19/9/2014 ● Cultura
Il qualunquismo e il qualcunismo
Ti trovi con gli amici al bar oppure davanti a te campeggia, luminosa, la tua
pagina FB? Reale o virtuale non importa. Il pubblico solletica la tua vanità e
ti vedi già in calzamaglia a calcare le assi del palcoscenico. A me gli occhi,
please! Occorre trovare qualcosa di interessante da dire. Già, ma cosa?
L'ispirazione latita e il tempo corre ... ti piace vincere facile? Beh, c'è una
roba che fa al caso tuo. Designata con un parolone ... archetipo: agitaglielo
davanti e otterrai la loro approvazione, secchiate di mi piace e condividi.
Storie di uomini belli come il sole e dall'animo nobile destinati ad una morte
atroce - in stile S. Sebastiano - o della coppia di amanti di un amore
impossibile, causa le differenze sociali o chissà cos'altro. Racconta loro
storie condite da questi ingredienti e otterrai guance rigate di lacrime. Ma
questo richiede una certa qual dose di immaginazione oltre che una narrazione
sofisticata, non necessaria al tuo scopo. E poi si dà il caso che l'hai già in
tasca un archetipo dall'effetto garantito. Vabbè, forse ne ignoravi l'astruso
nome. Alludo a quello spauracchio che hai visto agitare dalle destre, tratto
essenziale della loro linea politica. E in quell'occasione tu hai risposto
all'appello con un'adesione spontanea, repentina, di pancia insomma ... mica
scomodi l'intelletto per una vulgata. In chissà quale posto dentro di noi dimora
un quid che agisce come una cassa armonica. Mettendo insieme le giuste parole,
quasi a far da formula magica, fai vibrare alcune corde e quella immancabilmente
va in risonanza, amplificando l'iniziale input. Gli animali, che l'intelletto
non hanno, possiedono un meccanismo per certi versi analogo. Se ogni volta porti
da mangiare al tuo cane facendo precedere l'operazione dal suono di un
fischietto, in poco tempo l'animale elaborerà il cd. riflesso condizionato:
quando sentirà il fischio, si attiveranno le funzioni fisiologiche preposte alla
digestione - la cd. acquolina in bocca - sebbene il cibo non sia ancora entrato
nella sua visuale. Non sto dicendo nulla di astruso, l'aggettivo "pavloviano" fa
parte ormai del lessico comune.
Quest'analogia vuole essere solo una provocazione, basata tuttavia su una
personale associazione mentale: agitando lo spettro dello "straniero invasore",
osservo gli interlocutori secernere bava dalla bocca - alla vista di una quarta
di seno capita anche a me. Dunque, se entrando in un bar il nostro pesca uno a
caso tra i tanti luoghi comuni sugli "stranieri che ci tolgono il pane di
bocca", in segno di approvazione tutti i presenti abbaieranno entusiasti. Quanto
ai detti luoghi non mi pare il caso, e neppure mi va, di ripercorrere questa via
crucis le cui fermate sono un misto di amenità, slogan pseudopatriottici e
associazioni mentali atte a dipingere un quadro desolante in cui l'italiano è
vessato da oneri e doveri a cui non fanno da contraltare quei diritti che agli
stranieri vengono invece riconosciuti d'amblèe, razza privilegiata che sbarca
nello Stivale con lo spirito da turista da crociera, servito, riverito e,
dunque, invidiato. Se prima Berlusconi-Fini-Bossi avevano edificato ad hoc lo
spauracchio per spostare a destra l'elettorato, cavalcando il tema della
sicurezza (nella prima Repubblica hanno giocato la carta delle stragi e del
terrore), l'intervenuta crisi ha consentito alla creatura di sfuggir loro di
mano. E così oggi il pregiudizio soffre di cecità assoluta, non facendo
distinzioni nemmanco tra clandestini e rifugiati.
