BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000
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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilità alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 è attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attività professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali è in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (circa 3.200.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonché editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, così, l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


21/8/2014 ● Cultura

Il peso della cultura, la cultura un tanto a peso


  Mario Vaccaro ● 1532


Riprendo la riflessione su quel fenomeno che ho inteso denominare culturismo, interrotta proprio laddove stavo per tracciare i relativi confini. Lo spunto per la riflessione, è bene precisarlo, proviene da due atteggiamenti ben distinti tra loro, al punto da potersi convenzionalmente riferire a due categorie di persone. Reputo culturisti quelli che su FB, ad una platea di centinaia di amici, offrono un loro avatar che è la versione photoshoppata dell'io reale. Dunque lo stesso edonismo che li spinge a documentare momenti da copertina della vita reale - ad esempio foto delle pietanze prelibate che una % di amici virtuali non mancherà, per buonismo, di etichettare con un "mi piace" - induce a postare frasi altrui pescate su internet, nell'ambito di una generale adesione ai pensieri altrui, spesso di carattere politico (la moda del momento è l'avversione agli stranieri), frutto di pura suggestione ma che in tutta probabilità regala loro l'illusione di essere detentori di un proprio pensiero. Che sia un bar, uno stadio o una comunità virtuale, l'aggregazione di tanti esemplari della nostra specie dà inevitabilmente luogo ad una reazione chimica che produce di solito un qualche alcaloide della stupidità. Un discorso a parte meriterebbero quelli che ritoccano anche il loro passato: fino all'altro ieri non hanno, bontà loro, nutrito alcuna passione culturale, in men che non si dica il buon gusto, a mò di Spirito Santo, è sceso su di loro. Da Vasco Rossi a Leonard Cohen, da nessun libro alla migliore letteratura russa, dai Vanzina a Kubrick ... miracolati dalle Muse oppure esiste una Scuola Radio Elettra per diplomarsi persone colte. Internet, un meraviglioso strumento per attuare una democrazia culturale e, chissà, nel futuro anche politica, viene usata come piattaforma per far decollare il proprio edonismo ... che spreco!

Poi ci sono quelli che "ah, la cultuva è impovtantissima pevchè bla bla e ancova bla", quelli che presenziano agli eventi culturali, alla presentazione di un libro che non leggeranno seppur regalatogli con dedica, che spendono le belle parole di prammatica sul compaesano Gizzi ma della cui produzione letteraria non sanno nulla ché altrettanto gli interessa ... fanno come quei qualcuno che alla domenica vanno in chiesa giusto per. Di solito, quando li incroci, vengono da sinistra. E ci sono tutti i crismi della scuola di pensiero. La scuola "W.Veltroni", quella che ... il cinema italiano in crisi va sostenuto con provvedimenti e maggiori risorse? Ma dai, facciamo un altro festival. Similmente, a Guglionesi si ritiene di poter affrontare il vuoto culturale con operazioni di maquillage ... sagre e compagnia bella o qualche operazione monstre che non coinvolge nessuno ... pollice verso.

Ma, si dirà, il mondo è cambiato.
L'idea che abbiamo della cultura è eredità di un'epoca non molto recente. L'immagine, evocata nel corso degli studi scolastici, è un portato dell'Illuminismo e del Romanticismo: un ciclista che s'inerpica per una lunga e tortuosa stradina di montagna ... ecco, penso non vi sia metafora migliore. E quale miglior luogo comune vivente dell'erudito Leopardi, ingobbitosi sui libri, il cui cervello sudava alla ricerca dell'aggettivo che cavalcasse alla perfezione un verso? E' quello un paradigma di ricerca, con l'etimologico richiamo allo scavare, da cui siamo ben lontani. Oggi la Rete ci pone di fronte ad una strada spianata che conduce al sapere ... quantomeno nelle immediate vicinanze: Google, Wikipedia ... un clic per tuffarsi nell'Oceano della Conoscenza, ma non per un'immersione in profondità ... si resta in superficie a surfare epperò, fiuuu ... con quale velocità! Per privilegio d'anagrafe ho imparato a passeggiare su entrambi i percorsi della conoscenza. E mi dispenso dal fornire giudizi, finirei per cadere nella retorica della nostalgia. E' inevitabile, d'altronde, dare spazio al nuovo che avanza, cercando nel contempo di preservare quel che del vecchio merita attenzione. E' risaputo essere un'umana debolezza l'intravedere la barbarie in ogni novità culturale, la nostra pavidità c'induce ad opporre resistenza verso i cambiamenti. Ed è, dicevo, la mia generazione a vivere questo contrasto da una situazione privilegiata: nelle nostre menti la tradizione e la barbarie hanno imparato a convivere.

