiudiziale nei confronti del governo, alternando critiche a 
consensi sulla base delle proposte in agenda. Naturalmente, “questa 
evoluzione ‘ottimistica’ – aggiunge Ignazi - contrasta con le invettive 
demagogiche e i furori antieuropei e anti-istituzionali del leader”.
Concludendo, speriamo che nel prossimo Parlamento non diventino troppo forti gli 
elementi “populisti e anti-europei” (definizione che ormai abbraccia il 
PDL berlusconiano, la Lega, il Movimento 5 stelle). E che gli indecisi non si 
lascino catturare dall’abilità istrionica di certi personaggi. La gente si 
compiace delle sensazioni, che l’istrionismo e l’emotività le danno. Al 
populismo si può contrapporre la buona politica al servizio del bene comune.