Per evitare d'invischiarmi nel pantano che si formerebbe qualora volessi
confutare la lunga serie di considerazioni accomunate dall'identica premessa ...
nonsonorazzistama - medesima confezione dove il ma rappresenta il nastro che,
non appena rimosso, fornisce l'accesso ad una collezione imperdibile dei più
sciatti tra i pensieri che mente umana(?) possa concepire - butto lì qualche
considerazione di carattere generale. Niente di che, annotazioni personali su
ciò che non mi quadra, semplici perplessità irrisolte. Innanzitutto, gran parte
delle considerazioni di questi non razzisti, che giocano a nascondino con quel
"ma" di troppo, sono censure dirette alle nostre istituzioni, ree di
privilegiare gli stranieri nell'opera di solidarietà sociale. Secondo loro gli
italiani dovrebbero vedersi riconoscere una sorta di diritto di prelazione.
Questo "vengono prima gli italiani" è un pensiero diffuso, da maggioranza
parlamentare ... "l'Itaglia agli itagliani!". Tuttavia, in base agli attuali
sondaggi le percentuali di gradimento dei partiti di governo restano immutate. E
qui, caspita, c'è da perplimersi (fico 'sto verbo?): se ritenete essere
sbagliate le leggi e/o l'azione di governo, perché ve la prendete con gli
stranieri? Questa è semplice incoerenza, in altri casi quel "ma" di troppo è
frutto di disinformazione e stupidità. La precedenza agli italiani, ad esempio,
come attuarla? Certo, si potrebbe elaborare un indicatore di povertà e, sulla
base della graduatoria, a parità di punteggio sfamare prima i connazionali o
assegnar loro la casa popolare. O l'indicazione è da intendersi in termini
assoluti? Ovvero occorrerebbe dapprima dedicarsi - ovviamente senza successo -
ai milioni di poveri nostri connazionali e l'osso che (non) avanza buttarlo ai
chiedenti asilo?
L'Italia - che pare che 'sto problema ce l'abbiamo solo noi - è al quarto posto
nella graduatoria europea quanto a numero di rifugiati ospiti: Germania e Svezia
ne annoverano il doppio. Sbarcano qui solo per questioni "balistiche", se
potessero prenderebbero l'aereo e ci bypasserebbero per andare in Nord Europa. E
l'Europa, badate, ci rimprovera perché facciamo di tutto per farli trasmigrare
altrove. Al netto di tutte le stronzate, la questione è, alla base, molto
semplice: al di là dei tanti bla, o si è favorevoli o si è contrari al diritto
d'asilo. E prima di prostituirsi alla suggestione messa in campo dal politico di
turno, sarà meglio informarsi sulle origini, antichissime, di tale istituto ...
e pure una ripassatina al Vangelo male non farebbe: digitare "prossimo" o "buon
samaritano". E prim'ancora occorrerebbe metter mano alla Costituzione pluralista
che tutela tutte le minoranze. Anzi - e qui ci scappa pure il paradosso - è lì
prevista una sola eccezione: i nostalgici fascisti, sicuri militanti di questa
Crociata, sono portatori di una cultura che la nostra laicità, pur nella sua
ampia apertura, apertamente ripugna. Dunque se c'è qualcuno da ributtare a mare
...
Questo vale per i rifugiati, che vengono accolti in via provvisoria per
conciliare esigenze di carattere umanitario. Ecco un parola interessante, di
quelle di cui ci riempiamo la nostra tronfia bocca. C'è un quid che chiamiamo
umanità, un sostantivo per indicare l'esistenza di una sorta di collante capace
di regalarci l'impressione del sentirsi davvero uniti, accomunati da un'identica
sorte. Nell'ora di pranzo, seduti a tavola in posa per il quadretto familiare,
ascoltiamo al TG le vicende problematiche di gente che ci appare lontana, non
solo quanto a distanza fisica. Parrebbe ridursi tutto a considerazioni relative
al nascere o meno nella culla sbagliata. Ma davvero questo solo è ciò che siamo?