Magari in campo culturale non si ha l'esatta percezione della rivoluzione ad opera dell'informatica, ed allora per cotanto valga volgere lo sguardo all'economia. Il motore della cd. new economy è costituito da società che stanno tracciando il nostro presente/futuro quanto a stile di vita. Società fisiologicamente diverse da quelle del passato, calzanti un nuovo concetto di ricchezza, il cui ago della bilancia pende tutto dalla parte del reddito, ad ovvio discapito del patrimonio. Il loro valore è legato alla redditività azionaria: inceppatosi il fragile meccanismo, ovvero precipitato il valore delle azioni, la liquidazione di società senza beni patrimoniali non porta alcun centesimo di ricavi, i "buffi" restano insoluti cosicché falliscono tutte le società dell'indotto ... macelleria finanziaria. Cosa c'entra mò l'economia col culturismo? Il culto dell'apparenza, appunto. Quasi 3/4 della ricchezza deriva dal movimento di capitali finanziari, cioè da aria fritta. Mentre l'economia reale, fatta di sudore e fatica, ci stritola coi suoi ingranaggi, pochi fortunati prosperano friggendo l'aria. E se poi la frittura riesce male, è l'economia reale a subirne le conseguenze. Orbene, l'arte di un popolo, la sua cultura, possono non recepire tale influsso? Per dare un'idea dell'influenza della moderna visione dell'economia sull'arte, imbocco la scorciatoia dell'esempio: un europeo e un americano - non è una barzelletta - che ammirano le meraviglie di un palazzo adibito ad albergo a 5 stelle, si chiederanno rispettivamente chissàquantocosta (patrimonio) e chissàquantorende (reddito) ... infatti se non dovesse produrre abbastanza reddito, per quanto splendido, l'americano quel palazzo lo butterebbe giù. La Bellezza oggi, se improduttiva, non basta da sola a legittimare la propria esistenza, occorre il beneplacito del Potere, a sua volta fondato sul consenso ... siamo, insomma, nei paraggi del culturismo. Se la nostra architettura avesse seguito le stesse direttive, se Cosimo de' Medici e discendenti vari avessero edificato la Firenze di allora con questo spirito, non l'avremmo di certo ereditata. Questa la cultura dell'effimero che rende effimera la cultura stessa. Questo il peso della cultura, ovvero quello che il Potere decide di assegnarle.

Riprendo il filo del discorso, ovvero del percorso della conoscenza. Altra scorciatoia: prendiamo due uomini, il sottoscritto a venti anni e quello di oggi, interessati ad approfondire l'argomento "Veda". Il primo si sarebbe recato in biblioteca, impiegando vari pomeriggi ad individuare prima, per poi consultarli, i vari testi la cui lettura gli sarebbe parsa imprescindibile ... è una descrizione volutamente breve di un articolato processo. L'io di oggi, seduto di fronte alla scrivania virtuale, si serve invece di un motore che scava per lui, Google. Ora, non so bene quanti sappiano in realtà cosa Google faccia in quel meno di un secondo. Vabbè, in pochi istanti offre una serie di risultati. E - garantiscono - in una percentuale che supera il 90% è tra i primi cinque che troveremo davvero ciò che ci serve. Già, ma vi siete chiesti in quella frazione di secondo Google cos'abbia davvero fatto? Ha fatto l'identico lavoro che il mio io ventenne impiegava ore a fare? E il risultato, soprattutto, è lo stesso? Orbene, quel che l'ha reso il motore di ricerca per eccellenza è stata un'intuizione dei suoi fondatori. Fino al suo avvento il più famoso era Altavista, come gli altri basato su una concezione meramente quantitativa: fatta la ricerca, visualizzava quelle pagine in cui la parola in questione era contenuta il maggior numero di volte. Ponendo quindi il caso che nella Rete fosse presente un documento il cui autore, proprietario del cane Veda, faceva un'elegia dell'animale citandolo più volte ... ecco il documento che Altavista avrebbe dato in pasto al nostro clic. Google, invece, basa la sua ricerca sui link, ovvero sui richiami che, contenuti nei vari documenti editi sulla rete, vengono cliccati dagli utenti.