Quelle capacità, che i migliori tra i nostri simili hanno mostrato essere
potenzialmente illimitate, sono, nell'uomo comune, esercizio di sensibilità
d'animo che nell'ordinario esplica la propria azione sino all'orlo estremo
dell'orticello casalingo? Eppure il nostro intelletto possiede facoltà che ci
consentono di operare all'unisono, come se un qualcosa di trascendentale
congiungesse le menti di noi tutti, gettando le basi per la formazione di una
cultura comune ... memoria collettiva, immaginario collettivo, do you understand?
E allora! E se così non fosse, "da quali Golia fui partorito, così grande e così
inutile?".
Per i flussi di migrazione ordinari varrebbero più o meno le medesime
considerazioni, se non vi fosse un'altra nostra attitudine a far da
coprotagonista: l'ipocrisia. I rumeni bla, gli arabi bla bla ... e i minolli
allora? Bla bla bla. Evito anche qui di andare troppo sullo specifico, ne
verrebbe fuori un quadro non troppo edificante di noi italiani contemporanei:
fanno lavori che noi non vogliamo fare, di solito lavoro nero, quindi la
concorrenza ai lavoratori nostrani diventa sleale solo perché le nostre imprese
approfittano della situazione - e lo sfruttamento è generalizzato, ché spesso la
gente comune è accomunata agli imprenditori nel ruolo di datori di lavoro. E in
questo ruolo, chiediamoci: se non ci fosse quell'esercito di badanti
sottopagate, come avremmo potuto sopperire alle carenze nazionali in campo
assistenziale? "I soldi guadagnati li spediscono a casa" ... dice l'imbecille
che li paga 500-600 euro al mese in cambio di un'assistenza quotidiana continua
... e sfama e si occupa dell'assistenza sanitaria del cane e del gatto.
Alleviamo animali per darli da mangiare ad altri animali ... il nostro razzismo
non risparmia neppure loro, e sono sedicenti animalisti. Poiché per principio
accordo a tutti il mio rispetto, lascio che sia la matematica ad esercitare un
rigoroso disprezzo. Dati alla mano, il lavoro degli stranieri contribuisce al
12% del PIL, pur costituendo essi il 9% della forza-lavoro complessiva. Dunque
il rapporto costi/benefici è positivo, pari ad un gettito netto di 1,7 miliardi.
Ma i dati statistici sfatano ulteriori luoghi comuni, ad esempio quello della
diminuzione delle opportunità di lavoro: Il sole24ore dixit. E, vivaddio, fanno
figli! Ma pure l'evidenza dei fatti deve fasciarsi la testa dopo averla sbattuta
sul muro dei pregiudizi. A me sembra di essere tornato indietro di un secolo
esatto, quando l'80% delle persone lavorava 12 ore per un tozzo di pane, e
doveva baciare la mano dello sfruttatore perché, tutto sommato, grazie a lui
sopravviveva. Cos'è cambiato? La catena dello sfruttamento si è allungata: il
padrone sfrutta l'operaio che sfrutta la badante ... alla fiera dell'Est, per
due soldi. Ma sfruttati e indesiderati sono participi passati logicamente
incompatibili.
Se poi seriamente volessimo risalire quella sorta di albero genealogico che
stabilisce la lontana paternità di alcune situazioni dell'attualità,
identificare quella causa prima degli eventi in questione - come il topolino
nella canzone di Branduardi - basterebbe individuare la matrice di guerre e
povertà in Africa e in Medioriente. La Matrice, il Motore Primo, è l'Occidente,
lo dice M.re Lapalisse. Sono ormai 500 anni che a 'sta gente cachiamo il cazzo
tra deportazioni di schiavi, sfruttamento di risorse, colonialismo, razzismo ...
pure Israele gli abbiamo piazzato dentro casa! Già il fatto stesso che le
polemiche sull'immigrazione si scatenino solo in relazione a questa fetta di
mondo dovrebbe farci sorgere qualche dubbio. E già, perché verso i ricchi
bianchi non alziamo barriere, loro sono i benvenuti. Anzi, se il loro afflusso
diminuisce ci preoccupiamo. E se per caso sono americani, i neri, allora
diventano "coloured" ... "è nat nu guagliun, è nat nir, a mamm 'o chiamm Cir,
sissignor 'o chiamm Cir". Siamo sinceri, è sì una questione di colore, ma dei
soldi.
Non sono intollerante, e mi dichiarerei tollerante se solo il sostantivo non
sapesse di così poco ... evoca il senso del sopportare ... decisamente poco
riuscita come parola. Non solo la presenza degli stranieri non mi disturba, ma
la multiculturalità mi ha sempre affascinato ... e noi italiani ne siamo il
prodotto storico, anche geneticamente parlando. Parigi, Londra, New York lo sono
per antonomasia ... e mica ho detto caccola! Ma se nella vita in genere, e nella
quotidianità, una determinata categoria di persone mi ha causato problemi, è
invece quella dei portatori sani di mediocrità. Dal fruttivendolo improvvisatosi
tale al barista che ... idem, e pure scorbutico, fino ai due dottori che non
diagnosticano i miei orecchioni facendomi dono di un'orchite e, sempre più su,
fino ai ministri incompetenti di governi che si rimpastano spostandoli da
un'incompetenza all'altra (col Berlugoverno si è giunti all'apoteosi del
dilettantismo allo sbaraglio, con i tre ministeri filoculturali nelle mani di
Gelmini Bondi Gasparri). Beninteso, non ce l'ho con gli individui, il vero
problema è la società intera, le regole non scritte che la governano, che ne
hanno fatto una palude. Il principio maggioritario inevitabilmente segna
l'affermazione della mediocrità (non è un giudizio di valutazione, nessuno si
senta offeso, è la mera constatazione dell'affidamento di incarichi di prestigio
a persone di valore intellettuale medio-basso) al potere. Non siamo ne "La
Repubblica" di Platone, non i filosofi guidano una collettività ma
bracciarubateall'agricoltura. Non Cacciari o Rodotà ma Renzi. Siamo gli unici
animali che non assecondano le prerogative della natura: il capo branco dovrebbe
essere il più forte, nel nostro caso il più sapiens al quadrato.
La mediocrità al potere ci ha regalato una palude in cui pure l'esercizio dei
diritti fondamentali diventa opera farraginosa. Le radiografie, il posto in
ospedale, un lavoro? Devi conoscere qualcuno. Il qualunquismo, come termine,
nasce dalla breve esperienza del partito dell'Uomo Qualunque. Solo una breve
parentesi nel regno incontrastato del qualcunismo. Chi è Qualcuno? Il
"meccanico", quello che aggiusta ogni situazione. Da mezzo secolo prima di Obama
hanno fatto loro lo slogan sipuòfare. Ogni giorno, in questo ginepraio, un
piccolo esercito di migliaia di Qualcuno è preposta allo scioglimento di lacci e
lacciuoli per favorire i privilegiati ... di conoscerlo. Sono i navigatori
speciali che conoscono la complessa topografia di questa società e sanno
indicarti la scorciatoia giusta. Oh! Tutto alla luce del sole! Vi sarà capitato
di assistere ad una scenetta tipo "sai, in Ortopedia non c'era posto ma conosco
...". Non vi sentite come se qualcuno vi passasse davanti alla fila in banca?
Con una fondamentale differenza, invece di sfancularlo, lo osservate con una
punta di invidia. Chi è Qualcuno e che c'entra con l'intolleranza? E' il
compagno di scuola a cui passavi la versione di latino, lo stupido che si affida
al pensiero forte di qualche capopopolo e ripete come un pappagallo: "l'Itaglia
agli itagliani!". Ma cosa ci volete fare, come recita l'adagio: i Qualcuno
davanti e i cavalli indietro.
PS: Sia chiaro, sono un filantropo: presi individualmente noi uomini siamo fatti
di pasta fine. E mostriamo di possedere un'attitudine all'empatia verso cui,
nelle manifestazioni collettive, soffriamo di amnesia. In alcune vicende
burocratiche, nel mondo del lavoro - ad ex quando il datore comunica che potrà
tenerci solo in nero - in queste ed altre simili circostanze, proprio allora
comprendiamo di essere noi gli arabi/africani della situazione.