E' un meccanismo solo in apparenza simile a quello delle note bibliografiche, potendo invece il link provenire dai più svariati documenti, quindi uno sui Veda potrebbe ad esempio trovarsi anche in un sito di cucina (per tale motivo hanno perfezionato l'algoritmo assegnando loro un diverso valore, in base all'autorevolezza del sito che li contiene). In definitiva, all'utente assetato di conoscenza viene offerto il cocktail preferito dalla maggioranza. E' questa una scelta orientata in favore del dinamismo, al cui altare è la competenza ad essere sacrificata (oltre ad innovazione e creatività, visto che la pigrizia indurrà a seguire gli itinerari più gettonati e non certo gli ultimi risultati della ricerca). Dunque, se a vent'anni i suggerimenti circa il testo migliore da consultare li chiedevo ed ottenevo da gente competente in materia, oggi su internet accetto una proposta frutto dell'insieme di scelte operate da utenti xlo+ neofiti come me. E' un po' come se, trovandomi a Termoli, mi occorresse un medico e, desideroso di individuare il più bravo, anziché chiedere consiglio al mio medico personale o consultare la struttura sanitaria accedendo alla loro scala di valutazione, chiedessi consiglio ai passanti, scegliendo poi "il più votato". E' una soluzione che non garantisce un risultato certo, tuttavia mi condurrà nelle immediate vicinanze (nel peggiore dei casi beccherò il secondo o terzo in classifica).

In parole povere, anche la cultura è oggi sottoposta al meccanismo del consenso - e torniamo in zona culturismo - alla dittatura della maggioranza. Ora, se prima mi sono esentato dal fornire giudizi di valore sull'emanciparsi della cultura dal concetto di fatica, quest'ultimo aspetto pone tuttavia un serio problema. La cultura nasce infatti dal confronto, dalla sintesi dialettica, la diversità rappresentando un'imprescindibile risorsa. La globalizzazione potrà forse in economia costituire un'opportunità, mentre nella cultura l'omologazione è sinonimo di sterilità. E già, l'arte/cultura si alimenta del particolare punto di vista che la sensibilità di ogni essere umano gli assegna come dote unica ed irripetibile. E infatti una cultura dominante che colonizzi le altre impoverisce l'umanità, così oggi l'egemonia culturale americana ci rende meno sapiens. Tuttavia Google è uno strumento, come tale è l'abilità del proverbiale "manico" a segnare la differenza tra chi riesce a cogliere l'intera gamma di opportunità che esso offre e chi si accontenta di apprendere in maniera nozionistica informazioni che occorrerebbe assimilare passandole al vaglio della capacità critica: questa è la scriminante che separa gli istruiti dai colti*.
Pensare che la somma aritmetica di informazioni e conoscenze possa fare di noi delle persone colte ... ecco l'errore di valutazione dei tanti, troppi culturisti.

PS: Magari mi sbaglio, ma ho l'impressione che nel nostro paese - c'era una volta la stella del Molise - la cultura si sia talmente annacquata che c'è gente seriamente convinta di promuoverla. Le comunque apprezzabili buone intenzioni e il lavoro di volontariato, in assenza di quella rara italica virtù che è la competenza, può produrre unicamente sagre paesane. Beninteso, la leggerezza ha il suo notevole perché, ma non di sola leggerezza vive l'uomo. A chi mi etichetterà come uno di quelli buono solo a criticare dichiaro da subito la mia resa ... è un'argomentazione di tale spessore che neppure proverò a confutarla.

*"Si può essere istruiti senza essere veramente colti. L'istruzione è un vestito. La parola istruzione significa che una persona si è rivestita di conoscenze. E' una vernice, la cui presenza non implica necessariamente il fatto di aver assimilato tutte quelle conoscenze. La parola cultura, di contro, significa che la terra, l'humus profondo dell'uomo, è stata dissodata." - A. Artaud





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